(ASI) “Questa non è una riforma della Giustizia, è una riforma dell’ordinamento giudiziario con funzioni chiaramente punitive, perché l’autonomia dei pm verrà fortemente limitata”.
Lo dice il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia, in una intervista a “Il fatto quotidiano” di oggi. “Basti pensare – aggiunge - che i pm non potrebbero più agire, pena nullità, se venissero a conoscenza di una notizia di reato: dovrebbero aspettare che gliela comunichi la polizia giudiziaria, che dipende dall’esecutivo, cioè dal governo. C’è poi un altro problema: sarà il Parlamento a decidere, con una legge annuale, la priorità dei reati da perseguire. E c’è di più: il pm potrebbe cominciare ad indagare su un soggetto per poi essere costretto a fermarsi nel caso in cui il reato contestato non sia in cima alle priorità del governo. Sull’indagato rimarrebbe così una macchia indelebile, visto che non si potrebbe difendere in un processo”.
“Questa riforma – continua ancora Li Gotti - violerebbe sia l’articolo 3 che il 111 della Costituzione, cioè l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il giusto processo. Creerebbe inoltre zone franche su certe categorie di reati e un limbo di incertezza in cui cadrebbe un gran numero di indagati. Poi c’è un punto più politico: dare alla maggioranza parlamentare il potere di decidere per quale reato si può finire in galera e per quale invece no è gravissimo. Potrebbe succedere di tutto, magari si dirà che la corruzione non va più perseguita. Altro aspetto che non capisco è quello relativo alla responsabilità diretta dei magistrati. Esistono già i reati di omissione e abuso in atti d’ufficio. Ma se si parla di valutazioni, chi decide se hanno torto o meno? L’imputato? Un altro giudice? Alfano?”