(ASI) Perugia. Voce molto bella, suadente, morbida, potente quella di Maggie Koerner dei Galactic (Jeff Raines - chitarra, Stanton Moore – percussioni, Robert Mercurio - basso, Ben Ellman – Sassofono ed armonica, Richard Vogel – tastiere, Corey Henry - trombone) gruppo formatosi nel 1994 che ha sviluppato un suo linguaggio e proprie sonorità unendo hip hop, rock, blues e jazz.
Un gruppo che sia nel vocal che negli ottoni non disdegna suoni aspri che evitano stucchevolezza e rimuovono banalità da una musica prevalentemente tonale e che, proprio attraverso essi ed un Hammond mostra una timida anima Jazz. La loro è una musica di grande attualità, immediatezza e che sprigiona sensazioni metropolitane, senza rinunciare ad una certa riflessività ed intimismo nei testi scelti e nelle sonorità perfettamente legate alla musica, che resta di forte matrice rock. La loro temperie è quella della “nuova musica di New Orleans” con rimandi timbrici e stilistici, ma di minore spessore, a Trombone Shorty. Eccellente la batteria.
Nel secondo tempo del concerto di ieri sera martedì 15 luglio, tenutosi all’Arena Santa Giuliana di Perugia, la presentazione è stata a cura di Renzo Arbore che ha introdotto con grande enfasi il secondo gruop leader della serata, Doctor John (Malcolm John Rebennack). Arbore, perdendosi in aneddoti e ricordi apprezzati dal pubblico, ha spiegato che John è un musicista molto eclettico e che ha inciso moltissimi dischi ed è una figura musicale di riferimento per new Orleans e la sua cultura musicale, portando nel mondo sia la musica di Louis Armstrong che tutta una tradizione musicale e di canzoni autoctone di New Orleans stessa. Non per niente la seconda parte della serata è stata dedicata allo “Spirit of Satch” con una Sarah Morrow trombonista e musical director come special guest, che suona più di dirigere. Una entrata in scena folkloristica quella di Dr. John (è un personaggio pittoresco che coniugò la civiltà hippy con il pittoresco folklore del Mardi Gras, incurante delle palesi contraddizioni in termini) caratterizzato da una voce che sorprende: chiarissima, brillante, squillante, potente e che non ha cedimenti fino alla fine del concerto. Nella presente esibizione esprime una rivisitazione assolutamente non scontata di Armstrong (un personalissimo tributo) molto attualizzata, non di maniera, con sonorità spesso anni ’70. Sono proprio gli ottoni, una sezione solida e la citata trombonista a fornire queste sensazioni seventies. Richiami alla classicità e alla tradizione sono presenti solo in alcuni momenti alla fine del concerto. Molta compostezza indice di professionalità e di musicisti di essenza per un molto buono risultato musicale. Un secondo tempo relativamente statico ma rilassante e piacevole che lascia nelle orecchie un sapore netto ed originale.
Arrivederci a questa notte con la “Great piano night #1”, interpreti Herbie Hancock and Wayne Shorter duo e Montly Alexander “Harlem Kingston Express”.
Giuseppe Marino Nardelli – Agenzia Stampa Italia
Foto: Matteo Marzella