(ASI) Nella giornata di oggi, l'Ufficio Informazione del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato e presentato alla stampa il nuovo libro bianco sulla Difesa, a distanza di quattro anni dal precedente, che prendeva le mosse dal concetto di Sogno Cinese (中國夢).
Si tratta del decimo testo di questo genere a partire dal 1998, quando fu per la prima volta introdotta una dottrina di riferimento secondo una pratica, poi diventata consuetudinaria, a scadenza biennale sino al 2015, anno della riforma militare pensata per razionalizzare, efficientare e modernizzare le Forze Armate.
Stavolta, invece, si è dovuto attendere un po' di più per poter leggere il nuovo testo ufficiale che introduce il concetto di difesa nella Nuova Era (新时代), indicata ed enucleata globalmente da Xi Jinping durante il 19° Congresso del Partito Comunista Cinese nell'ottobre 2017, come una fase di lungo periodo che da qui al 2035, e poi sino al 2050, dovrà portare il Paese a raggiungere importanti traguardi in termini di prosperità, sviluppo e innovazione, nonché ad assumere un ruolo di leadership sotto vari aspetti.
Intitolato, appunto, La Difesa Nazionale della Cina nella Nuova Era, il nuovo libro bianco si compone di 27.000 caratteri cinesi e si suddivide in sei sezioni principali, ciascuna delle quali incentrata su un tema particolare: la situazione della sicurezza nel mondo, la politica difensiva cinese nella nuova era, l'adempimento delle missioni e dei compiti delle Forze Armate cinesi nella nuova era, la riforma della difesa e delle Forze Armate, la razionalizzazione e l'adeguamento delle spese per la difesa, e il contributo attivo del Paese nella costruzione di una comunità dal futuro condiviso per tutta l'umanità.
Più snello rispetto al passato, il preambolo del libro bianco compie, come di consueto, una panoramica dei cambiamenti politici ed economici che il Paese sta affrontando, sullo sfondo del contesto globale. «La Cina - si legge nel documento - è in una fase cruciale nel completamento della costruzione di una società moderatamente prospera in tutti i suoi aspetti e si sta muovendo verso il nuovo percorso di costruzione di un Paese socialista modernizzato in tutto e per tutto».
Confermata è anche la visione cinese del mondo, che registra «profondi ed inediti cambiamenti» nel pianeta ed inquadra l'intensificarsi della globalizzazione economica, della digitalizzazione e della diversificazione culturale nella direzione del multipolarismo, della pace, dello sviluppo e della cooperazione dal mutuo vantaggio, concepiti quali «tendenze irreversibili dei nostri tempi». Al tempo stesso, sottolinea il libro bianco, «il mondo non è ancora un luogo tranquillo».
Sullo sfondo, infatti, restano questioni globali e regionali di assoluta importanza: il controllo internazionale delle armi e il disarmo sono ancora ostacolati da «crescenti segnali di corsa agli armamenti»; la non-proliferazione delle armi di distruzione di massa «resta problematica»; il regime di non-proliferazione internazionale è «compromesso dal pragmatismo e dal doppio standard»; l'estremismo ed il terrorismo «continuano a diffondersi»; minacce non-convenzionali che coinvolgono la sicurezza informatica, la sicurezza biologica e la pirateria «stanno diventando più evidenti».
Anziché premettere la dimensione nazionale della sicurezza, e dunque un'analisi del contesto regionale Asia-Pacifico (Giappone, Penisola Coreana, Mar Cinese Meridionale e ruolo statunitense nella regione) o delle minacce separatiste interne (Taiwan, Tibet e Xinjiang), come era stato per i libri bianchi pubblicati nel 2013 e nel 2015, stavolta il documento fornisce in incipit un significativo sguardo sulla sicurezza internazionale a 360 gradi. «La competizione strategica internazionale è in aumento», scrive il governo cinese. «Gli Stati Uniti hanno corretto la loro strategia di difesa e sicurezza nazionale, e hanno adottato politiche unilaterali» scatenando, secondo Pechino, «una più intensa competizione fra le principali potenze». A livello transatlantico, «la NATO ha continuato ad allargarsi, moltiplicando l'impegno militare in Europa Centrale e Orientale», mentre «la Russia sta rafforzando le sue capacità nucleari e convenzionali di contenimento strategico, e si sta adoperando per salvaguardare il suo spazio di sicurezza strategico e i suoi interessi». «L'Unione Europea - prosegue il testo - sta accelerando la sua integrazione in termini di difesa e sicurezza per essere più indipendente in questo ambito».
