(ASI) Per le grandi esclusive di Agenzia Stampa Italia abbiamo avuto l’onore ed il piacere di intervistare Sua Eccellenza Mai Alkaila, ambasciatrice palestinese nel nostro Paese.
Come di consueto molti i temi trattati, anche se questa volta abbiamo preferito dare spazio alla situazione interna ai territori palestinesi togliendone ai rapporti tra le due parti. Molto toccanti le immagini descritte dalla rappresentante diplomatica che ci ha confermato una situazione sempre più drammatica con bambini costretti a vivere a stretto contatto con i bombardamenti e gli spari delle truppe israeliane, senza contare la totale mancanza di autonomia della Palestina. Perfino il Presidente Mahmud Abbas e gli stessi ambasciatori per poter svolgere il loro lavoro fuori dalla Palestina devono ottenere il permesso dalle autorità israeliane per poter varcare i confini.
1. La risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata il 29 novembre 2012 per la concessione dello status di osservatore permanente, come Stato non membro, allo Stato di Palestina. Quanto è ancora lungo l'iter per il definitivo riconoscimento? E soprattutto c’è qualche forza esterna che impedisce questo?
Prima di tutto vorrei ringraziare tutti gli Stati che hanno votato in favore della Palestina nel 2012, anche l’Italia, che è nostra amica, e che ha votato per il nostro riconoscimento. Lo scorso anno siamo andati al Consiglio di sicurezza e ci torneremo per avere un completo riconoscimento da parte dell’Onu. Non siamo stati i primi ad essersi presentati al Consiglio di sicurezza e a venire poi bocciati, molti prima di noi sono stati respinti decine di volte. Noi continueremo a presentarci per avere il nostro riconoscimento. Nel 2012 in nostro favore hanno votato 138 paesi su 194. Ora ci sono vari Paesi europei che stanno riconoscendo la Palestina e speriamo voteranno in nostro favore. Siamo stati riconosciuti dall’Ue, dalla Gran Bretagna, dal Belgio, dal Lussemburgo ed altri. Ora stiamo aspettando l’Italia. È nostro auspicio che il parlamento italiano voti in favore del nostro riconoscimento per dare un senso di giustizia verso la Palestina. Noi vorremmo che già domani arrivasse il riconoscimento dell’Onu, ma ci sono molti ostacoli. Speriamo di superarli presto e dare al popolo palestinese quella giustizia che manca dopo tanti anni di guerre ed ingiustizie ed arrivare alla pace. Basta sofferenze per il popolo palestinese, anche davanti a tutto ciò che sta facendo Israele: distruzione di case, insediamenti, confische delle terre, uccisioni. È ora di dire basta per arrivare alla pace.
2. Il presidente palestinese Abu Mazen ha firmato lo statuto di Roma per aderire alla Corte penale internazionale (Cpi). A questo proposito a che punto è l'iter della vostra denuncia presso la corte penale internazionale che intende far riconoscere Israele colpevole di genocidio e di crimini contro l'umanità per i recenti attacchi effettuati nella Striscia Gaza?
È diritto di tutti gli Stati firmare un trattato internazionale. Noi stiamo parlando di diritto internazionale, di diritti umani. La stessa Costituzione della Corte penale internazionale è per salvaguardare i diritti umani. Non è una vergogna aver aderito, lo abbiamo fatto come tutti gli altri per difendere i nostri cittadini, con la nostra adesione vogliamo ribadire che siamo anche noi sottoposti al diritto internazionale. Israele ha commesso tanti crimini e la nostra speranza è che la stessa comunità internazionale si muovesse anche per giudicare il comportamento di Israele, ma la comunità internazionale è rimasta ferma di fronte ai massacri compiuti a Gaza; si è limitata a condannare da lontano quei fatti e questo non può bastare. La nostra intenzione, lo ribadiamo, non è avere contenziosi giudiziari con Israele, noi vogliamo vivere in pace secondo il diritto internazionale. Il nostro scopo è la pace.
3. Le primavere arabe hanno arrecato danno o beneficio alla causa palestinese?
Quando sono iniziate e le hanno dato questo nome noi volevamo davvero che fossero una primavera araba, ma sono state egemonizzate da alcune forze che sono contrarie a queste. I giovani che hanno iniziato questo processo non sono riusciti a raggiungere la democrazia, la libertà e la dignità che sognavano. Sicuramente la primavera araba, anche se ancora non è finita, non era a favore della Palestina. Secondo molti analisti e giornalisti arabi oggi la Palestina, nonostante l’occupazione, è il Paese più sicuro tra quelli arabi e posso assicurare che il presidente Mahmud Abbas ha suonato la campana della primavera araba palestinese all’Onu quando è andato nel 2012 ed ha chiesto il riconoscimento dello Stato palestine. Questa è la primavera che riguarda i palestinesi e la comunità internazionale.
4. Tra muro di Gaza e insediamenti ebraici sul vostro territorio oggi i palestinesi vivono una situazione molto difficile, in pratica sono quasi ostaggi in casa loro. Quando potremo iniziare a parlare di Palestina libera e non più di Palestina occupata?
Vi ringrazio per questa domanda perché dimostrate di conoscere molto bene la nostra realtà. Ora la Palestina è sotto occupazione diremmo che sarà libera in due casi: quando Israele si ritirerà dai territori occupati nel 1967 ovvero Gaza e Cisgiordania e quando avremo la nostra sovranità. Vi dico solo che il presidente Abbas deve chiedere il permesso a Israele per uscire, come noi ambasciatori e come qualsiasi cittadino. Quando avremo il diritto di amministrare le ricchezze naturali della nostra terra. Quando avremo un riconoscimento anche morale da parte delle Nazioni unite, allora forse l’Onu potrà obbligare Israele a rispettare le risoluzioni in nostro favore.
Io sono nata sotto l’occupazione, sono cresciuta sotto l’occupazione, diventata grande sotto l’occupazione e non ho visto mai un solo giorno di libertà. Voglio che le nuove generazioni possano finalmente vivere in libertà come tutti gli altri i popoli
5. Alcuni politici italiani hanno un sogno: vedere Israele nell’Unione europea. Voi avete mai pensate di chiedere a Bruxelles di aderire alla Ue?
Noi siamo pronti ad aderire a tutte le organizzazioni internazionali perché questo ci aiuta anche nello scambio di esperienze e culturali, ad essere presenti ovunque e questa è la nostra speranza perché siamo amanti della libertà della democrazia, pronti ad aprirci alle diversità del mondo.
Fine prima parte, segue
Ettore Bertolini - Fabrizio Di Ernesto e foto di Natsuko Moritake - Agenzia Stampa Italia