(ASI) Dopo la questione Imu, l'intesa della nuova maggioranza torna a vacillare. Ed è in tema riforme che, questa volta, i nuovi equilibri parlamentari sembrano cozzare.
Al centro della discussione vi sarebbe la candidatura di Silvio Berlusconi alla così detta Convenzione, l'organismo annunciato dal premier Letta per iniziare il percorso di riforme istituzionali.
La Convenzione. "Il Parlamento dovrebbe adottare decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica". Sono le parole alla Camera del Primo Ministro, Enrico Letta, annunciando il progetto politico e le sue eventuali dimissioni in caso di fallimento entro 18 mesi.
Lo scopo principale della Convenzione sarà di apportare modifiche all'attuale legge elettorale definita 'Porcellum', il superamento del Bicameralismo paritario e l'abolizione delle Province.
Le polemiche. Al centro delle discussione vi sarebbe la candidatura di Silvio Berlusconi come presidente della Convenzione: un'ipotesi che ha acceso diverse contestazioni da parte dell'ala di centrosinistra della maggioranza.Tra i primi a bocciare la candidatura del Cavaliere è stato il vice-ministro all'Economia,
Stefano Fassina. Secondo il deputato del Pd, la figura di Berlusconi non sarebbe indicata a garantire tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Una posizione, questa, condivisa anche dal sindaco di Firenze,
Matteo Renzi, secondo cui "sarebbe inaudito pensare di incaricare Berlusconi al ruolo di padre costituente. Un conto- afferma il sindaco- è fare un governo con il Pdl perchè non ci sono alternative, altro è dare la Convenzione a Berlusconi".
Decisa la posizione di
Luciano Violante in un'intervista a
Il Messaggero. Per il docente e politico italiano sarebbe "opportuno che la Convenzione sia fuori dal Parlamento e quindi meno esposta alla conflittualità tra i partiti". Anteponendo questa posizione di fronte all'ipotesi del Cavaliere come futuro presidente, Violante afferma: "Anche il ministro delle riforme è del Pdl. E' bene che non ci siano esponenti dello stesso partito nel governo e alla guida della Convenzione''.
Le reazione del Pdl. Sono proprio le parole di Violante a far intervenire il senatore del Pdl,
Fabrizo Cicchito. Pur ribadendo la ferma volontà di formare la Convenzione,
Cicchitto puntualizza a riguardo: "E' sbagliato esercitare preclusioni ad personam. Non condividiamo alcune osservazioni del Presidente Violante. In primo luogo la Convenzione per essere politicamente incisiva e significativa deve essere composta in larga parte da parlamentari, altrimenti rischia di risolversi in un esercizio accademico. In secondo luogo- continua il senatore- la sua presidenza deve essere attribuita ad una personalità autorevole del centrodestra, anche perché tutte le cariche di rilievo politico istituzionale sono state ricoperte da esponenti della sinistra e addirittura, per quello che riguarda la presidenza della Camera, da un esponente della formazione di sinistra".
“Renzi non dà nessuna spiegazione logica e motivata ma interpreta un preconcetto anti-berlusconiano duro a morire". Sono le parole, invece, dell’esponente del Pdl,
Enrico Pianetta, in risposta all'uscita di Renzi circa l'incadidabilità di Berlusconi alla Convenzione. "Evidentemente- conclude- è mosso da tatticismi e dalla esigenza di riposizionarsi all’interno di quel che resta dell’arcipelago del Pd dopo l’avvento di Letta a Palazzo Chigi”.
Alessandro Bulletti - Agenzia Stampa Italia