(ASI) Proprio mentre il presidente cinese Xi Jinping interveniva in videoconferenza durante la cerimonia di apertura del consueto vertice generale del Forum Economico Mondiale, dal Dipartimento Nazionale di Statistica arrivavano - riportati da Xinhua - i primi significativi dati macroeconomici relativi all'anno appena conclusosi, a partire dalla conferma sul dato della crescita rispetto alle previsioni dei mesi scorsi: nel 2021, il PIL cinese è aumentato dell'8,1% raggiungendo quota 114.370 miliardi di yuan, pari a circa 18.000 miliardi di dollari.
Come ricordano da Pechino, si tratta di un dato ben al di sopra dell'obiettivo fissato («più del 6%»), che porta la crescita media nel biennio pandemico al 5,1%. Nel 2020, infatti, la Cina era stato l'unico Paese del G20, assieme alla Turchia, a mantenersi in terreno positivo (+2,3%) per effetto di una risposta sanitaria molto più efficace rispetto a quella messa in campo dai governi europei.
Secondo il Dipartimento Nazionale di Statistica, l'economia del gigante asiatico ha così fatto osservare una ripresa stabile nel 2021, nonostante i colpi inferti da quella che gli analisti cinesi definiscono come la «tripla pressione» esercitata dai principali fattori di rischio emersi a livello globale: contrazione della domanda, interruzioni nelle forniture e indebolimento delle aspettative. Tra le sfide indicate dal direttore del Dipartimento, Ning Jizhe, in conferenza stampa, non ci sono soltanto gli effetti diretti della pandemia ma anche quelli indiretti, come la crisi energetica e l'aumento dei prezzi delle materie prime, ed altri fattori avversi, come gli eventi atmosferici estremi che hanno provocato gravi inondazioni a luglio (Henan) e ottobre (Shanxi) dell'anno scorso.
Sviscerando il dato della crescita, i consumi finali si confermano ancora una volta il motore dell'economia nazionale con un contributo all'espansione del PIL pari al 65,4%, mentre le esportazioni nette, complice anche la pandemia, si fermano al 20,9%. Le vendite al dettaglio sono in forte ripresa, segnando una crescita del 12,5% rispetto al 2020. Tendenza positiva anche per gli investimenti in capitale fisso (+4,9%) e per la produzione industriale a valore aggiunto (+9,6%).
Il quadro è abbastanza confortante anche per quanto riguarda il mercato del lavoro, definito «generalmente stabile», tanto da registrare un tasso di disoccupazione nelle aree urbane complessivamente basso (5,1%), in linea con l'obiettivo del governo, posto attorno al 5,5%. Il PIL pro-capite - prosegue Ning - ha raggiunto inoltre quota 12.500 dollari nel 2021, superando la media globale.
Tra le mosse più efficaci, gli esperti sottolineano soprattutto le politiche fiscali proattive e le politiche monetarie prudenti, che hanno operato su due fronti principali: riduzione delle tasse e facilitazione dell'accesso al credito. Un approccio che proseguirà anche nell'anno appena iniziato, come annunciato a dicembre dalla Conferenza Centrale di Lavoro Economico, dove si è specificato che «le politiche monetarie prudenti dovrebbero essere flessibili ed appropriate, e la liquidità dovrebbe raggiungere un livello ampio e ragionevole».
La ricetta cinese ha caratterizzato anche uno dei tratti salienti del discorso di Xi, videocollegato con il quartier generale del Forum Economico Mondiale, dove ieri il padrone di casa Klaus Schwab ha dato il via alla tradizionale cinque-giorni di dibattito e confronto, cui stanno prendendo o prenderanno parte diversi altri leader internazionali in collegamento dai rispettivi Paesi.
«Come recita un adagio cinese, "lo slancio del mondo o fiorisce o declina; lo stato del mondo o progredisce o regredisce". Il mondo si sviluppa sempre attraverso la dinamica delle contraddizioni; senza contraddizione nulla esisterebbe. La storia dell'umanità è una storia di realizzazione attraverso varie prove e di sviluppo attraverso il superamento di varie crisi». Mutuando, come sua abitudine, l'antica sapienza cinese, Xi ha cercato di sintetizzare l'atteggiamento del suo Paese di fronte ad un'emergenza sanitaria che, inizialmente scoppiata a Wuhan nel gennaio 2020, non ha risparmiato nessuno, mettendo l'intera comunità mondiale di fronte ad una prova durissima e per certi Paesi addirittura inedita negli ultimi cento anni di storia.
