(ASI) E’ assai probabile che Catuscia Marini, la presidente della Regione Umbria, da qualche settimana, la notte, non riesca a chiuder occhio, perché rimugina, ininterrottamente, sulle magie del suo assessore al Bilancio ed al Personale, Franco Tomassoni.
La prima scossa alla tranquillità della Marini, e alla solidità della sua maggioranza, l’assessore l’ha data qualche giorno fa quando si è inventato - tra il grottesco ed il bizzarro - la “rotazione” dei direttori (vedi articolo a fianco) che a tutti è parso solo uno sgangherato
restyling che, in pratica, ha lasciato (peggiorandole) le cose come stavano, salvo far capire a tutti che le idee geniali di Tomassoni, nascondono (piuttosto male) un rustico regolamento di conti tra le anime diverse del Pd e tra poteri forti e poteri meno forti (o deboli, se preferite) le cui gravi conseguenze, per gli umbri e la giunta, sono ancora tutte da valutare. Ma non contento di ciò, Tomassoni si è ricordato che, appena eletto, aveva promesso, oltre alla “rotazione”, anche robusti risparmi. Tutti si sarebbero aspettati una drastica riduzione del suo stipendio da nababbo, 7.000 euro netti al mese che incassa ormai da sei anni: un’esagerazione; se poi è rapportato al lavoro che ha svolto, e ai danni che provoca, è poco meno di… una provocazione. Forse si è reso conto di questo, se in poche settimane ha inferto un’accelerazione straordinaria alla sua attività amministrativa, e così, dopo la suddetta “rotazione”, ha puntato deciso verso i risparmi. E qui è stato sublime. Si è superato. Ha sorpassato - pensate - anche il Tomassoni della rotazione. E non era un’impresa affatto facile.
Andato in pensione Di Loreto, come direttore della sanità, ha fatto venire Duca che si occupava di sanità a Città di Castello, e poiché il neo direttore non conosce quasi nessuno al ministero e come sia possibile ottenere più risorse per un settore assetato di soldi, l’assessore non ha trovato di meglio che “riassumere” con un contratto biennale (circa 120.000 euro l’anno) l’ex direttore, il solito Di Loreto, che dieci giorni prima era andato in pensione. Così al posto di uno ci sono - sempre per risparmiare - di fatto, due direttori. Riepilogando: prima c’erano sette direttori, adesso ci sono tre direttori e sei coordinatori. Queste rivoluzioni, che vanta solo l’Umbria, è comprensibile che tolgano il sonno alla presidente Marini. E per due ragioni. La prima è che c’è il rischio, concreto, di perdere l’assessore. Il suo braccio destro, e tutti capiscono che sarebbe un guaio serio. Già circola voce che la notizia sia giunta agli Agnelli ed a Sergio Marchionni che vorrebbero proporre a Tomassoni un sontuoso contratto da manager, rientrando, una “rotazione”, anche nei programmi del gruppo Fiat-Chrysler. E come la sa fare Tomassoni non la saprebbe fare nessuno. Il quale forte, anzi fortissimo, dell’esperienza umbra, rivolterebbe il gruppo automobilistico come un calzino. Ci sarebbe solo un problema in quale ufficio sistemarlo: di qua o di là dell’Atlantico? Però, alla fine, poco importa, con una rotazione di questo spessore e con i prodotti conseguenti di notevole livello, il gruppo, finalmente, potrebbe decollare e battere facilmente la concorrenza.
La presidente Marini, intanto, sarebbe costretta a pensare anche alla minoranza, che, in verità, si agita poco e, comunque, stranamente, sempre per cose di poco conto, e che non si accorge mai di niente; ma non è detto, potrebbe all’improvviso svegliarsi dal letargo e rendersi conto che qualcosa non quadra, anzi più d’una. E se ne potrebbe anche accorgere, l’opinione pubblica che paga (e vota) quasi sempre in silenzio. C’è, però, un dubbio che ci assilla: siamo sicuri che le stravaganze di Tomassoni siano solo sue, e abbiano solo un padre?
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