(ASI) Il modo di eseguire di Gonzalo Rubalcaba fin dall’inizio del concerto si rifà a sonorità e modalità espressive conosciute e ben note. Tuttavia appare altrettanto interessante la capacità di eseguire disproporzioni sonore e di produrre ciò che definisco un rumore organizzato, o meglio studiato, frutto di un attento modo di controllate dissonanze.
Il suo “Viento” utilizza tecniche sperimentate ma ben acquisite, fatte proprie, direi interiorizzate e comunque ben sfruttate. Come detto, efficaci nel restituire all’ascoltatore la sensazione di paura, di caos e ancora di più, la suggestione del caos naturale. L’uso di una forte amplificazione, il pizzicato delle corde, il non eccedere in virtuosismi tecnici sono tutti elementi sapientemente gestiti, sebbene tradizionali. In generale prevalgono suoni duri, talvolta metallici e perfino aspri, per lasciare il posto a chiusure di fraseggi estremamente accademiche e classicheggianti, connotate da suoni sebbene raramente più dolci e brillanti, che contraddistinguono un pianismo abbastanza completo. Complice anche il timbro “salvavita” del Fazioli. Dal caos e dai timbri acidi si passa infatti a splendide aperture armoniche di tipo melodico e pienamente tonali, restituite con un timbro brillante. La tecnica è in sostanza libera, ibrida, ma sicuramente efficace e non priva di una impostazione classica. Molto serrata e attenta è la sezione ritmica dei pezzi, connotata sia dalla tradizione popolare cubana che da quella “jazzistica” matura. In questo modo l’anima latina traspare ma non eccede e si mescola bene a stilemi classici, di genere e tipicamente occidentali. I pezzi iniziali così come quelli al termine dell’intero concerto si dipanano attraverso un raffinato e ragionato discorso musicale, tutto interiore e senza eccessi. Una navigazione musicale tonale attraverso reminiscenze musicali, il “Tiempo” e i raffinati enfatismi. In un saluto al pubblico l’artista ricorda la sua trascorsa presenza ad UJ, kermesse a lui particolarmente cara e presenta un suo progetto musicale. Quest’ultimo, dedicato alla interpretazione in chiave jazzistica di notissime canzoni cubane, è proposto insieme alla eccellente cantante Aymée Nuviola, per restituire con assoluta attualizzazione il repertorio tradizionale cubano.
La cantante, che esordisce con “Vesame mucho”, si impone con voce profonda, calda ma rauca, l’approccio discorsivo, tecnicamente recitativo, proiettando l’ascoltatore a quelle ben citate atmosfere da locale notturno. La perfetta intonazione, lo scandire delle sillabe, la potenza e la tecnica di respirazione completano il quadro per definirla una eccellente cantante. Non manca inoltre un virtuosismo canoro finale, in cui la cantante esegue sostanzialmente un trillo in duo con il pianista, che esalta il pubblico, i melomani e che è frutto di quella menzionata tecnica di respirazione. Dos gardenias (para ti), un bolero scritto nel 1945 dalla pianista e compositrice cubana Isolina Carrillo, affascina e non rende facile il confronto con i più scontati Buona Vista Social Club. Un repertorio che diventa sempre più ironico e coinvolgente e che tra le reminiscenze di tango e i ritmi sincopati, travolge il pubblico in quella sezione della esecuzione che diviene sempre di più espressione dell’anima cubana. Un duo completo dal punto di vista musicale e tecnico, oltre che perfettamente affiatato. Si può ben parlare di un progetto sonoro, timbrico e ritmico, distinguibile ed organico.
Cimafunk
Le sonorità più ironiche e prettamente cubane, con i loro ritmi incalzanti e i fraseggi isterici veicolano verso quella parte del concerto che è più popolare, immediata, informale e forse più attesa. Si tratta della esecuzione di Cimafunk che, con il suo gruppo, da subito predispongono al ballo oltre che all’ascolto e che danno sfogo ad un pubblico ansioso di alzarsi e muoversi al ritmo della musica cubana. Un pubblico non vastissimo nel complesso ma attento e interessato.
Si tratta di un gruppo tecnicamente molto valido, che si esprime con modalità attualissime, molto gradite e che compie un fusion tra la tradizione di cuba e molti altri generi attuali di estrema tendenza.
“È la Cuba più giovane che si ritrova nell’energia e nel ritmo di Cimafunk, il fenomeno più innovativo degli ultimi tempi, un po’ rapper, un po’ soulman, con lo sguardo verso il futuro ma sempre strettamente legato alle tradizioni musicali e alla incredibile varietà di suoni originari della sua terra. Il suo secondo album, “El Alimento”, ha come ospiti Chucho Valdes e George Clinton ed è stato prodotto da Jack Splash (Alicia Keys, John Legend) Cresciuto a Pinar del Río ascoltando salsa e altri generi cubani ma anche Stevie Wonder e James Brown, è stato quasi naturale per il giovane Cimafunk capire quale musica avrebbe suonato da grande. […] Il primo maggio 2020 in uno studio de L’Avana, Cimafunk si è ritrovato con Gonzalo Rubalcaba e Aymée Nuviola per registrare una canzone. Il risultato è un singolo ed un video che attraversa e unisce generazioni diverse della musica cubana. “Azúcar pa’ tu café” è da questo punto di vista un manifesto programmatico della musica senza frontiere”.
Libertà musicale incanalata attraverso ottima tecnica esecutiva e capacità appunto di fondere e rielaborare i generi.
Sezione di fiati al femminile tutta di eccezione.
Giuseppe Marino Nardelli-Agenzia Stampa Italia