Seguendo uno classico schema elencato, consunto ma piuttosto dettagliato, il leader asiatico ha individuato quattro esigenze principali a livello internazionale:
- Promuovere la cooperazione nella risposta alla pandemia. Secondo quanto confermato da Xi, la Cina ha già inviato due miliardi di dosi di vaccini di produzione nazionale [sviluppati rispettivamente da Sinopharm e Sinovac, entrambi a virus inattivato, nda] ad oltre 120 tra Paesi e organizzazioni internazionali, e nel prossimo futuro prevede di inviarne un altro miliardo alla sola Africa, di cui 600 milioni donate gratuitamente, e altri 150 milioni, tutte in donazione, ai Paesi del Sud-est asiatico. Ora però, per il presidente cinese, c'è bisogno di una «cooperazione attiva sulla ricerca e lo sviluppo di medicinali», di «costruire congiuntamente molteplici linee di difesa contro il nuovo coronavirus e accelerare gli sforzi per dare vita ad una comunità sanitaria globale per tutti».
- Neutralizzare i diversi fattori di rischio e promuovere una solida ripresa dell'economia mondiale che sta sì «riemergendo dagli abissi» ma dovendo al contempo «ancora affrontare molte restrizioni» a causa dello sconvolgimento delle catene globali industriali e logistiche. Frenate o inversioni "a U" nelle politiche monetarie delle principali economie potrebbero mettere in serio pericolo l'economia e la stabilità finanziaria - ha aggiunto Xi - presentando un conto durissimo ai Paesi in via di sviluppo. Unica via, secondo il capo di Stato del colosso asiatico, è quella di esplorare nuovi motori di crescita, nuovi modelli sociali e nuove soluzioni per gli scambi people-to-people nel tentativo di facilitare il commercio transfrontaliero, garantire la sicurezza e la linearità delle catene di produzione e approvvigionamento. La globalizzazione economica è ormai irreversibile. Ferma restando la necessità di una riforma del sistema di governance globale, più volte ribadita da Pechino negli ultimi anni, il multilateralismo e l'apertura devono dunque prendere definitivamente il posto delle barriere e delle suggestioni di «disaccoppiamento», che da alcuni anni hanno preso piede negli Stati Uniti e in Europa.
- Colmare il divario di sviluppo e rivitalizzare lo sviluppo globale. Xi ritiene che il processo di sviluppo globale stia attraversando gli effetti di un grave sconvolgimento, con l'ampliamento dello squilibrio Nord-Sud, la divergenza delle traiettorie di ripresa, linee di faglia nella crescita e un notevole divario tecnologico. Il presidente ha notato che l'Indice di Sviluppo Umano è sceso per la prima volta negli ultimi trent'anni e la popolazione mondiale in condizioni di povertà è aumentata di oltre 100 milioni di persone, in gran parte concentrate nelle aree meno sviluppate del mondo ma presenti anche nei Paesi avanzati. La soluzione prospettata dal leader cinese è quella di aderire ad una «filosofia di sviluppo centrata sul popolo» anche in relazione all'Agenda 2030 dell'ONU per lo Sviluppo Sostenibile, i cui obiettivi devono seguire il principio delle «responsabilità comuni ma differenziate», in funzione del livello di sviluppo [e di emissioni storiche, nda] raggiunto dai diversi Paesi e dalle diverse regioni del pianeta.
- Scardinare la mentalità da Guerra Fredda, ricercare la coesistenza pacifica e risultati dal beneficio reciproco. È questo il punto più strettamente politico dell'intero discorso di Xi Jinping, indirettamente rivolto all'omologo statunitense Joe Biden e ai suoi principali alleati. «Il nostro mondo di oggi è lontano dall'essere sereno ed abbonda una retorica che incrementa l'odio e il pregiudizio», ha sottolineato il presidente cinese, ricordando come «la storia abbia di volta in volta dimostrato che lo scontro non risolve i problemi ma sollecita soltanto conseguenze catastrofiche». Pechino riserva giudizi molto duri al protezionismo che «non protegge nessuno», e alle pratiche «egemoniche o prepotenti», che «vanno contro il corso della storia». Con un implicito riferimento al Summit delle democrazie organizzato da Biden lo scorso dicembre e alle pesanti restrizioni ai danni di alcune importanti aziende tech cinesi sul mercato statunitense, Xi ha ribattuto che «riunire entusiasticamente piccoli circoli o blocchi che polarizzano il mondo, distorcere il concetto di sicurezza nazionale per colpire i progressi economici e tecnologici degli altri Paesi, alimentare l'antagonismo ideologico e politicizzare o militarizzare le questioni economiche, scientifiche e tecnologiche minerà seriamente gli sforzi internazionali per affrontare le sfide comuni».
Dal canto suo, i traguardi socio-economici sin'ora conquistati e gli impegni presi per il futuro vedono la Cina concentrata sul raggiungimento del secondo obiettivo centenario, cioè quello fissato per la metà di questo secolo, quando la Repubblica Popolare compirà il suo primo secolo di vita (2049): costruire un Paese socialista moderno in tutti i suoi aspetti. Tre sono i temi principali toccati da Xi Jinping in questo caso: perseguire uno sviluppo di alta qualità; progredire le riforme e l'apertura; promuovere la conservazione dell'ambiente. Un piano molto ambizioso ma già in corso d'opera.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia