Nata come orizzonte politico, etico, culturale, con una riserva di senso sostanziale capace di orientare il cittadino verso il pieno compimento della sua umanità, è oggi, di fatto, una neo-Scolastica senza il fondamento della verità, quest’ultima considerata un fardello pericoloso e insopportabile per l’uomo. Per citare una vecchia pubblicità: “basta la parola”. Non si può trascendere o discutere la Scolastica post-moderna democraticistica. Compimento totale del Progetto moderno e illuministico, con tanto di deriva relativistico-nichilistica: il deserto del reale come nuovo circolo degli Eletti al potere. I nomi sono vari, c’è una sorta di estetica pop, che funziona molto bene: Unione europea, Fondo monetario internazionale, Nato, ecc. Certo, c’è la “ragion critica”, come no, anche Kant, sia detto per inciso, aveva spremuto il limone del pensiero su questo punto, ma come si fa a discutere di fronte al Tribunale della storia nel suo plastico compimento? Occorre obbedire sorridendo e facendo profondi inchini, il resto è arbitrio da rozzi fascistelli di periferia. Imporre poi un linguaggio, un lessico ideologico, una grammatica e una retorica di massa, questo sì che rende infine del tutto intrascendibile questa nuova Religione secolare. Ci era stata consegnata la prima Verità sul capitalismo: T.I.N.A. ThereIs No Alternative. Non c’è alternativa, che è come dire, guarda la corda è là, non farmi fare la fatica di girartela intorno al collo, fai tutto da solo o con l’aiuto di qualche familiare e poi dì loro di ripulire l’ambiente, perché noi siamo gente educata.
La fine delle ideologie, ve la ricordate? L’ultima, grande ideologia, no, di più, un vasto programma, per citare De Gaulle. Con questa menzogna globalizzata, le ideologie oggi corrono sul filo del rasoio e la gola è sempre la nostra.
L’ultima, ci ricorda Boni Castellane su La Verità (Il popolo pensa troppo, meglio abolire il voto – Domenica 27 agosto 2023), è questa: aboliamo il voto. Quello che è rimasto in piedi, a ben vedere, perché l’astensionismo è il frutto maturo della neoscolastica democraticista al comando. Comunque sia, tanto per esser chiari, dicono loro, spariamo il colpo finale: ci sono le tecnologie predittive, basta con quel puzzo di umanità, sempre citando una formidabile battuta riferita all’Avvocato Agnelli, uno dei primi a vaticinare che, con la privatizzazione degli utili e la socializzazione delle perdite, in fondo la democrazia era affare secondario. La rappresentanza politica si sporca con quel fetido reale, l’effettualità di Machiavelli e di Hegel, dei combattenti del pensiero per la vita dei singoli e dei popoli, quindi, basta con questo vincolo. I mercati ci hanno insegnato la lezione che tutti i monetaristi ci hanno venduto da quarant’anni a questa parte: contano soli i prezzi e la libertà copula solo con il mercato, certo non va di notte a svegliare quelle poco di buono delle popolane plebee, che vogliono rappresentanza e magari anche amore, passione, umanità. Poi ora c’è anche l’intelligenza artificiale, che è fatta dall’uomo, ma sembra che non sia educato dirlo, perché la predittività e la formula stocastica della società devono prevalere. Quindi, il paradosso è compiuto: con la modernità, siamo arrivati alla democrazia, siamo tutti “liberal-democratici”, in fondo, suvvia, dicono loro, siamo tutti “liberali”, allora…a che serve la libertà? Ce n’era bisogno nel Novecento, con Hitler, Stalin e Mussolini al potere, dicono loro, schivando le analisi più rigorose di storia e geopolitica, che raccontano di un impasto di alleanze che ha visto l’America civettare tanto con la Germania di Hitler quanto con l’URSS di Stalin, senza trascurare Mussolini, adorato, in funzione anti-bolscevica, dai poteri forti dell’anglosfera più agguerrita, Churchill in testa. Ma tant’è, non facciamo i bacchettoni reazionari, sempre pronti a spaccare il capello in quattro, e torniamo al cuore della vicenda. Dunque, dicevamo…ah sì, basta con la democrazia e basta naturalmente con la libertà nel suo aspetto più concretamente storico ed effettuale, dunque non prevedibile e non inscrivibile negli algoritmi della predittività. Ritorna, con prepotenza, la psicobiologia con accenti razzistici, ma naturalmente va tutto bene, madama la marchesa, e lo spritz delle 19 deve essere garantito a tutti, in piena…libertà…obbligatoria (Gaber docet).
Ma non basta. C’è molto di più. Perché questi nuovi santoni della predittività e della post-democrazia, anzi della post-realtà, hanno progetti ambiziosi. Mica si accontentano, come i vecchi pasdaran del progressismo arcaico, di colonizzare ideologicamente la società, no, troppo poco, loro vogliono tutto, come gli anti-borghesiultracapitalisti del Sessantotto, la culla del nichilismo come fenomeno pop. Vogliono anche estirpare il male e cambiare la natura dell’uomo, anzi del soggetto umano, perché l’identità sessuale è il campo di battaglia. Rieducare l’uomo è un vecchio progetto della “democrazia totalitaria” (Talmon), ma qui si fa sul serio, e l’uomo lo si ri-crea, anzi lo si re-inventa, sradicandolo da tutto ciò che vincola e scatena antiche passioni identitarie: via la natura, via il sesso, via la famiglia, via la patria, via la religione, tanto quella siamo noi, via tutto. Cosa rimane? Una tabula rasa, ma non come quella immaginata dal filosofo John Locke, vecchio arnese del pensiero che fu, uomo del Seicento. No, Locke pensava solo alla mente: noi nasciamo come una tabula rasa, non c’è niente nella mente, e ci infiliamo dentro le sensazioni, che poi elaboriamo, facendole diventare concetti. I neoscolastici democraticisti vogliono, invece, estendere la tabula rasa a tutto l’essere, anzi all’Essere con la maiuscola: è il Potere a definire chi siamo, cosa vogliamo, perché viviamo e come possiamo essere utili al mondo che loro intendono creare ex nihilo. Satanismo ideocratico? La butto là, ai posteri ecc. ecc.
Insomma, siamo davvero al di là del bene e del male: il Bene sono loro!
Nessuno può penetrare dentro le sacre entità del Mondo Nuovo, questo è faccenda riservata ai neoscolastici post-tutto in servizio effettivo permanente.
Queste sono le nuove “luci” del nostro tempo. No, non mi sono sbagliato, ho scritto “luci”, e a ragion veduta. Perché Platone aveva già capito tutto, nella famosa metafora della caverna: chi sta dentro, nella caverna, non sta al buio, ma è stordito da molte luci che inchiodano la coscienza fino a paralizzarla. Uscire fuori dalla caverna non significa, dunque, passare dalla notte al giorno, alla luce. Ma strappar via il condizionamento delle luci imposte dai padroni del pensiero per giungere, attraverso la “fatica del concetto” di hegeliana memoria e la dialettica servo-signore, alla sorgente della realtà, che, in quanto tale, è luce che appartiene all’essere.
Dunque, la questione cruciale, che gli scolastici postmoderni hanno capito perfettamente, è sempre metafisica. L’hanno tanto capito che di metafisica ne stanno costruendo una con un marchio di fabbrica che Platone avrebbe rifiutato: le mille luci del Potere. E, si sa, troppe luci accecano.
Raffaele Iannuzzi per Agenzia Stampa Italia