(ASI) Intervista esclusiva di Agenzia Stampa Italia a Paolo Rossi Barnard, esperto di economia, saggista, scrittore e giornalista (parte 1).
Secondo Lei, chi ha creato questa crisi?
Non esiste una cupola dove c’è il cattivo o i cinque cattivi che hanno creato la crisi o che manipolano la crisi, dall’altra parte è anche assurdo pensare che una crisi di queste proporzioni sia un incidente di percorso, quindi la risposta sta nel mezzo, ci sono forze economiche su scala globale, che hanno contribuito, spesso lottando una contro l’altra a creare questa situazione, facendola esplodere, il retroterra di questa situazione in effetti si può far risalire ad un’unica ideologia che ha avuto decine di esponenti che è l’ideologia neoliberista la quale ha affidato l’economia dagli anni ‘70 in poi includendo un ciclo di espansione keynesiana, rooseveltiana, diciamo con tutti i difetti anche democristiani, non dimentichiamoci che l’Italia di quell’epoca fu l’Italia che da una condizione kossovana è arrivata ad essere la quinta potenza del mondo ed è stata la prima repubblica a fare questo e non certo la seconda, che invece ha disfatto tutto.
Questa crisi si origina da un’ideologia economica, dove lo Stato deve smettere di spendere e disinteressarsi dell’economia, lasciando tutto nelle mani dei privati che hanno generato dei conflitti fra poteri che hanno poi fatto esplodere dal 2007 in poi, una crisi spaventosa.
Notate che dalla Presidenza Obama in poi, quindi dalla fine della Presidenza Bush e dall’inizio della Presidenza Obama, esplode la crisi. Negli anni precedenti negli Stati Uniti d’America e quindi nei Paesi in cui si origina tutto, avevano messo l’accento su quella che veniva chiamata la globalizzazione e le multinazionali con le presidenze Bush specialmente per quanto riguarda il petrolio, mentre dall’altra parte cresceva una tendenza in America alla finanziarizzazione quindi dal 2000 con la new economy ovvero l’economia di internet, stava quindi già crescendo questo settore digitale, finanziario ma l’imperatore era ancora la grande industria, era ancora il petrolio. Proprio ai termini dell’imperatore di allora, ovvero ai grandi gruppi industriali americani arriva questa finanziarizzazione selvaggia che viene deregolamentata e a cui non viene data tanta attenzione e che poi fa esplodere il mondo nel 2007-2008 con la crisi di Lehman da cui parte quella che Lei ha chiamato ‘la crisi’, che ancora ci trasciniamo dietro, quindi come vede c’è stato un conflitto di potere, gente come General Electric, come General Motors, come Coca-Cola, le grandi catene di consumo, ci hanno perduto miliardi dai danni fatti dall’altro potere, ovvero quello finanziario che era cresciuto immediatamente.
Per quanto riguarda il contesto italiano, la crisi si decuplicata perché è esplosa all’interno di un sistema come quello dell’Unione Europea e dell’Euro che per definizione già di per se, era disegnato per portare delle crisi, perché quando togli il potere agli stati, le monete agli stati, crei un governo inesistente, fantasma che si chiama Commissione Europea, che fa delle regole che sono sovranazionali, che non è governata da nessuno che nessuno elegge, crei una Banca Centrale, che crea la moneta ma non è un Ministero del tesoro, senza un Ministro del tesoro, è un’identità X perché è una moneta non appartiene a nessuno, che si chiama euro, crei un pasticcio, un caos, crei un sistema oligarchico che già di per se crea crisi, quindi arriva la crisi mondiale, in un continente già di per sé strutturato per crollare, ecco che cos’è la crisi.
Lei giustamente ha ricordato l’Italia. L’Italia con la Lira era la quinta potenza industriale, con l’Euro invece abbiamo perso tantissimo in competitività, perdendo tra l’altro anche tantissime industrie strategiche italiane, trasferite ora all’estero.
Secondo Lei, quali sono le cause che hanno determinato questa caduta verticale del potere economico italiano?
Sarebbe necessario partire dagli anni ’30 in Europa, da un progetto che era il progetto della moneta unica, certamente non è possibile in un’intervista, ma per farla breve, e per fare anche qualche nome, e dire esattamente chi, parliamo dell’ex Ministro delle finanze della Germania, Theo Waigel, anche se il partner strategico fu la Francia, ma è Theo Waigel che si rende conto che a metà anni ’90 la piccola media impresa tedesca era quasi al collasso, perché per tutti gli anni ’80 c’è una continua crescita delle piccola e media impresa italiana che diventa una potenza mondiale come Lei ha ricordato, con 2 milioni e mezzo fino a 3 milioni e 900 mila piccole e medie imprese italiane che rappresentavano la fortuna dell’Italia ovvero il 78% del PIL italiano contro 2 milioni e 100 mila tedesche che stavano collassando, perché non tenevano la competizione italiana e dunque la Germania fa questo un calcolo finanziario molto complesso, tirando l’Italia dentro la trappola della moneta unica, la quale per motivi di speculazione economica darà una botta bestiale all’economia italiana. L’Italia crollerà, mentre la Germania sarà premiata dalla moneta unica, perché il mondo è in mano agli investitori e quando togli ad uno stato la sua moneta, l’investitore va da colui che risulta essere lo stato egemone. I tedeschi sapevano che gli investitori sarebbero poi corsi subito per la sicurezza della Germania penalizzando l’Italia.
Theo Waigel tira dentro l’Italia al disegno dell’Eurozona, con la complicità dei politici italiani e si realizza quello che poi è successo, è stata la Germania che ha voluto distruggere l’economia italiana, oltre ad avvantaggiarsi del fatto che insieme all’economia italiana si è data una botta al sud Europa con la Grecia che si era indebitata fino all’impossibile per comprare i prodotti tedeschi dopo aver fatto la fortuna della Germania, la Grecia diventava un paese povero, la Spagna stessa cosa. Quindi questo è stato il disegno, noi ci siamo cascati dentro con la complicità politica criminale di una serie di politici italiani e tecnocrati, a questo punto l’idea è che se vogliamo salvare questo paese, dobbiamo sottrarci al disegno dell’eurozona, se non addirittura all’Europa.
Fine Parte 1 , continua
Ettore Bertolini - Agenzia Stampa Italia