Umbria Jazz 2015 Bad Plus e Joshua Redman

(ASI) Perugia 13 Luglio, ore 21,00 Concerto al Santa Giuliana. Il palco principale del festival propone, stasera, due distinti concerti. Ad iniziare è un trio, i BAD PLUS (Ethan Iverson al piano, Reid Anderson al basso e David King alla batteria, musicisti del Midwest), a cui si è aggiunto, da anni, sia pure ad intermittenza, JOSHUA REDMAN, sassofonista già famoso.

L'opuscolo di Umbria Jazz ci parla di raffigurazione dello spirito della post modernità all'interno di una cornice classica, ed effettivamente non sapremmo come diversamente riassumere il tipo di musica, bellissimo, proposto, fatto di un quartetto tradizionale, che alterna momenti di musica d'assieme ad assoli bellissimi e forsennati, con atmosfere tra il free jazz ed il be bop. 

Nel primo brano Redman si limita ad osservare, almeno per la prima metà, lasciando spazio in prevalenza alla batteria, per poi entrare con un assolo forsennato e che lascia senza parole.

I pezzi suonati sono, per lo più, scritti dal contrabbassista, a dimostrare come si tratti di un trio a cui Redman si è aggiunto, con grande abilità e capacità di osmosi.

Nel secondo brano pianoforte e batteria si lanciano in uno splendido e non tradizionale duetto, con dissonanze inconsuete.

I brani (tra quelli che è possibile riconoscere, un brano di Joshua Redamn, poi due brani scritti dal contrabbassista, Big Eater, People Like Us, in cui abbiamo un assolo straordinario di Redman, che si lancia splendidamente all'inseguimento di tonalità alte, che forse neppure esistono in rerum natura, che riesce anche a tenere per memorabili secondi incendiando il pubblico), per poi chiudere con un brano del pianista (County Seat).

Il tutto in quasi 90 minuti di musica bellissima.

 

Se dovessi riassumere con una frase il secondo concerto, quello degli SNARKY PUPPY, sceglierei forse la frase “Jazz is alive in New York” o anche “Jazz is alive at Umbria Jazz”.

Il gruppo è composto stasera di 9 elementi (tre ai fiati, due alle tastiere, due tra percussioni e batteria, una chitarra ed un basso, quest'ultimo il vero leader, Michael League), quasi tutti bianchi e poco più che trentenni (così sembra a vederli ed a giudicare dai loro fan).

Confesso di nulla aver saputo di questo gruppo, di essere pertanto giunto vergine al concerto, e di essermi trovato, da un lato, in mezzo ad un numeroso,  agguerrito e sorprendente, gruppo di fan, giovanissimi (max 30 anni), i quali conoscevano tutti i brani, al punto di cantarli (faccio notare che si tratta di brani solo strumentali), e dall'altro in un concerto di musicisti bravissimi, i quali riescono in un'impresa assai difficile, e ciò di mescolare rock progressivo, funky, fusion, creando un mix originale, esplosivo e trascinante, al punto che io stesso mi sono ritrovato a ballare sotto il palco al bis.

Si tratta di una scoperta, per me, davvero entusiasmante, per non dire commovente, in quanto, evidentemente, non tutto è stato scritto, non tutto è stato suonato, ma ancora la possibilità di esercitare il diritto di emozionarci per qualcosa di nuovo, anche dopo centinaia di concerti. 

Talvolta è bellissimo affidarsi a chi organizza il festival e seleziona i musicisti, e scoprire che, davvero, il festival, tra cariatidi e sconosciuti, riesce a dare un riassunto splendido di ciò che accade nel mondo della musica, jazz e collegati, di ciò che sta oggi a cavallo dell'onda. 

Il tempo ci dirà che cosa resterà di questa musica, se la sensazione di meraviglia e coinvolgimento è dovuta in prevalenza alla presenza di un pubblico in visibilio (in centinaia, dopo il concerto, hanno tentato di strappare un autografo, anche dopo che i cd in vendita erano terminati), ma per ora godiamocela.

Poi sono tornato adulto, mi sono trovato a partecipare con gli amici (quelli, fortunatamente, si incontrano ancora ai concerti) ad un gioco cinico, quello dei riferimenti.

C'è chi parlava di Steps Ahead, chi citava Steely Dan, chi ricordava Pat Metheny oppure gli Weather Report. 

Il gioco potrebbe continuare, ammesso che serva a qualcosa, cosa di cui dubito. Dai tempi di Aristotele (e forse da prima) nessuno è più originale.

Venendo al concerto, durato qualcosa più del precedente, alle ore 12,30 circa, è impossibile non citare il batterista (Larnell Lewis), le cui bacchette ad un certo punto apparivano il doppio delle due iniziali, gli splendidi assoli del sax, e lo straordinario lavoro di raccordo del bassista, leader del gruppo, che è riuscito a legare una band straordinaria.

Viva la musica.

Carlo Ambrogi 

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