(ASI ) Capaci (Pa) – Mi metto a scrivere questo “pezzo” sulla Strage di Capaci, di cui oggi ricorre il 25° anniversario, dopo aver visto in televisione per l'ennesima volta il film Braveheart di Mel Gibson.
Questo film, non poteva essere più sentito il giorno della commemorazione della “Strage di Capaci”, in cui il 23 maggio 1992, perirono, in un attentato messo in atto da “Cosa Nostra”, presso lo svincolo A29 di Capaci nel territorio comunale di Isola delle Femmine a pochi chilometri da Palermo, il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della sua scorta.
All'uccisione di Falcone, seguì poco dopo ( il 19 luglio 1992), quella dell'amico e collega del pool antimafia Paolo Borsellino, assassinato nel capoluogo siciliano con cinque agenti della sua scorta nella “Strage di Via d'Amelio”.
Senza entrare in ulteriori dettagli della storia sia del film, sia della strage mafiosa, c'è da fare alcune considerazioni.
Nel film Mel Gibosn, interpreta William Wallace, lo storico eroe nazionale scozzese, realmente esistito, che combatte a cavallo fra il XIII e il XIV secolo per l'indipendenza del Regno di Scozia dal Regno d'Inghilterra.
William Wallace è un simbolo dell'indipendenza e della libertà del suo popolo, un eroe coraggioso e romantico su cui vennero scritti e tramandati tanti racconti leggendari che alla fine, come ben rappresentato dallo stesso film di Hollywood, resta vittima della trappola ordita dagli stessi nobili scozzesi per la cui corona reale combatteva.
Essi, lo nominarono cavaliere per la grande influenza che aveva sul popolo, ma, in realtà, bramosi soltanto di conservare e ingrandire il proprio potere territoriale ed economico personale e famigliare, vedevano in lui un ostacolo ai loro intrallazzi che avevano con la stessa Corona Inglese da cui pretendevano non la reale indipendenza, ma soltanto di avere maggiore potere ed influenza nel nuovo regno unito che i britannici volevano creare.
Anche Falcone e Borsellino, erano osannati dalla stampa e dalle televisioni, premiati e omaggiati dai superiori che ne lodavano le qualità quali l'abnegazione per il servizio e la serietà nella lotta alla Mafia.
Ma, questa stessa solerzia nel dovere di questi due uomini di Stato che li portava ad essere considerati dal popolo degli eroi (poiché vedeva in loro la “mano presente” di uno Stato “amico” e “protettivo” che oggi sembra latitare sempre più), rendeva i due magistrati, secondo il risultato di certe indagini, di ostacolo ai rapporti esistenti tra Stato e Mafia, a volte piuttosto evidenti in regioni dove organizzazioni malavitose come “Cosa Nostra” avevano forte influenza sociale sulle masse.
Così, in quel 1992, in cui si sfaldava il potere politico della Prima Repubblica con Tangentopoli e iniziava la crisi fino ad oggi irreversibile dello Stato Italiano, ci furono le uccisioni, prima di Falcone e poi di Borsellino che diedero un segnale forte del ritorno in auge del potere mafioso in Sicilia e segnarono finanche l'elezione a camere riunite del nuovo Presidente della Repubblica con l'ascesa al Quirinale del Magistrato Oscar Luigi Scalfaro, anziché di Giulio Andreotti che era considerato inizialmente uno dei candidati più accreditati.
Insomma, passano i secoli, cambiano le situazioni e le circostanze, si passa dalla storia antica alla contemporaneità e dalla finzione cinematografica, fino ad arrivare alla cronaca nera italiana, ma la sostanza non cambia: gli eroi sono amati dal popolo, ma paradossalmente avversati da chi fa parte dello stesso potere statale per cui l'eroe idealmente lotta che si dimostra ben lontano dalle esigenze del popolo.
Solo l'estremo sacrificio dell'eroe nella sua lotta (in Braveheart, per la libertà del popolo scozzese dall'invasore inglese, mentre nella cronaca italiana, per la libertà dei cittadini dalla malavita organizzata) fanno entrare l'eroe nella leggenda: Falcone come William Wallace e tanti altri.
Qui di seguito, mi congedo dal lettore col discorso preparato da Paolo Borsellino per la morte di Giovanni Falcone: “Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello...quelle che sognano di sciogliere i ghiacciaci del Polo con un fiammifero...ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c'è il più testa di minchia di tutti...Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”.
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia