Russia, opposizione con Putin. Novikov (KPRF): Il popolo russo chiede di spodestare i banderisti da Kiev   

novrikov(ASI) In una recente intervista per la cinese CCTV, Dmitrj Novikov, vicepresidente del Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF), ha approntato una sua analisi della situazione internazionale, partendo proprio dal confronto tra Russia e NATO nel quadro della crisi ucraina. A riportarne alcuni stralci salienti è stato, giovedì scorso, lo stesso ufficio stampa del partito.

Fondato nel 1993 dallo storico leader Gennadij Zjuganov, il partito è ancora oggi la principale formazione di opposizione alla Duma di Stato, con 57 deputati eletti (15 in più rispetto a cinque anni prima), ottenuti per effetto del 19% dei voti conquistati alle ultime legislative dello scorso anno. Sul piano politico-culturale, il KPRF ha nei fatti raccolto buona parte dell'eredità del cosiddetto partito russo, un movimento e gruppo di pressione sorto negli anni Sessanta tra alcuni quadri del PCUS, l'Armata Sovietica e il Komsomol moscovita, che cercava di recuperare il contatto con i valori e le concezioni tradizionali della Russia storica pre-sovietica.

Parlando dal vertice di emergenza della NATO dell'altro ieri a Bruxelles, dove i Paesi alleati e gli altri partner hanno concordato un marcato aumento delle spese militari, Novikov ha affermato che "la NATO non è uno strumento di sicurezza collettiva in Europa o nel mondo" bensì un "blocco che svolge compiti di natura espansionistica e aggressiva".

Novikov lancia una delle principali critiche che anche alcuni osservatori occidentali muovono oggi all'Alleanza Atlantica: "Il senso della presenza della NATO sembrava completamente esaurito nel momento in cui il Patto di Varsavia e l'URSS cessarono di esistere, eppure il blocco non è affatto scomparso. Al contrario ha costantemente esteso l'ambito delle sue attività e ha inglobato tutti i Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia. Apertura di nuove basi militari, incremento dei contingenti, aumento delle spese militari, aggressioni dirette: questo è la NATO".

Il deputato russo è andato oltre, definendo l'aumento delle spese NATO come una "minaccia non solo per la Russia, ma anche per la sicurezza collettiva in Europa e nel mondo". Il numero 2 del KPRF ha poi ricordato come gli Stati Uniti "hanno utilizzato attivamente i loro alleati nella guerra contro la ex Jugoslavia, nei conflitti in Medio Oriente e in altre parti del mondo", violando la sovranità di "Libia, Iraq e Afghanistan". Stesso destino - ha proseguito Novikov - era stato preparato per la Siria che tuttavia, "grazie alla Russia, ha difeso la sua indipendenza".

Sui temi di politica estera, il Partito Comunista russo, così come quello liberal-democratico del defunto Vladimir Zhirinovskij e quello socialdemocratico di Sergej Mironov, mantiene una linea tendenzialmente orientata a supportare le decisioni del presidente Vladimir Putin, per lo meno quando queste riguardino questioni di stringente sicurezza nazionale e difesa dello spazio di sicurezza russo, noto in patria con la definizione di estero vicino, ad indicare le altre 14 repubbliche interne che componevano l'URSS. Parole e concetti tornati improvvisamente d'attualità in tutto il mondo con l'avvio, lo scorso 24 febbraio, di quella che Mosca ha definito nei termini di un'operazione militare speciale, finalizzata alla "smilitarizzazione" e alla "denazificazione" dell'Ucraina.

Lo scorso 10 marzo, durante una dichiarazione alla Duma, lo stesso Zjuganov aveva indicato la necessità di "supportare coloro che difendono il Paese" e "non gettare benzina sul fuoco", considerando "l'estrema pressione esercitata sul nostro presidente" dai governi occidentali. L'obiettivo indicato dal leader comunista nel suo intervento è quello di "estendere una mano fraterna ad ogni ucraino, a chiunque viva lì" affinché capisca "da quale incrostazione li stiamo liberando".

