(ASI) Più che un summit tradizionale è sembrato un consiglio di guerra verso gli attori ostili alle porte. Massima unità contro "le minacce" al "fronte delle democrazie".
È questo il risultato principale, definito dal comunicato conclusivo, raggiunto nella prima riunione in presenza, svolta a Londra, dei ministri degli Esteri del G7 dopo oltre un anno d'incontri virtuali imposti dalla pandemia legata al Covid. Il capo del Foreign Office, il numero uno della diplomazia del Regno Unito Dominic Raab, ha condotto da protagonista la due giorni di contatti, collettivi e bilaterali, all'insegna di un allineamento pressoché totale con l'amministrazione di Joe Biden e rappresentata dal neo segretario di Stato Antony Blinken.
Ha prevalso, tra le nazioni più industrializzate del mondo, un forte senso di solidarietà rafforzato dagli elementi di notevole preoccupazione, di denuncia e di determinazione nei riguardi di chi sta in qualche modo dall’ altra parte della barricata: Russia, Cina, Iran e Nord Corea. Vengono attribuiti, a tutti loro senza mezzi termini, comportamenti "irresponsabili e destabilizzanti", dall'Ucraina alla Bielorussia, dalle accuse su "disinformazione e cyber-attacchi", ai diritti umani o alla "repressione" di oppositori come Alexey Navalny; comportamenti per "scoraggiare" i quali si promette "un rafforzamento delle nostre capacità collettive".
C’è stato il tempo sufficiente anche per affrontare la questione degli "abusi" contro gli Uiguri musulmani dello Xinjiang (con richiesta di verifiche indipendenti sul posto da parte dell'Onu), così come la stretta anti democratica a Hong Kong. Un’ attenzione particolare è stata rivolta pure agli " arbitrii, le pratiche politiche ed economiche" che "minano un sistema economico libero ed equo" di free trade nel mondo ispirato a regole internazionali "trasparenti e prevedibili" contro cui si preannuncia il sostegno a meccanismi di "resistenza globali".
Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia