Si liquida la questione sulla proprietà dell'Istituto di via Nazionale richiamandosi alla dicitura "Istituto di diritto pubblico" per dire che questa è un'Istituzione Pubblica come la Camera dei Deputati, come l'INPS, come il Comune di Roma ecc.., ma in realtà, così come è riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico, è a tutti gli effetti una società privata investita di una pubblica funzione: esercita il servizio di tesoreria per lo Stato, si occupa (oggi di concerto con le politiche della BCE) dell'emissione della carta-moneta, è autorità di vigilanza sugli istituti di credito italiani, si occupa di piazzare sul mercato attraverso intermediari da lei riconosciuti e autorizzati i titoli di Stato, ovvero le cambiali sottoscritte dal Ministero del Tesoro per ottenere moneta in prestito.
E' chiaro ed evidente che queste siano funzioni "pubbliche", ovvero riguardanti l'intera collettività, ed è per queste funzioni speciali che nel 1936 Mussolini emanò la legge bancaria che riconosceva a Bankitalia il rango di "Istituto di diritto pubblico", anche perché il Duce con la stessa legge aveva nazionalizzato tutte le banche azioniste. Come ricorda il buon Walter Tocci, solo nel '93 con le privatizzazioni operate da Giuliano Amato e Mario Draghi (che all'epoca di tangentopoli era direttore del Ministero del Tesoro) le banche furono cedute ai privati e con loro la "nostra" Banca Centrale. Con il decreto Letta-Alfano-Saccomanni si è invece voluto cancellare la legge 262/2005 voluta da Tremonti e Berlusconi che voleva, udite bene le parole dell'Unità, "statalizzare" Bankitalia. A casa mia, caro Angelo De Mattia, statalizzare significa un’altra cosa”. Statalizzare significa rendere qualcosa di proprietà dei cittadini, ovvero rendere pubblico qualcosa che evidentemente non lo è”.
E’ quanto dichiara l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Marco Scurria in risposta all'articolo di Angelo De Mattia pubblicato sull'Unità in merito alla privatizzazione di Bankitalia.
“Ma andiamo alla spinosa questione dei 7,5 Miliardi che secondo il giornalista de L'Unità non rappresentano un regalo alle banche azioniste. Immaginate se il Governo emanasse un decreto urgente per stabilire che il valore della vostra casa non sia di 200.000 € ma di 8 MILIARDI di Euro. In forza di legge voi vi trovereste con un patrimonio che prima non avevate. Il Governo ha poi stabilito che gli azionisti possano detenere al massimo il 5% delle quote, inducendo chi ha più del 5% a vendere le quote in eccesso: Intesa San Paolo, Unicredit, Assicurazioni Generali e altri potranno piazzare sul mercato le quote iper-rivalutate dal Governo. Incasseranno molti, molti soldi che prima non avevano. Grazie alla legge sciagurata, gli azionisti hanno fatto festa ed hanno immediatamente iscritto nel loro bilancio dei valori monetari che prima nemmeno esistevano: Letta, Alfano e Saccomanni hanno di fatto creato moneta e l'hanno messa nelle tasche degli anonimi proprietari delle banche. Non a caso questa manovra ha mandato su tutte le furie la Bundesbank.
E il bello è che quei soldi, se fosse stata attuata l'odiata legge 262/2005 sarebbero dovuti andare nelle tasche dello Stato, ovvero dei cittadini. La cosa ignobile è che si è giustificata quest'operazione ai nostri danni con il contentino-ricatto dell'IMU, la cui copertura deriva dalla tassazione sulla rivalutazione delle quote: anziché prenderci quello che ci aspettava ci siamo dovuti accontentare delle briciole. Credo che il giornalista di partito debba rivedere il suo concetto di "pubblico", così come tutto il PD, perché da qualche tempo hanno scambiato le banche con lo Stato e lo Stato con le banche. Con buona pace di Marx”.
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