Secondo Novikov, da anni è in atto una costante opera di disinformazione nei Paesi occidentali che "mira a ritrarre la Russia come un nemico e giustificare l'aumento delle spese militari" per convincere i cittadini degli Stati Uniti e dei loro alleati della necessità di ridurre il loro tenore di vita. Le ragioni profonde di questo conflitto, perciò, risiederebbero anche nelle implicazioni economiche, dal momento che questi aumenti di spesa permettono di "continuare ad alimentare l'insaziabile complesso militar-industriale dell'Occidente" e consentono agli Stati Uniti di "affrontare la crisi economica" in cui il mondo capitalistico occidentale starebbe sprofondando ogni giorno di più.

Ora, però, come se ne può uscire? Secondo il vicepresidente del KPRF, l'Occidente potrebbe arrestare la sua politica aggressiva contro Mosca solo in due casi: nel primo, se riuscirà a raggiungere i propri obiettivi e distruggere la Russia, artificialmente dipinta come una minaccia per il mondo intero; nel secondo, se Washington e i suoi alleati si convinceranno ad adottare politiche più sagge. Quest'ultimo scenario, chiaramente l'unico ritenuto plausibile al Cremlino, diventerà realtà soltanto se gli Stati che sostengono la necessità di un "mondo multipolare", l'idea di "sovranità" e di "uguaglianza tra le nazioni" potranno realizzare le proprie aspirazioni.

Qui lo sguardo di Novikov si allarga al resto del mondo, a partire dalla Cina. L'idea, lanciata qualche anno fa dal Xi Jinping, di una "comunità di destino dal futuro condiviso per tutta l'umanità", diventa fondamentale nella visione geopolitica dei comunisti russi. "Milioni di persone in tutto il mondo attendono con impazienza l'incremento della cooperazione tra Cina e Russia, vedendolo come una garanzia di tutela del ruolo dell'ONU, di un ordine internazionale più giusto e della certezza che una sola potenza non possa dettare la propria volontà agli altri", ha sentenziato Novikov. 

Tornando alla crisi ucraina, Novikov ha spiegato che in Russa non c'è molta fiducia verso i negoziati, cominciati due settimane fa in Turchia. "Non nascondo che all'interno del nostro Paese l'atteggiamento nei confronti dei negoziati è segnato dalla diffidenza", ha sottolineato Novikov, spiegando che le posizioni delle parti sono molto diverse tra loro: da un lato, Mosca, che ritiene fondamentali i meccanismi specifici per il raggiungimento della smilitarizzazione dell'Ucraina; dall'altro, Kiev spera invece che l'Occidente continui ad esercitare pressione sulla Russia e che Mosca non abbia risorse sufficienti per completare la sua missione, trascinando così il processo negoziale in un nulla di fatto.

"I cittadini russi non saranno soddisfatti se i seguaci di Stepan Bandera resteranno al potere a Kiev, provocando ancora nuovi conflitti interetnici o confinari, attirando l'Ucraina nell'orbita della NATO ed aumentando le capacità del loro complesso militar-industriale". A queste latitudini, insomma, la lettura dominante nel dibattito occidentale, cioè quella che vedrebbe un'Ucraina sovrana aggredita senza giustificazioni né provocazioni, è praticamente assente.

Secondo la real politik russa, supportata anche dal Partito Comunista, un governo ucraino atlantista semplicemente "non può essere permesso", considerando sia la collocazione geografica dell'Ucraina sia la sua composizione territoriale odierna, frutto di concessioni elargite da Mosca durante l'era sovietica.

Come provocatoriamente ricordato da Putin nel discorso pronunciato all'avvio delle operazioni militari, se davvero i nazionalisti ucraini vogliono che il loro Paese sia "decomunistizzato", allora "dovrebbero anche rinunciare" a quell'insieme di regioni orientali e meridionali (inclusa la Crimea), note dalla fine del XVIII secolo come Novorossija (Nuova Russia), dove ancora oggi vive una popolazione in maggioranza russofona e russofila.

Al contempo si presentano come necessari "i negoziati per risolvere un insieme di compiti umanitari" allo scopo di salvaguardare la popolazione civile e proteggere i prigionieri di guerra dalle rappresaglie delle truppe ucraine. Solo in quest'ottica, per Novikov, i negoziati possono avere un senso ma, per ora, Mosca "non vede la disponibilità di Kiev a cessare le ostilità e soddisfare le condizioni di pace".


Redazione Agenzia Stampa Italia

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