La stessa riflessione sugli archi di crisi non si limita più alla Penisola Coreana, alle dispute sugli arcipelaghi contesi o alle attività terroriste e separatiste nelle regioni più periferiche del Paese, ma tocca anche la questione del nucleare iraniano, che «ha preso una piega inaspettata», e la crisi siriana, dove «non c'è una facile soluzione politica». Anche il successivo paragrafo relativo alla regione Asia-Pacifico - che pure rimarca elementi quali il meccanismo di cooperazione militare nella massa eurasiatica costruito in seno all'Organizzazione di Shanghai (SCO), quello attivo nel Sud-est asiatico nel quadro dell'ADMM-Plus e lo squilibrio strategico generato dal dispiegamento del sistema THAAD statunitense in Corea del Sud - allarga il suo sguardo a latitudini prima percepite come meno prioritarie, quali il conflitto indo-pakistano nei territori contesi, la situazione in Afghanistan e il ruolo militare dell'Australia.
Questo, ovviamente, non lascia nemmeno un millimetro al caso negli affari di sicurezza interna che, come i disordini di Hong Kong stanno dimostrando in queste settimane, non possono essere minimamente trascurati. All'interno del libro bianco, Pechino ribadisce il suo impegno nel contrasto alle forze indipendentiste di Taiwan, oggi al governo del territorio insulare, che, rifiutando gli accordi stabiliti nel quadro del Consensus 1992, rappresentano «la più seria minaccia immediata alla pace e alla stabilità nello Stretto e il più grande ostacolo alla riunificazione pacifica del Paese». Una riunificazione che attende di essere completata dal 1971, anno del riconoscimento internazionale del principio di 'Una sola Cina'. Altrettanta attenzione viene riservata ai gruppi separatisti ancora attivi per «l'indipendenza del Tibet», ovvero di uno Stato lamaista nell'odierna Regione Autonoma del Tibet, e per la «creazione del Turkestan Orientale», ovvero di uno Stato turco-islamico nell'odierna Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, anch'essa da molti anni al centro di interferenze politiche da parte di alcuni governi occidentali, oltre che di quello turco.
Il nuovo approccio cinese all'analisi geopolitica e geostrategica non intende tuttavia prestare il fianco ad un nuovo attivismo militare su larga scala. Piuttosto sembra voler affermare, con maggior forza rispetto al passato, la natura globale di questioni regionali che è sempre più difficile affrontare isolatamente e separatamente. «La sicurezza dei singoli Paesi - continua il libro bianco - sta diventando sempre più intrecciata, interconnessa ed interattiva. Nessuno può rispondere da solo o starsene per conto proprio».
Pechino tiene poi a precisare la natura difensiva delle sue Forze Armate, ribadendo la tradizionale linea-guida di politica estera dei Cinque Principi di Coesistenza Pacifica e specificando i compiti dell'esercito, sebbene questi si estendano a numerose dimensioni, che vanno dalla resistenza ad eventuali aggressioni del proprio territorio alla protezione della sovranità e dell'unità nazionale, dell'integrità territoriale e della sicurezza, degli interessi e dei diritti marittimi, degli interessi nello spazio, nello spazio elettromagnetico e nel cyberspazio, degli interessi oltreconfine (come la base di supporto aperta a Gibuti nel 2017), fino al supporto dello sviluppo sostenibile del Paese. «La storia dimostra e continuerà a dimostrare - recita il documento - che la Cina non seguirà il sentiero battuto dalle altre grandi potenze nella ricerca dell'egemonia».
Al di là delle grandi innovazioni militari dell'era digitale, le cifre sulle spese per la difesa sembrano dar ragione a Pechino. Al netto dell'esponenziale crescita economica del Paese, che deve tener conto anche del forte incremento dei costi per le strumentazioni militari, quarant'anni fa la Cina spendeva per la difesa il 5,43% del suo PIL. Nel 2017, questa percentuale è scesa a quota 1,26%, contro il 3,5% degli Stati Uniti, il 4,4% della Russia, il 2,5% dell'India e il 2,3% della Francia.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia