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(ASI) Medico e docente universitario, Raffaele Salinari è autore di un interessante libello - Stalin in Italia ovvero "Bepi del giasso" - che racconta una storia molto particolare, passata quasi inosservata ai più. E' la storia di Koba, un georgiano che noi conosciamo come Stalin, per un trentennio despota russo, ma che nel 1907 avrebbe trascorso un po' di tempo in Italia, mentre cercava di raggiungere Lenin in Svizzera.

Dottor Salinari chi era Koba?

Come le dicevo un giovane georgiano, esponente dell'ala bolscevia del partito socialdemocratico russo.

E che ci faceva in Italia?

Koba/Stalin era arrivato ad Ancona nel 1907, su un bastimento proveniente dal Mar Ner. Era in viaggio per la Svizzera, dov'era Lenin.

Lo ricercavano per le sue idee politiche?

Non solo. Sbarcò ad Ancona in Gennaio per poi arrivare nella Confederazione dove avrebbe discusso i particolari di una rapina di autofinanziamento con Lenin.

Era un brigante?

Vede, il partito socialdemocratico aveva proibito ai suoi membri di ricorrere all'illegalità per finanziare l'attività politica. Stalin aveva bisogno di soldi per la componente bolscevica e ricorse alle rapine. E così fu. Alcuni mesi dopo, tornato in Russia, assalta un porta valori.

Perché passò proprio dall'Italia e non dall'Europa centrale, ad esempio?

In altre occasioni Koba se l'era data a gambe in Europa passando per i paesi baltici. Le autorità ne erano a conoscenza e, pertanto, avrebbero potuto tendergli una trappola. Conscio che le vie di fuga precedenti potevano essere “bruciate”, Stalin beffò tutti salendo a bordo di una nave diretta in Italia, lasciando sola anche la moglie incinta.Sbarcò ad Ancona, ma passò anche da Venezia: qui fu anche campanaro al Convento di San Lazzaro. Ho visitato quel convento e la storia non è nuova; senza contare poi che i partigiani veneti sentivano spesso raccontare dai comunisti più anziani di Bepi il Giasso, Giuseppe venuto dal freddo.

E Stalin portiere?

Anni fa, recandomi nell'albergo “Roma e Pace” di Ancona (chiuso da circa un anno, nda), notai in una cornice una vecchia pagina del Candido di Giovannino Guareschi, del 1957. L'articolo era dedicato ad una presunta permanenza di Stalin nell'hotel come portiere.Informandomi meglio sulla cosa scoprii che l'anziano consierge Paolo Pallotta aveva raccontato a lungo di quell'incontro del 1907 con colui che, di lì a due decenni, sarebbe diventato leader dell'URSS.

Mi diceva anche di Corto Maltese...

Sì. Ne “La casa dorata di Samarcanda” (1996) Corto Maltese chiede ai bolscevichi di parlare al telefono con Stalin. Deve salvare la vita sua e quella di Rasputin, l'amico tenuto prigioniero. Iosif Djugasvili alza la cornetta e ricorda col marinaio i tempi in cui si conobbero “in quell'albergo di Ancona. Era tanto tempo fa, in quel lontano 1907”. Hugo Pratt, nel realizzare le sue tavole, si affidava ad un consulente storico particolarmente in gamba che lo “riforniva” di argomenti decisamente poco noti alla maggior parte del pubblico.

La sua è stata una ricerca difficile?

Ogni ricerca lo è. Certamente le informazioni sul viaggio italiano di Josif Stalin sono davvero poche, anche perché il futuro dittatore fu molto abile a cancellare parte del suo passato, arrivando anche ad eliminare dalle emeroteche titoli e pezzi giornalistici sulla sua storia personale.

Mi diceva di essere giunto fino a Mosca...

E' esatto. Amici storici russi mi hanno aiutato a studiare documenti declassificati del KGB inerenti al dittatore sovietico. Una fortuna per me accedere ad un così grande patrimonio documentale.

Qual'è il suo giudizio sul personaggio?

Beh il giudizio umano non è proprio esaltante: si è trattato di un tiranno che ha commesso numerosi crimini. Non va dimenticato però che, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, seppe gestire bene una situazione disperata. Fu severo, spietato, duro, impose grandi sacrifici al popolo sovietico, ma riuscì a vincere i nazisti facendo marciare l'Armata Rossa fino a Berlino.

Marco Petrelli – Agenzia Stampa Italia


 

 

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