(ASI) “In piedi, signori, davanti a una donna! Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l'ignoranza in cui l'avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: In piedi, signori, davanti a una donna”.
Questi sono alcuni versi di una poesia attribuita a William Shakespeare.
La donna è emersa dalla costola dell'uomo. Non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata.
Tra gli effetti psicologici di una violenza commessa ai danni di una donna, si possono annoverare il disturbo da stress post traumatico (PTSD), la depressione e l’ansia (OASH, 2021). Inoltre, alcune vittime cercano di gestire il trauma assumendo molto alcol o mangiando in maniera eccessiva. Più del 30% delle donne italiane ha subito una violenza. La violenza domestica, inoltre, si ricorda che non è solo fisica, ma anche di natura psicologica.
Per maltrattamento psicologico si intende quella serie di comportamenti subdoli che si infliggono, finalizzati a svalutare una persona, ponendola in una condizione di subordinazione, fino a comprometterle il proprio benessere psicologico ed emotivo. La violenza psicologica non determina l’emersione di danni fisici evidenti, come quelli riscontrabili a seguito della violenza fisica o sessuale. Quindi i suoi effetti sono più difficili da riconoscere, sia per la vittima stessa sia per un osservatore esterno. Talvolta, questi comportamenti, sono purtroppo ancora culturalmente accettati.
Secondo Marie-France Hirigoyen (1998), il rapporto molesto attraversa due fasi: la seduzione perversa e la violenza palese. Durante la fase di seduzione, la vittima viene destabilizzata fino a perdere la fiducia in se stessa. L'aggressore la attrae trasmettendole un'immagine positiva di sé per guadagnarsi la sua ammirazione; successivamente le rimanda un'immagine positiva di se stessa sfruttando i suoi istinti protettivi: la induce a credere di essere libera ma, lentamente, la priva della propria libertà e del proprio libero arbitrio. Tutto ciò allo scopo di limitare le sua capacità di difesa, rendendola obbediente e soccombente al suo potere. In questa maniera si arriva a mettere in atto un vero e proprio controllo mentale.
Se la violenza fisica si ritiene oggettiva, al punto da lasciare spesso danni visibili sul corpo, la violenza psicologica rientra nell'area della soggettività. Ciò può rappresentare un terreno fertile per il non riconoscimento e la non validazione di quanto un modello relazionale generi angoscia e sofferenza nelle vittime. Si può considerare violenza ogni forma di abuso di potere e di controllo che si manifesta come sopruso fisico, sessuale, psicologico, economico e nella forma della violenza assistita, anche di matrice religiosa.
Personalmente, ho sempre aiutato le donne in difficoltà. Ci siano diverse tipologie di donne che si rivolgono a me: le persone molto ricche per esempio, perché anche loro hanno gli stessi problemi delle persone normali. L'unica differenza è che cercano di nasconderli meglio e possono permettersi di scappare, anche ricorrendo alla chirurgia estetica che aiuta in questo.
Mi ricordo a tal proposito di una donna famosissima che veniva bruciata con le sigarette dal marito. Abbiamo curato la sua pelle e l'abbiamo resa più forte. Abbiamo apportato delle modifiche al suo volto e le abbiamo dato sicurezza. Perché lui le diceva che era brutta e la massacrava ogni volta. Invece, siamo riusciti ad innescare dentro di lei dei di autostima, rendendola consapevole inoltre che non era da sola. In questo modo è riuscita a lasciarlo e adesso vive una vita felicissima con un uomo che la ama veramente.
Ricordo un'altra persona che invece aveva voluto cambiare completamente il volto e trasferirsi in un altro Stato, di modo tale che il marito, il quale le aveva promesso di ucciderla se l'avesse lasciato, non avesse potuto più riconoscerla. Sono stata anche nei paesi arabi, dove il femminicidio è all'ordine del giorno. La loro mentalità sembra essere ancora legata a periodi storici lontani e involuti, ritenendo tuttora che la donna non valga nulla. Mi ricordo in particolare di una donna mutilata, a cui era stato tagliato il naso da parte del marito. Sono riuscita a ricostruirla completamente.
Non bisogna dimenticarsi tuttavia della dipendenza che alcune donne manifestano nei confronti dei propri aguzzini. Una sindrome in grado di condurle a tornare indietro, rendendosi in qualche modo dipendenti da chi le ha maltrattate. In casi del genere ci si rende conto dell'impotenza che si ha, come medico, come psicologo, come chirurgo, nel non poterle aiutare. Perché non puoi denunciare l'accaduto e non puoi nemmeno aiutarle se non vogliono essere aiutate.
Secondo la mia opinione, questo è il punto fondamentale: aiutarle psicologicamente ad uscire dal baratro in cui sono venute a trovarsi, prima che tutto precipiti e si compia il danno più grande. Che esiste da secoli, ma nei confronti del quale solo adesso si inizia a parlare senza paura. Cosi dichiara la dottoressa, Marilena Pizzuto.
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