(ASI) In attesa della cerimonia inaugurale del prossimo Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC), in programma a Dakar, in Senegal, lunedì, quando Xi Jinping interverrà in videoconferenza, l'Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato stamattina un libro bianco sulle prospettive future della cooperazione tra Pechino e i Paesi del Continente. Il testo, intitolato Cina e Africa nella Nuova Era: un partenariato tra eguali, si articola in quattro capitoli, all'interno dei quali viene presentata una sintesi delle esperienze e degli obiettivi raggiunti nel corso degli ultimi ventuno anni.
Elencando i principi, espressi più volte da Xi Jinping, di «sincerità, concretezza nei risultati, amicizia e buona fede», il documento sottolinea le direttrici della cooperazione sino-africana: ricerca di un beneficio maggiore e interessi condivisi, tracciamento della traiettoria di collaborazione e indicazione delle linee-guida fondamentali. Come rimarca il libro bianco, a partire dal vertice di Pechino del settembre 2018, il FOCAC ha compiuto un importante salto in avanti a seguito della decisione delle parti di costruire una comunità Cina-Africa dal futuro condiviso e inserire la cooperazione sino-africana nel quadro dell'iniziativa Belt and Road, fissando così una nuova pietra miliare nelle relazioni tra i due attori.
La cooperazione sino-africana parte da lontano. Nella politica estera di Pechino, il Continente ha sempre rivestito un ruolo particolare sin dai tempi della decolonizzazione, quando la Conferenza di Bandung del 1955 tentò di ridisegnare la mappa mondiale degli equilibri e delle esigenze in un pianeta fino ad allora caratterizzato dalla rigidità bipolare della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Tra i protagonisti della prima generazione di leader del Partito Comunista Cinese, oltre a Mao Zedong, c'era soprattutto Zhou Enlai, responsabile della diplomazia dell'allora giovane e fragile Repubblica Popolare. Sotto la guida della quinta generazione, rappresentata da Xi Jinping e dagli altri membri dell'odierno Politburo, l'Africa si interfaccia ormai regolarmente con una Cina infinitamente più stabile e avanzata di allora, pienamente consolidatasi quale seconda economia mondiale e mercato di punta in numerose produzione hi-tech.
Stando ai dati del Ministero del Commercio cinese, il volume di interscambio tra Cina e Africa è cresciuto di 20 volte nel corso degli ultimi quattro lustri, facendo del colosso asiatico il primo partner commerciale bilaterale dell'Africa. Il trend, per altro, è in costante crescita, anche per effetto dell'iniziativa Silk Road E-commerce, che spinge l'acceleratore sulle nuove tecnologie digitali. Già nei primi sette mesi del 2021, l'interscambio sino-africano è aumentato del 40,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, raggiungendo il valore-record di 139,1 miliardi di dollari.
A trainare il commercio è ancora l'import cinese dall'Africa, cresciuto del 46,3% tra gennaio e luglio scorsi. Nello specifico sono pressoché raddoppiate le importazioni di prodotti agricoli quali gomma, cotone e caffè [V. Subban, Global Compliance News, 26/9/2021]. Del resto, come sostiene un rapporto di Baker McKenzie, circa il 75% dell'export africano verso il resto del mondo è composto da materie prime, un mercato ancora molto fiorente in grado di garantire almeno la minima sussistenza a molti Paesi del Continente. Tra i fornitori di manufatti per l'Africa primeggia invece ancora l'Europa, con il 35% del totale, davanti a Cina (16%) e India (14%).
Tuttavia, come specifica il libro bianco, qualcosa sta cambiando e nemmeno tanto lentamente: si registra infatti un «marcato aumento» di prodotti tecnologici e hi-tech nell'export cinese verso l'Africa, che hanno così superato il 50% del totale ma, soprattutto, sono in aumento le importazioni cinesi di prodotti non-resource dall'Africa. Pechino ha inoltre già offerto l'esenzione totale da dazi e tariffe per il 97% delle merci tassabili provenienti dalle 33 economie più povere del Continente.
Altro capitolo interessante è quello relativo agli investimenti infrastrutturali. Stando ai dati del libro bianco, a partire dal 2000, le aziende cinesi hanno utilizzato vari fondi per aiutare i Paesi africani a costruire o modernizzare oltre 10.000 km di ferrovie, circa 100.000 km di autostrade, 1.000 tra ponti e porti, 66.000 km di rete elettrica, oltre ad installare una capacità di generazione pari a 120 milioni di kW, una dorsale di rete di 150.000 km ed un servizio di connessione in grado di coprire circa 700 milioni di utenti.
Secondo la leadership cinese, il segreto del successo di questa cooperazione, va ricercato nel diverso approccio all'Africa rispetto ai Paesi occidentali. Un approccio basato su cinque "linee rosse" da non oltrepassare: nessuna interferenza nelle scelte di sviluppo; nessuna interferenza negli affari interni; nessuna imposizione della propria volontà; nessun vincolo di natura politica alle dinamiche di assistenza; nessuna ricerca di vantaggi politici attraverso gli investimenti e la cooperazione finanziaria. Nel libro bianco pubblicato oggi, si fa chiaro riferimento alla filosofia tradizionale cinese, citando un adagio ormai divenuto universale: «Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te».
A questo deve ovviamente aggiungersi il comune passato coloniale. Tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo, proprio come l'Africa, anche la Cina, sebbene in modi e misure differenti, fu fatta oggetto di aggressioni militari e alienazioni territoriali da parte delle potenze coloniali europee. Una mentalità ed una storia molto diverse da quelle dei Paesi africani hanno permesso al gigante asiatico di rialzarsi e tornare a recitare quel ruolo da protagonista internazionale che ha occupato per diciotto degli ultimi venti secoli. In Africa, purtroppo, la storia ha preso invece un'altra piega. Molti Paesi non sono ancora riusciti a raggiungere la piena emancipazione e numerosi restano i problemi sul tavolo, in particolare a sud del Sahara.
Come spiega il libro bianco, la cooperazione sino-africana al giorno d'oggi tocca una serie di temi prioritari, nuovi o rinnovati, sulla base di sei obiettivi fondamentali: assunzione di responsabilità condivisa per rafforzare la comprensione e il supporto reciproci; perseguimento di una cooperazione dal mutuo vantaggio (win-win), sfruttando le opportunità create dagli spazi di complementarietà tra le rispettive strategie di sviluppo; miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni; perseguimento della prosperità culturale attraverso scambi, insegnamenti reciproci e coesistenza armoniosa tra le forme di civiltà; ricerca della sicurezza comune anche nel quadro della cooperazione con l'Unione Africana; promozione dell'armonia tra uomo e natura attraverso politiche di cooperazione in tema di cambiamento climatico, energia pulita, prevenzione e controllo della desertificazione e dell'erosione dei suoli, protezione della fauna selvatica ed altri ambiti.
Nel periodo 2013-2018, gli aiuti esteri cinesi verso l'Africa hanno raggiunto quota 270 miliardi di RMB (circa 37,4 miliardi di euro), di cui il 45% erogato sotto forma di contributi a fondo perduto, prestiti senza interessi o prestiti agevolati, facendo dell'assistenza un altro capitolo importante della cooperazione sino-africana. Tuttavia, nel lungo periodo, questa non basterà. Per comprendere meglio le intenzioni di Pechino dobbiamo probabilmente rifarci ancora una volta ad una massima della tradizione cinese: «Dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita».
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia