(ASI) Nei prossimi giorni, a Francoforte, falchi e colombe si interrogheranno sugli errori commessi e, si spera, da non ripetere dalla Banca Centrale Europea, dopo la decisione presa all’inizio dell’estate scorsa di cambiare strategia in fatto di politica monetaria.
E’ trascorso un anno e, nella prossima riunione, la BCE si troverà di fronte a un dilemma: ignorare gli errori finora commessi, come fa prevedere la supponenza di Christine Lagarde, o riconoscere di aver sbagliato nel seguire una strategia, quella dell’ambiguità monetaria, risultata fallimentare e provvedere a cambiarla.
A suo tempo, fu proprio la Lagarde ad annunciare che sul futuro percorso dei tassi d’interesse non ci sarebbero stati annunci di nessun genere da parte della banca, ponendo fine alla politica degli annunci introdotta da Draghi, in linea con la migliore analisi economica, sotto il profilo strettamente strategico.
Nelle economie di mercato il motore della crescita sono le aspettative; ne consegue che se una banca centrale è credibile e in anticipo informa su quello che sarà il suo futuro programma, l’economia privata le crederà e saprà orientarsi sulle decisioni da prendere, si ridurrà ilmargine di incertezza e gli effetti positivi non mancheranno di farsi sentire su crescita e inflazione.
Diversamente, se pur annunciando quello che sarà il suo programma, una banca centrale non risulterà credibile, oppure non farà nessuno annuncio o lo farà in modo poco chiaro, confuso, e quello che dirà sarà suscettibile di svariate interpretazioni, aumentando i rischi di volatilità per i capitali investiti.
Ultimamente la BCE ha lasciato intravvedere nelle conferenze stampa che hanno seguito le comunicazioni ufficiali, un ulteriore restringimento della politica monetaria ed ha consentito ai singoli banchieri centrali un ampio margine di libertà nel fare annunci personali, a volte anonimi, sul futuro percorso dei tassi d’interesse, spingendosi troppo oltre l’ammissibile, vuoi per interessi personali o di carriera.
Grave errore di valutazione che la BCE potrebbe aver fatto per opportunismo, ma segno di irresponsabilità, sicuramente non in linea con l’indipendenza dell’istituto e, soprattutto, espressione di una politica monetaria ambigua, anche se l’obiettivo primario resta quello di mantenere l’inflazione stabile, al due per cento, in un orizzonte di medio termine.
La speranza è quella di un cambiamento di rotta, che dia nuova fiducia ai mercati e lasci intravvedere una politica monetaria meno restrittiva di quella attuale. Con buona pace dei falchi che non mancano mai.
Angela Casilli