Flavio Tosi: cronaca del novello Gianfranco Fini

(ASI) Verona – Personalmente, mi limito solo ad osservare i dati di fatto. Si potranno trarre i giudizi al termine della lettura dell’articolo.

Tutti conosciamo la storia politica di Gianfranco Fini, l’uomo che ha distrutto tre partiti: Il Movimento Sociale Italiano, Alleanza Nazionale e Futuro e Libertà per l’Italia. Un politico puro, che di mestiere ha fatto solo quello: una vita passata in parlamento a cambiare idea, senza licenziare alcuna legge significativa (se non mortificante per gli italiani), e a rovinare il patrimonio politico di generazioni passate.

Flavio Tosi, salito alla ribalta per le recenti “liti” interne della Lega Nord, assomiglia particolarmente al distruttore sopraccitato. Espulso dal partito, all’improvviso Tosi si scopre moderato e conservatore, proprio come Fini. Stranamente, entrambi provenivano dall’estrema destra. Forse Tosi ancora più di Fini, viste le sue militanze passate nelle curve del Verona, o i forti legami con Fiamma Tricolore, Veneto Fronte Skinhead e Progetto Nazionale. Ma andiamo con ordine. Il Sindaco di Verona, è stato condannato per le sue idee “poco moderate”, in Cassazione nel 2009. Una storia certo più recente dei legami, negli anni ’90 con altre sigle. «Propaganda di idee razziste». Con questa motivazione, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza di condanna a due mesi, con sospensione condizionale della pena, per una vicenda risalnte al 2001. Quando era consigliere regionale, l' esponente leghista aveva organizzato una raccolta di firme per sgombrare un campo nomadi abusivo in città, venendo così querelato da sette nomadi sinti e dall’Opera nazionale nomadi. La sentenza della Corte d'appello di Venezia è stata pronunciata il 20 ottobre del 2008. Già in primo grado, nel dicembre 2004, Tosi e altri cinque esponenti del Carroccio erano stati condannati a sei mesi per discriminazione razziale. Poi, il 30 gennaio del 2007, la Corte d’Appello di Venezia aveva ridotto le pene a due mesi, assolvendoli dall’accusa di odio razziale. Il verdetto,parzialmente annullato più avanti dalla Cassazione, vedeva il mantenimento però dell’assoluzione per l’ipotesi di odio razziale.

La lezione, evidentemente, gli è bastata. Ma come non ricordare il suo “astio” nei confronti dell’ex Presidente Napolitano, improvvisamente sparito (con tante scuse) nel corso degli anni?

Torniamo quindi all’anno 2007, quello della sua “elezione bulgara” (60,7%), aveva anticipato al Corriere di Verona che nel suo ufficio avrebbe sostituito la foto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l’immagine di Sandro Pertini. Vogliamo ricordare le testuali parole del politico veronese? «Da lui non mi sento rappresentato. È un comunista che è stato eletto con una vistosa forzatura delle buone regole del Parlamento. E io rappresento i cittadini italiani residenti a Verona». Eppure, come il buon Gianfranco, queste idee, durano poco. Nel 2010, ammette il Sindaco, «È cambiato il mio giudizio, lo ammetto senza problemi. A parte le mie convinzioni sul comunismo, che restano sempre identiche, quando (Napolitano, ndr) fu eletto questo capo dello Stato, mi colpì in maniera molto negativa il metodo: metà del Parlamento che si imponeva sull’altra metà. Una mossa che mi fece pensare a logiche ambigue, di forzature e quasi di dispetti. Ecco su quali emozioni era maturata la faccenda della foto. Poi ho avuto modo di valutare Napolitano alla prova dei fatti e di verificare come si sia confrontato nel tempo anche con la mia maggioranza di governo. E adesso, sì, riconosco che ha cercato sempre di mostrare equilibrio e che è davvero un arbitro imparziale. Cosa che non credevo facile, vista la sua provenienza politica». Tre anni, e i metodi bruschi e rivoluzionari, cambiano registro. Tosi pensa a diventare un “uomo di cultura”, l’uomo che “riunisca il centrodestra”, (missione riuscita solo, per il momento, a Silvio Berlusconi). Lascia le regionali venete a Luca Zaia (sebbene, secondo lui, fosse stato investito di quell’incarico, e da lì parte tutta la querelle), pensa a creare una fondazione, Ricostruiamo il Paese, animata dai “Fari”. Totalmente analogo a Gianfranco Fini, fondatore di FareFuturo, altra fondazione. Non basta. Da grande moderato, quando i suoi colleghi di partito commettono clamorosi errori, egli si scusa per primo. Correva il 04 agosto del 2013, quando si rivolgeva alla ex Mnistro Kyenge con queste parole: «Le porgo le mie scuse - ha detto - se qualcuno della mia parte politica l'ha offesa e se qualcuno non le ha fatte, fermo restando che in democrazia si possono avere idee diverse, ma il rispetto come ministro e soprattutto come persona e come donna è una cosa dovuta». Quasi Tosi non facesse parte di quel partito, ma fosse un’entità diversa, migliore, rispettabile, politicamente corretta. Ad una festa della Lega con Tosi, ci si può andare, con Calderoli o Borghezio, manco a parlarne. Il messaggio implicito, era questo.

Oltre alla cultura, bisognava pensare alle poltrone: Il sindaco conquista la presidenza dell’Autostrada Brescia - Padova. Cementando l’accordo azionisti privati, pubblici ed istituti di credito. Mettersi al sicuro, è d’uopo, anche per un ex rivoluzionario.

Fino ad arrivare ai giorni nostri, quando il dittatore Salvini lo caccia dal partito. Apparentemente, il cattivo della situazione è proprio il Segretario della Lega. A pensarci meglio, Flavio Tosi, sta solo chiedendo un risarcimento d’immagine. Egli non è più quello di prima, e poco importa se il Governatore Zaia ha governato bene in Regione Veneto 5 anni, ed è il candidato ufficiale. Il Sindaco fa saltare il banco, e minaccia di candidarsi addirittura contro il suo ex compagno di partito, a Governatore del Veneto. Magari al fianco dei moderati Passera e Alfano, oppure, proprio con il Partito Democratico. E se una certa signora Moretti (ex pupilla di Berlusconi, transfuga nel PD, a testimonianza che cambiare casacca è facilissimo) vincerà le elezioni regionali in Veneto, non sarà difficile determinare le cause della sconfitta leghista. Tosi, come Fini, ha cambiato idee. E sia. Ma al futuro dei cittadini, chi ci pensa?

Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

 

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