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Confcommercio Provincia Perugia. Le banche penalizzano i giovani imprenditori

 

Giovani e aspiranti imprenditori? Storia esemplare dell’impossibilità di trovare credito per chi vuol fare impresa.

Un problema grave, confermato dagli ultimi dati dell’Osservatorio Credito Confcommercio sulle giovani imprese

(ASI) Perugia - Mettete un giovane under 30 umbro che – forte della competenza maturata come giocatore di calcetto ai massimi livelli – dopo una esperienza come lavoratore dipendente decide di avviare una attività commerciale di vendita di scarpe e abbigliamento per squadre di calcio.

Con la prospettiva  certa di una buona clientela, grazie alle tante conoscenze maturate nel tempo.

Mettete che il ragazzo trovi il locale  giusto, ad un prezzo abbordabile, in una zona di Perugia commercialmente interessante, e che versi la caparra. Aggiungete il fatto che, nel contempo, il giovane in questione – dopo aver sentito parlare delle opportunità offerte dal bando della Regione sul microcredito – si rivolge alla Confcommercio della provincia di Perugia che lo supporta nella predisposizione della domanda e dei documenti per accedere a questo beneficio. Anche grazie all’originalità dell’idea e al target particolare, il suo progetto viene ammesso a contributo, per un importo di quasi 10 mila euro, rimborsabili all’1,5% di interesse, a fronte di un investimento complessivo che si aggira sui 14/15 mila euro.

Bene, benissimo, ci avviciniamo all’happy end! Sbagliato! Perché al ragazzo pieno di entusiasmo mancano quei 4-5 mila euro che, aggiunti al contributo di Sviluppumbria, gli consentirebbero di partire. Non chiede neppure un mutuo, gli basta un fido. E, come ovvio, lo va a cercare presso le banche. E ci va, badate bene, armato della bella letterina in cui viene indicato come beneficiario del finanziamento pubblico. Ma gira una banca oggi, gira una banca domani, in una decina di giorni ne mette in fila ben 10 – locali, nazionali, grandi, medie piccole - e porta a casa 10 NO, NIET, NON SE NE PARLA, NON POSSIAMO, CI DISPIACE, NON E’ COLPA NOSTRA, MA E’ NO….

10 porte chiuse, 10  frustate alla voglia di questo giovane, che chiede  “l’iperbolica” cifra di ben 4-5 mila euro, che vorrebbe un contributo minimo per avviare la sua attività! E a forza di collezionare NO, l’aspirante giovane imprenditore si abbatte talmente che smette di aspirare, e non ha neppure la forza di chiedere aiuto alla associazione di categoria per avere un supporto. Decide di mollare, di abbandonare l’idea imprenditoriale: al danno si aggiunge la beffa, perché nel frattempo perde anche i soldi versati per la caparra del locale in cui avrebbe dovuto aprire il negozio.

“Abbiamo voluto raccontare questa vicenda – sottolinea Chiara Pucciarini – presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Confcommercio Umbria – perché è esemplare di quelle che sono le difficoltà abnormi che un aspirante imprenditore affronta nel rapporto col mondo del credito. Non è ammissibile che una banca non conceda 4-5 mila euro di fido o mutuo a fronte di una idea imprenditoriale più che valida. Non è accettabile che venga frustrata in questo modo l’iniziativa privata, che, nonostante il difficilissimo contesto continua ad esserci: solo sul bando microcredito sono arrivate  una ottantina di domande, di cui 60 ammesse e una trentina finanziate. Uno sforzo troppo spesso vanificato per la rigidità del sistema creditizio. E la situazione non è migliore per chi un’ impresa già ce l’ha”.

A confermare questa drammatica realtà i dati dell’Osservatorio Credito Confcommercio – Imprese Giovani: nel primo trimestre 2013 il 56% delle imprese under 36 sono riuscite con difficoltà  a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario (a fronte del 50% della generalità delle imprese) e il 17% non c’è riuscito per niente.

Le imprese sono inoltre sempre più sfiduciate:  rispetto a quanto rilevato nell'ultimo periodo del 2012, nel primo trimestre 2013 è diminuita la percentuale delle imprese giovani che si sono rivolte alle banche per chiedere un finanziamento, un fido o la rinegoziazione di questo, o di un finanziamento esistente (10,5% contro 13,8%).

Il valore rilevato è, inoltre, più basso rispetto alla media nazionale delle imprese del terziario (10,5% contro 11,5%).

Nell'ambito delle imprese giovani che si sono rivolte al sistema bancario per ottenere credito, il 26% lo ha ottenuto con un ammontare pari o superiore rispetto a quello richiesto, contro il 27,5% fatto registrare nei tre mesi precedenti. E' importante ricordare che la media nazionale delle imprese del terziario si attesta su valori pari al 29,6%.

Contemporaneamente, le imprese giovani del terziario che si sono viste accordare un credito per un importo inferiore rispetto a quello richiesto (31,0%) o che non se lo sono viste accordare affatto (21%) sono state il 52%, contro il 48,6% dell'ultimo trimestre del 2012. La media nazionale si attesta su valori pari al 44,3%.

Peggiorano, rispetto a quanto registrato nel trimestre precedente, anche i giudizi delle imprese giovani circa la situazione dei tassi di interesse applicati dalle banche: le imprese che hanno affermato che la situazione è migliorata sono il 3,2%, quelle che ritengono che la situazione sia rimasta invariata sono il 47,0%, mentre le imprese che riscontrano un peggioramento sono il 49,8%. La percezione appare maggiormente negativa rispetto a quanto registrato presso il totale delle imprese del terziario (-46,6 contro -44,4).

Analogamente peggiorano, rispetto a quanto registrato nel trimestre precedente, i giudizi delle imprese giovani circa le altre condizioni applicate dalle banche: nessuna impresa del campione ha affermato che la situazione è migliorata. Le imprese che ritengono che la situazione sia rimasta invariata sono il 46,1%, mentre le imprese che riscontrano un peggioramento sono il 53,9.

Anche rispetto ai costi bancari nei primi mesi del 2013 la situazione è risultata in peggioramento rispetto a quella registrata nei tre mesi precedenti (-56,8 contro -52,2) e rispetto a quella registrata presso le imprese del terziario a livello nazionale (-56,8 contro -47,0).

“Il quadro che emerge da questa indagine – conclude Chiara Pucciarini – è veramente sconfortante.  Il sistema creditizio si giustifica adducendo la difficile situazione, ma a pagare il conto sono  sempre le imprese e i cittadini. Le banche  non possono essere imprese private quando c’è da spartirsi gli utili e per converso pretendere la socializzazione delle perdite. Ai giovani imprenditori diciamo comunque di non mollare e di rivolgersi sempre per avere sostegno alle associazioni di categoria, che possono dare voce alle loro storie e farne un motivo di battaglia”.

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