(ASI) Certe volte, cari lettori, ci si ritrova davanti ad articoli di cui, leggendo, ci si chiede se l'autore sia imbecille o ci abbia preso per tali.
E' quello che mi è capitato leggendo un articolo sul Corriere della sera, a firma di Gian Antonio Stella, in cui si sostiene che gli immigrati in Italia versino 3,9 miliardi di euro di contributi in più rispetto a ciò che lo Stato spende per loro in termini di servizi. A parte che sarebbe interessantissimo sapere quanto invece lo Stato guadagni da una stessa quantità di italiani; per fargli crollare il castello di carte, basterebbe far notare che gli stessi immigrati spediscono al loro paese circa 5,5 miliardi di euro, 5,5 miliardi che non vengono messi in circolo nella nostra economia e fanno piombare immediatamente il saldo in negativo di -1,6 miliardi di euro, ma in verità di molti di più, in quanto il mancato consumo in loco si traduce anche in meno lavoro per il sistema produttivo, con tutto quello che ciò comporta in termini di mancate assunzioni etc.. Senza parlare poi di quanto ci sia costata, in quasi un anno, l'operazione "Mare Nostrum" (oltre 114 milioni di euro, a detta del ministro Alfano), equiparabile ad un vero e proprio servizio taxi, effettuato dalla Marina italiana, e interrotta formalmente lo scorso 31 ottobre, ma che in realtà prosegue (sotto falso nome) con la nuova operazione "Triton" che continua a pesare sull'Italia (nonostante si tratti di un'operazione che dovrebbe essere, ma a conti fatti non è, europea) per un ammontare pari a 3 milioni di euro al mese. A questi vanno aggiunti il miliardo e 300 milioni spesi dal 2005 nel contrasto all'immigrazione, con varie misure, spesi prima della suddetta operazione. Non bisogna poi dimenticare che, per soccorrere e mantenere ogni giorno i migranti ospitati nei Cie lo Stato spende 45 euro a persona, per un totale di 55 milioni (solo per i Cie) per un ammontare pari a poco meno di 50.000 immigrati (quale è la cifra accertata dal 1 gennaio al 31 dicembre 2013). Inoltre non vengono calcolati di certo i danni ai privati provocati dai continui furti e violenze degli immigrati, soprattutto clandestini, e degli enormi costi che sopportiamo per mantenere in carcere tali soggetti poco raccomandabili (da questo punto di vista, ritengo auspicabile l'utilizzo dei detenuti italiani e stranieri nell'ambito dell'agricoltura e dell'edilizia). Per non parlare poi di tutte le pensioni, che vengono elargite ai membri anziani delle famiglie immigrate (giunti anche posteriormente), che approfittano della nostra legislazione sociale per intascare una pensione minima, pur non avendo versato un euro di contributi. Il costo più alto, però è quello che paghiamo in termini di mancate assunzioni di italiani, che sicuramente chiederebbero paghe e condizioni di lavoro migliori. Di nuovo, il problema è relativo, oltre che ai sussidi di disoccupazione pagati a nostri concittadini che invece lavorerebbero, all'immissione nell'economia di questi soldi: se infatti i soldi risparmiati restano all'imprenditore, il quale, non necessitando di certo di acquisti ulteriori, li metterebbe in banca o peggio ancora li investirebbe in finanza ( sì, cari lettori, proprio quella che ha causato la spaventosa crisi in cui ci troviamo), essi non sono di alcun beneficio per l'economia italiana, come invece sarebbero se finissero nelle buste paghe di un lavoratore. Ma a questo punto ci si chiede, ed è d'obbligo chiederselo (a meno che non si sia dei malavitosi o degli affaristi senza scrupoli), come si può, a seguito di uno scandalo come quello capitolino, continuare a difendere chi lucra sulla pelle degli immigrati, e soprattutto degli italiani, in un business schifoso che coinvolge larghi strati della società e della politica finto buonista che ci governa? In conclusione, ed è solo il buon senso a far trarre tali conclusioni, i costi sociali dell'immigrazione sono altissimi e, come diceva Totò: "e io pago!".
Maria Esposito
Collaboratrice
Forza NuovaNapoli