Lettera aperta all’On. Angelino Alfano
Segretario nazionale del PdL
Gent.mo Segretario,
Quale Consigliere Comunale al Comune di Perugia, Le comunico di autosospendermi dal Partito, dando nel contempo le dimissioni dal Gruppo Consiliare, dopo 12 anni trascorsi in questa compagine elettiva.
E’ con tanta amarezza e forte delusione che giungo a tale decisione, per una molteplicità di ragioni, riconducibili in sintesi alla perdita di quella identità politica per la quale mi sono battuto in tutti questi anni, senza nulla chiedere, né tanto meno avere o pretendere.
Ho sostenuto ben 6 campagne elettorali: la prima nel 1996 alla Camera dei Deputati, Collegio di Perugia, riportando il 44% dei voti contro l’On. Visco; sono seguite 2 elezioni regionali perse, ma con oltre 3.000 voti; 3 Consiliature in Comune.
Il Partito non mi è stato mai molto vicino, tutt’altro; forse perché ho cercato di interpretare e rappresentare in maniera intransigente il ruolo dell’opposizione in questa città, contrastando, con tutte le forze, e spesse volte in perfetta solitudine, scelte a dir poco “scellerate”, soprattutto in materia urbanistica e di mobilità urbana.
Le cronache cittadine sono testimoni oggettivi ed attendibili.
Per una di queste aberranti vicende marcatamente speculative, un costruttore avventuriero, anni fa, mi ha denunciato per diffamazione a mezzo stampa, chiedendomi un risarcimento civile di due milioni di euro!
Fortunatamente il Giudice mi ha dato totale ragione, ma il Partito è stato in tutta quella vicenda silente, quando non apertamente ostile.
E che dire di quando la Procura regionale della Corte dei Conti mi ha voluto incaricare, quale Presidente la Commissione Controllo e Garanzia del Consiglio Comunale, dell’attività d’indagine sulle Società partecipate dell’Amministrazione? Un caso del genere, credo unico in Italia, avrebbe dovuto inorgoglire il Partito….. ma, al contrario, si è fatto di tutto per minimizzarlo e farlo passare subito nell’oblio.
Potrei continuare, ma credo possa bastare.
Per altro credo sia di tutta evidenza il problema della selezione della classe dirigente del Partito: quest’ultima, ai vari livelli e da tempo, è più presa a perpetuarsi che a rinnovarsi, mantenendo in tanti casi, una pluralità di incarichi elettivi e di partito, dimostrando, a mio modo di vedere, scarsissima attenzione alle persone e alla sensibilità degli iscritti; così si è evitato, con studiata e premeditata cura, di far emergere nuove energie vitali e di dare giusto riconoscimento al merito, alle professionalità, all’impegno, alla passione civile.
Questo profondo disagio è pienamente avvertito da tanti cittadini e da numerosi nostri elettori, che quotidianamente incontro sul territorio.
Essi ci rappresentano la lontananza crescente ed abissale che si è instaurata tra le loro speranze ed aspettative ed i riscontri contrari che, purtroppo, giornalmente ricevono dalla politica nel suo complesso.
Lo Stato nazionale ha di fatto abdicato a favore di una finta e falsa Europa, non già dei Popoli, ma della finanza speculativa.
L’Italia appare sempre più simile a quel nobile decaduto, che pur possedendo castelli diroccati e poderi abbandonati, non vende per paura di perdere il suo antico rango, ma, squattrinato e a scrocco, continua imperterrito a fare la bella vita, confidando nella buona sorte.
C’è carenza forte di liquidità e lo “spread” e l’indebitamento salgono.
Le ricette messe in campo dagli ultimi Governi per affrontare la crisi del mondo globalizzato non hanno nulla di Destra, ma non rispondono neppure ad accademiche o teoriche logiche economiche; meno che meno al comune buon senso.
Vi sono immobili pubblici, a Perugia come altrove, abbandonati da anni, che, se valorizzati urbanisticamente, con destinazioni d’uso appropriate, potrebbero essere venduti per avere buone risorse da reinvestire.
Ma non c’è alcun provvedimento concreto per dismettere questo immenso patrimonio, che, non ricevendo manutenzione alcuna, va anche in malora!!
Se vogliamo uscire dal tunnel nero della crisi, il debito pubblico lo deve “ricomprare” il popolo italiano, un po’ per volta e non sperare nei falsi ed interessati amici della finanza senza patria e senza volto, che fanno salire e scendere, a piacimento, differenziali ed interessi!!
Ed allora, perché non si pensa a pagare con titoli di Stato almeno una parte delle faraoniche buonuscite, o stipendi o pensioni, nella parte eccedente i 100.000 euro?
L’oro della Banca d’Italia, con l’entrata (purtroppo) dell’euro, a cosa serve più? Ed il tesoro di casa Savoia perché non metterlo all’asta?
Si dice: la Democrazia ha i suoi costi. Ma perché il cittadino inglese o francese spende meno della metà di noi ?
Purtroppo non c’è la volontà politica di ridurre ed accorpare, razionalizzare Enti, Municipalizzate, Aziende ospedaliere, Tribunali ed altro ancora; così come si tergiversa sul mostruoso finanziamento pubblico ai Partiti e ai Gruppi di Camera e Senato.
Di fatto la riforma dello Stato langue in mezzo al guado: per metà centralista e per metà federalista e così, in tale confusione, perché non dare in concessione almeno una parte del nostro prezioso e spesso mal gestito patrimonio artistico e culturale ad Associazioni e Fondazioni?
E’ sicuro che si risparmierebbe e almeno Pompei non crollerebbe più!!
Perché non diciamo chiaro e forte all’Europa che l’Italia vuol mantenere, sì!, le “missioni di pace” all’estero, ma che a pagarle non sia più il Popolo Italiano, al quale, contemporaneamente, si impongono esosi tributi e tasse, che deprimono ancor più l’economia nazionale?
Perché il nostro “sistema Paese” non si fa promotore della revisione urgente degli accordi sul commercio internazionale, che hanno trovato nella globalizzazione selvaggia un’arma sconvolgente per penalizzare le maggiori economie industriali dell’Occidente?
La libera concorrenza presuppone il rispetto di regole sociali condivise per remunerare il lavoro e per tutelare l’ambiente; diversamente l’Europa (se c’è) torni a salvaguardare, con determinazione e coraggio, la sua economia e le sue imprese, prima di essere totalmente sopraffatta da produzioni cinesi, indiane o brasiliane.
Nel frattempo, perché si continuano a finanziare con risorse pubbliche le aziende che delocalizzano in Paesi al di fuori della Comunità ?
Questo e tanto altro ancora ci dicono e ci chiedono i cittadini, i nostri elettori, attenti, nell’animo e nella mente, all’antico senso dello Stato!
Ma in questo Partito non c’è, soprattutto in periferia, un vero momento per dibattere, approfondire, studiare, confrontarsi sui temi di fondo che affliggono la società, le città, e, in altri termini, la nostra Patria.
Vorrei tanto sbagliare e potermi ricredere, ma, al momento, non lo credo proprio.
Per questo dico: basta così.
Perugia, 4 giugno 2012
Giorgio Corrado