(ASI) Kyiv – Una visita storica. Per la prima volta in quindici anni, il presidente degli Stati Uniti si reca personalmente in un territorio in aperto conflitto. Non avendo il controllo dello spazio aereo, è costretto a spostarsi a lungo in treno.
Il viaggio a sorpresa di Joe Biden in Ucraina sta tutto in un gesto eloquente. È l’abbraccio commosso con cui il 20 febbraio Volodymir Zelensky, accompagnato dalla consorte Olena Zelenska, lo accoglie nella capitale.
“È stata una conversazione che avvicina il nostro successo comune. Possiamo e dobbiamo fare in modo che questo diventi l'anno della vittoria” ha esclamato il presidente della Repubblica a margine del colloquio con il capo della Casa Bianca.
Un termine, “vittoria”, ricorso spesso durante l’incontro. È risuonata sovente anche un’altra parola, “insieme”. A ben vedere, è racchiuso in queste due espressioni il discorso pronunciato da Zelensky per l’occasione.
Sulla falsa riga di quanto più volte ribadito ai colleghi europei, il presidente ha tenuto a sottolineare che la battaglia deve essere vinta di comune accordo. L’Ucraina, a suo parere, non sta combattendo solo per se stessa. Sta difendendo con il sangue le regole pacifiche del diritto internazionale. Quella in atto è una guerra fra “il mondo democratico” e “uno Stato terrorista”.
“Il nostro Paese si sta battendo per la libertà degli europei e dei popoli liberi” ha sentenziato. Zelensky ha chiesto a Washington un maggiore impegno per far cessare “questa guerra criminale e ingiustificata”. L’obiettivo ultimo è la liberazione dell’intero territorio ucraino nonché l’ottenimento di “solide garanzie di sicurezza a lungo termine”.
Per raggiungere lo scopo il presidente è tornato, in primo luogo, sulla controversa questione degli armamenti. In particolare – rivelando evidenti aspirazioni offensive – ha spinto affinché la Casa Bianca fornisca finalmente armi a lungo raggio.
In secondo luogo, ha incoraggiato a inasprire l’attuale regime sanzionatorio nei confronti di Mosca. Indebolire ulteriormente l’apparato bellicoso di Vladimir Putin è visto da Kyiv come uno strumento prezioso per ripristinare la piena operatività della Carta delle Nazioni Unite e, con essa, salvaguardare un equilibrio internazionale costruito sulla sicurezza e sul rispetto incondizionato di norme condivise.
Per Zelensky, inoltre, ogni progetto sull’avvenire è vano se disgiunto da un meticoloso meccanismo di accertamento delle responsabilità. “L'invasore deve essere chiamato a rispondere del crimine di aggressione e a risarcire i danni inflitti alla popolazione” ha affermato. Da tempo, ormai, l’Ucraina va insistendo sulla necessità di istituire un tribunale speciale internazionale che metta sotto processo Putin e la sua ossequiosa catena di comando.
Biden, dal canto suo, ha reiterato “l’impegno incrollabile e incondizionato a favore della democrazia, della sovranità, dell'integrità territoriale dell'Ucraina”. A un anno dal fatidico 24 febbraio 2022, il capo della Casa Bianca non ha dubbi: “Quella notte buia il mondo si stava preparando alla caduta di Kyiv. Un anno dopo Kyiv è in piedi. L'Ucraina è in piedi. La democrazia è in piedi. L'America è con voi, il mondo è con voi”.
Il Democratico ha concordato sul fatto che “la più grande guerra recente in Europa” incarna una “minaccia concreta per tutti”. Ha elogiato l’atteggiamento dei soldati, dei semplici cittadini, eroicamente e instancabilmente concentrati a preservare il valore pregiato della libertà: “Gli ucraini ricordano ogni giorno al mondo cosa significano il coraggio, l’audacia. Ci rimembrano che la libertà non ha prezzo e che vale la pena lottare in suo nome”.
Poi, ha evocato il grande sforzo compiuto da Washington per mettere in piedi una coalizione internazionale di oltre cinquanta paesi propensi a fornire a Kyiv sostegno umanitario, economico e militare. Nel corso del 2022, solo gli Stati Uniti hanno stanziato per la causa ben 50 miliardi di dollari. Una cifra assai consistente, che va a sommarsi con i circa 65 miliardi di euro erogati dall’Unione europea.
Biden non ha risparmiato una dura stoccata all’avversario orientale: “Quando Putin ha lanciato la sua invasione, pensava che l'Ucraina fosse debole e l'Occidente diviso. Pensava di poterci battere. Ma si sbagliava di grosso”.
Il presidente americano, d’altronde, non si è recato a Kyiv a mani vuote. Al contrario, ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari per 500 milioni di dollari. Per quanto riguarda l’appoggio sul campo, la sua amministrazione invierà carri armati Abrams e missili Patriot al fine di potenziare la difesa aerea e proteggere i cittadini dai bombardamenti nemici.
In questa visita storica, tuttavia, a fare notizia sono anche le tematiche su cui entrambe le parti hanno intenzionalmente steso un velo di silenzio. Da un lato, Zelensky ha puntato tutto sull’unità della coalizione occidentale e sulla necessità degli equipaggiamenti militari. Nemmeno una parola è stata spesa sulla possibilità di risolvere il lacerante contenzioso mediante i mezzi pacifici della diplomazia, della mediazione, del dialogo.
Biden, dall’altro lato, ha opposto un rumoroso silenzio alle pressanti richieste ucraine di missili a lungo raggio o aerei da combattimento. L’approvvigionamento garantito alle autorità di Kyiv si limita ai soli strumenti di difesa, evitando vettovagliamenti offensivi capaci di far salire ancor più il livello di tensione del conflitto.
La sensazione è che la Casa Bianca desideri sempre e comunque lasciare al Cremlino un’opportunità per scendere a patti, rifuggendo da iniziative troppo radicali in grado di sbarrare in maniera definitiva – e pericolosa – la via dei negoziati. Così si spiega, peraltro, la scelta di informare preventivamente Mosca della visita di Biden.
Un piccolo segnale di speranza, un barlume di luce nella notte oscura della violenza.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia