(ASI) Dopo un autunno ed un inverno tutt'altro che facili, complici la crisi energetica e la recrudescenza della pandemia in diverse città del Paese, l'economia e l'apparato sanitario della Cina hanno mostrato un certa resilienza, come evidenziato da un livello di crescita stabile e dal sostanziale successo delle Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali, adattandosi alle profonde incertezze globali che hanno segnato il 2021 e questa prima parte del 2022.
È il quadro che emerge dall'ultimo vertice dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale (CC), massimo organo decisionale del Partito Comunista Cinese (PCC), tenutosi venerdì a Pechino per analizzare la situazione economica e il lavoro politico in materia di sviluppo e riforme.
Come riporta Xinhua, l'incontro, presieduto da Xi Jinping, si è incentrato in particolare sulle cose da fare per stabilizzare l'economia e migliorare la qualità della vita della popolazione. Richiamandosi nuovamente al principio Prima il popolo, prima le vite, la dirigenza cinese ha voluto riaffermare la validità dell'approccio sanitario del modello zero-Covid. Secondo i vertici del PCC, lo scopo di questa capillare politica di monitoraggio e prevenzione è quello di «proteggere la vita e la salute delle persone» cercando al contempo di «minimizzare l'impatto del contagio sullo sviluppo economico e sociale».
Giudicata come eccessivamente rigida da alcuni osservatori esteri, lo scorso 5 aprile questa strategia è stata per la prima volta applicata all'intera municipalità di Shanghai, primo porto al mondo per volume di movimentazione container. A distanza di oltre tre settimane, la metropoli cinese sta progressivamente uscendo dall'emergenza grazie ad un significativo calo dei casi di contagio su base giornaliera. Il lockdown imposto alla capitale finanziaria del Paese ha attraversato momenti critici, in particolare due settimane fa, quando i disguidi nella consegna dei pacchi alimentari in alcuni compound residenziali avevano generato disagi e proteste.
La prospettiva cinese, tuttavia, è diversa dalla nostra. Durante la prima ondata di Covid a Wuhan nel gennaio 2020, il tasso di mortalità raggiunse un picco di quasi il 5%, accentuato anche dal fatto che i casi di contagio furono estremamente limitati al di fuori della provincia dello Hubei. Sono ancora impresse nella memoria di tutto il mondo le immagini dei blocchi militari ai confini della città, delle strade deserte e dei tentativi di garantire a tutti un ricovero adeguato con la costruzione, in appena tre settimane, di due ospedali Covid provvisori in un'area isolata alla periferia della città.
Da allora Pechino ha deciso che non si dovesse mai più ripetere una situazione del genere per evitare il collasso delle strutture sanitarie rispetto a dimensioni demografiche neanche paragonabili a quelle delle metropoli europee. Alle prime avvisaglie, così, anche di fronte a poche centinaia di casi, sintomatici o meno, concentrati in un quartiere o sparsi in un'intera città, le autorità locali fanno scattare le misure restrittive. Questo, chiaramente, ha avuto e avrà ancora un impatto.
Se nel primo trimestre di quest'anno l'economia cinese ha registrato un balzo del 4,8%, il lockdown di Shanghai condizionerà giocoforza i dati del secondo trimestre e forse anche dell'intero 2022. Gli analisti internazionali già hanno messo le mani avanti in questo senso. Come riportava Evelyn Cheng su CNBC lo scorso 26 aprile, nove grandi banche di investimento hanno recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita per quest'anno: si passa dalla stima peggiore, quella di Nomura (+3,9%), alla più ottimistica, quella di Citi (+5,1%), con un valore medio del 4,4% ed uno mediano del 4,5%, che coincide con la previsione di Goldman Sachs.
Tutte le previsioni sono comunque al di sotto dell'obiettivo del 5,5% fissato dal governo cinese ad inizio anno. Il coro degli analisti stranieri è quasi unanime: la rigida strategia zero-Covid provoca shock e strozzature nelle catene di fornitura, in particolare nelle città colpite dai blocchi. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione.
Nel 2020, quando gran parte delle economie mondiali è andata in recessione, la Cina, pur perdendo quota rispetto al +6% del 2019, era comunque cresciuta del 2,3%. Tra le economie del G20 soltanto la Turchia era riuscita a mantenersi in terreno positivo, ma fermandosi al +1,8%. Nel 2021, l'economia del gigante asiatico ha superato la quasi totalità delle stime degli analisti, crescendo dell'8,1%, il dato più alto in dieci anni, specie dal 2014, quando il governo introdusse il concetto di "nuova normalità" conferendo priorità alla qualità della crescita rispetto alla quantità.
Lo scorso dicembre, le autorità cinesi avevano già individuato la nuova sfida per il 2022, sostenendo che il Paese avrebbe dovuto affrontare una «triplice pressione»: contrazione della domanda, strozzature nelle catene logistiche ed aspettative più fiacche. Se i fattori di rischio erano già stati messi in conto, il vertice di ieri ha dunque indicato misure specifiche per «promuovere aggiustamenti nella politica macroeconomica» in modo da «raggiungere gli obiettivi di sviluppo economico e sociale di quest'anno, mantenendo l'andamento della crescita all'interno di un ventaglio ragionevole».
Stanto a quanto riporta Xinhua, si tratta di attuare più velocemente misure già formulate, puntando ancora una volta su un buon utilizzo dei diversi strumenti di politica monetaria e fiscale a disposizione del governo per espandere la domanda interna, stimolare appieno investimenti efficaci, rafforzare la realizzazione delle infrastrutture e lasciare che i consumi agevolino il circuito economico. La ricetta seguita sin dalla seconda metà del 2020 viene sostanzialmente confermata e consolidata: sostegno al lavoro autonomo e alle micro, piccole e medie imprese attraverso un insieme di sgravi e facilitazione del credito.
Per migliorare la qualità di vita generale della popolazione, invece, il governo è chiamato a «stabilizzare ed aumentare l'occupazione e garantire l'operatività delle funzioni fondamentali delle città». Proprio al fine di evitare che quanto accaduto per qualche giorno a Shanghai possa ripetersi, i vertici del PCC ribadiscono che «è necessario garantire una regolare rete logistica su scala nazionale, mentre le principali catene industriali e di approvvigionamento, le infrastrutture essenziali e le aziende designate per la fornitura durante l'epidemia dovranno mantenere la normale operatività».
L'attenzione del Politburo si è poi concentrata sull'ecosistema per le imprese e sul mercato immobiliare, settore colpito nei mesi scorsi dalla crisi di Evergrande. La leadership cinese ha sottolineato l'importanza degli sforzi compiuti per scongiurare l'emersione di rischi sistemici in questo senso, ribadendo il principio, già espresso mesi fa da Xi Jinping, in base a cui «la casa serve per vivere, non per speculare».
Rimarcate anche le due linee-guida fondamentali in questi anni di trasformazione del modello di sviluppo del Paese: riforma strutturale dell'offerta e stimolo all'innovazione. La prima è strettamente legata al concetto, recentemente introdotto, di doppia circolazione, che ha conferito priorità all'autosufficienza interna per preservare i consumi, principale traino della crescita. La seconda, che caratterizza da tempo il piano Made in China 2025, chiama in causa l'obiettivo di realizzare nuovi hub di livello mondiale per l'attrazione di talenti, sulla scia di quanto fatto da Pechino, Shanghai e dalla Bay Area Estesa Guangdong-Hong Kong-Macao.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia