I fragorosi pianoforti di Michel Camilo e di Chucho Valdes attraverso una musica latina, etnica, proposta con spettacolari ritmi, atteggiamenti neo melodici e grandi improvvisazioni jazz.
(ASI) Si è conclusa domenica sera 17 luglio nello spazio del Santa Giuliana la manifestazione musicale di Umbria Jazz 2011 con le esibizioni di Eddie Palmieri, Michel Camilo, Chucho Valdes e rispettive formazioni. In generale quella del 2011 è stata una edizione eccezionale e che per certi aspetti resterà storica grazie alla presenza delle grandi star apparse nel corso dei Main Stage tra cui: B.B. King, Herbie Hancock, Liza Minnelli, Prince, Santana. …E sembra non avere deluso il pubblico neppure la domenicale serata di chiusura, poiché questo ha dimostrato fortissimo gradimento, partecipazione e coinvolgimento nei confronti dei musicisti latini appena sopra citati. Cominciamo dalla fine, solo per dare un’idea di quello che è stato presentato all’Arena. Eddie Palmieri, che in questa occasione si è esibito per primo, intono alle 18:00, nasce a New York nel 1936 da genitori portoricani. Con suo fratello maggiore Charlie ha scritto gran parte della storia della pianistica portoricana nella Salsa. Fin dalla tenera età viene iniziato al pianoforte da suo fratello e nonostante la sua grande passione siano le percussioni ed il suo idolo Tito Puente, Eddie all’età di 14 anni già organizza una sua orchestra. Nei 10 anni seguenti il suo pianoforte è presente nelle migliori formazioni dell'epoca a fianco di Tito Rodriguez, Vicentico Valdes, Johnny Seguì.
Poi, alle 21:00, è stata la volta di Michel Camilo ed il suo trio, in cui oltre al percussionista Giovanni Hidalgo (suo “grande amico”), riappare il contrabbassista elettronico Anthony Jackson già incontrato alcuni giorni prima nella formazione di Hiromi. Il suo è un panismo, se tale può definirsi, fragoroso e “dinamico” spesso brutale, che non eccelle per qualità del suono, che opera attraverso standard codificati, ma che effettivamente piace al pubblico il quale ne risulta evidentemente coinvolto. Esordisce con un “Tu e Io”, ma gli echi e le melodie romantiche sono di gran lunga migliori quelle proposte dal compositore italiano Grillo. I suoni latini, comunque ci sono tutti ed entrano in un discorso ed in una improvvisazione jazz puri e di alto indiscutibile livello. Piacevoli le percussioni, per una musica che è sempre ininterrottamente di altissimo volume e poco precisa, forse anche perché il Fazioli è portato al limite e viene usato al pari di uno strumento da percussione. Per la critica il pianista di Santo Domingo è dotato di straordinario virtuosismo e di altrettanto spiccato eclettismo, Michel Camilo annovera tra i suoi modelli Art Tatum, Oscar Peterson ed Erroll Garner, ma anche Debussy ed il compositore cubano Ernesto Lacuna. In edizioni recenti è stato ascoltato in duo con il chitarrista Tomatito, con il quale aveva già inciso il disco Spain, ed ancora prima aveva suonato in duo con un altro pianista spettacolare, il cubano Chucho Valdes, una delle figure fondamentali del latin-jazz attuale. Mi duole dire che molto poco si è visto di Art Tatum, anche se alcune velocità ci sono state e tanto meno dell’immortale impressionista francese, ben evidente invece nel panismo del connazionale Bollani.
Il concerto procede con il pianista Chucho Valdes e i suoi Afro-Cuban Messengers. Con Valdes, sebbene il genere di panismo sia sempre simile, ci accorgiamo di altri timbri, ben altra tecnica e ottimi risultati. Siamo sempre nel campo di una musica magmatica, esplosiva e che ora prova a citare senza grossi risultati Mozart, Beethowen e molto Bach. Più gradevole invece proprio quest’ultima protratta rimiscenza bachiana. Esegue una musica ricca di cromatismi, che coinvolge e piace al pubblico almeno quanto quella degli interpreti precedenti. Valdes che è un pianista cubano, fonda nel ‘73 il gruppo Irakere, uno dei più importanti nella fusione di jazz, rock e ritmi afro-cubani per poi suonare con le all-stars di Dizzy Gillespie e Stan Getz. Oggi è al centro dell’esplosivo revival della musica latina, dalla salsa al mambo fino a ripescare tutte le forme più arcaiche delle danze in voga sull'isola di Cuba. Ma Valdés, pur facendo tesoro di tutta la cultura afro-cubana rimbalzata negli anni dall'Havana a New York e ritorno, ha assimilato anche molto jazz di scuola be bop. Tra i maestri del piano jazz, Chucho adora i “classici” Art Tatum, Duke Ellington, Erroll Garner, Bud Powell e Hank Jones, ma anche i più moderni Bill Evans, Cecil Taylor e Keith. Il suo panismo, perché in questo caso di ciò si può parlare, crea forme ibride di jazz, proponendo brani fragorosi, dagli spettacolari e serrati ritmi, veloci e dalle “moltissime note suonate”. Forse troppo, per un pianoforte che qualche volta è stato in ritardo sul resto. Molto bella la tromba e decisamente intensa tutta la sezione ritmica e delle percussioni. Fornendo una prova di grande improvvisazione jazz chiudono il concerto uno spettacolare e lungo due pianistico di Chucho Vald e Michel Camilo e poi, soli, gli Afro-Cuban Messengers per una sessions nel complesso veramente professionale ed intensa.
Umbria Jazz, invece termina letteralmente ai Giardini Carducci, esattamente alle 1:45, con un pubblico che applaude forte alla meravigliosa, splendida, potente, morbida voce di Chick Rodgers che bissa con un classico “-You Make Me Feel- Like A Natural Woman”, successo del 1967 della cantante statunitense soul Aretha Franklin per l’etichetta Atlantic.