Gli “esperti” descrivono senza sapere
(ASI) Chi sono gli “esperti”? Un gruppo di individui chiamato dal Fato a opinare sullo scibile umano. Per rispondere a questa presunta “vocazione”, l’ “esperto” descrive la macchina del mondo, scomponendola, secondo il ben noto rituale cartesiano del Metodo, per poi cavar fuori il succo della Sentenza definitiva, naturalmente celata sotto le mentite spoglie di una rigorosa “analisi”. Ebbene, anni fa, invitato a discutere sulla cosiddetta nuova era trumpiana, mi ritrovai, faccia a faccia, ancorché online, quindi a distanza, con uno di questi sciamani e maestri di verità, il quale si muoveva nella selva del nuovo corso trumpiano come un cacciatore nella Savana, avendo già fatto suo il carico delle tracce da seguire, quindi tutto chiaro: Trump era l’Anti-tutto di turno. Anti-establishment, anti-liberal, anti-Washington, ecc. Poi, con un’azione misticamente orientata, aveva afferrato il Fato per il ciuffo e l’aveva condotto dalla sua parte, conquistando il potere. Punto, tutto chiaro.
Dopo aver ascoltato cotanto sermone positivista, mi permisi di sottolineare due elementi che allora, e ancor più oggi, mi sembravano decisivi. Primo: l’America ha sempre fatto la scorta per il nuovo millennio di quel “manifestdestiny”, il “destino manifesto” nella Storia che, dal tardo XIX sec., passando per quella fase che metteva a soqquadro l’equilibrio del Congresso di Vienna, infilandosi nel progetto della “diplomazia del dollaro” (1904) per proseguire dritto verso il progetto wilsoniano dal 1917 reso ideologia universale con la Società delle Nazioni. Almeno questo, per poi riprendere il filo del discorso fino alla Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda che nasce nel 1946, con i danni di guerra ancora sul tavolo. In altre parole, l’America esiste come progetto universale e dominio imperialistico perché ha dalla sua una filosofia della storia. Trump lo sa e, su questa base, ha lanciato il grido di battaglia del popolo rovesciando il paradigma: l’America dei produttori e dei cittadini liberi di nuovo in cima al mondo, senza aprire il fuoco contro i nemici esterni. Il Nemico ce l’abbiamo in casa. Una filosofia della storia anche questa, di segno opposto a quella originaria.
Secondo: Trump vincerà ancora perché il trumpismo è diventato senso comune. Infatti, Trump, a distanza di quattro anni, ha vinto ancora. Ma io non sono un “esperto”, sia chiaro. Il mio interlocutore, invece, lo era. Appunto…
Trump e il Politico postmoderno (o post-post moderno?)
Il Politico non è la politica come idea, azione e progetto. È una visione sintetica della complessità della politica in uno scenario non più riconducibile né alla lotta di classe né all’ordine del mercato della scuola neoclassica. Non ci sono più grandi gruppi organizzati a competere per la conquista del potere nella società e d’altra parte non è più il mercato come sistema di transazioni fondato sul regime dei prezzi e sull’azione individuale a dettare legge. Il mondo contemporaneo è attraversato da una frattura che la modernità ha tentato, fallendo, di ricomporre, quella tra l’individuo alla ricerca di uno sviluppo potenzialmente illimitato e una società comandata dal capitale che, per utilizzare le risorse degli individui, accetta di farsi regolare negoziando le sue fasi storiche tra mercato e welfare state.
La globalizzazione concepita come nuova Gnosi di massa, dettata dai Sapienti del Capitale e dotata di una struttura di comando, un mix di élites super-ricche e conoscenza tecno-scientifica e tecno-sociale rigorosamente inscritte in una neolingua sacralizzata (ideologia woke, gender, green deal, colpevolizzazione del Povero, ecc.), ha fatto a pezzi questo mondo e anche questo Trump lo sa molto bene.
Non ci sono più progetti di emancipazione jeffersoniana dell’individuo, la middle class è un frattale scomposto di frustrati e sconfitti, la Cina è il Nemico, la politica di Washington è il mondialismo guerrafondaio. Su queste rovine, Trump sta operando un’operazione di sintesi, cercando di immaginare una società “come un “tutto” dotato di senso”. In questo modo, «il politico rappresenta il percorso attraverso cui un gruppo di uomini, che inizialmente sono definibili come semplice “popolazione”, si trasforma in una vera e propria comunità. Esso si costituisce attraverso l’elaborazione sempre conflittuale di regole esplicite o implicite riguardanti il partecipare e il condividere, dando così forma alla vita della polis» (Pierre Rosanvallon, Il Politico. Storia di un concetto, Rubbettino, 2003, p. 8).
Trump e il MAGA (Make America Great Again)
Trump sta facendo questo, con il temperamento di The Donald e il metodo della sintesi in stato di costante avanzamento, ragion per cui riesce a tenere dentro la nipote di Martin Luther King sull’agenda pro-life e Tulsi Gabbard, in funzione anti-liberal. Il protagonismo del popolo si è espresso fisicamente con il voto di massa, ora si tratta di mettere tutto a terra attraverso una sintesi capace di leggere il presente come storia o come nuova storia, acronimo MAGA. Make America Great Again. In quell’ “Again” – ancora, di nuovo - c’è l’idea della ripetizione di un processo storico che oggi è attraversato da una feroce contingenza e che non è concepibile né dagli “esperti” né dalle “anime belle”. Magari questa non sarà la nuova rivoluzione americana, ma forse è proprio dalla rivoluzione come pericolosa illusione di disegnare il Piano della vita, della società e della storia che dobbiamo stare lontani. Dopo il “senno del post”, creato dal “post-moderno”, sarà questo il nuovo vettore del “post”-postmoderno?
Raffaele Iannuzzi - Agenzia Stampa Italia