(ASI) Stati Uniti- Kefiah, tunica e sopratunica, come nei film sull’antica Arabia. Mohammad bin-Salman si presenta in vesti tradizionali alla Casa Bianca, dove a riceverlo è Donald Trump, un presidente che ha rigenerato il rapporto fra Stati Uniti e Arabia Saudita, un’alleanza marginale durante l’amministrazione Obama.
Washington è solo una tappa, prima che il principe saudita 32enne vada a fare affari a New York e nella Silicon Valley. L’incontro fra i due leader serviva solo a consolidare una relazione storica fra i due Paesi, che passa dal commercio del petrolio alla stabilità del Medio Oriente.
Trump e bin-Salman condividono l’intraprendenza del carattere, che ha portato il presidente Usa a vincere le elezioni nel 2016 e a mantenere gran parte delle promesse elettorali, mentre il principe di Riyadh trovava il pretesto di scavalcare la linea ereditaria del Regno saudita, facendo arrestare decine di rivali con l’accusa di corruzione lo scorso novembre.
Da parte sua bin-Salman ha avviato un grande programma di riforme nel suo Paese, che comprende anche alcuni diritti delle donne, come la possibilità di guidare e andare allo stadio. In più il principe ha predisposto l’area Neom, una zona speciale del regno, riservata a turisti stranieri e investitori, oltre l’aver rimesso in libertà decine di prigionieri politici, accusati di sedizione negli anni scorsi. Trump lo ha definito un «grande amico e un fine partner commerciale», prima di parlare con lui dell’Iran. Il rivale sciita dell’area mediorientale è in corsa per il nucleare e occupa parte della Siria, oltre il sostegno a Hezbollah in Libano e ai ribelli Houthi in Yemen, gruppi avversi all’egemonia saudita. Una presenza troppo scomoda per il principe, che trova nell’attuale presidente Usa una sponda favorevole, in buona parte coltivata dal genero Jared Kushner. Il suo allontanamento dall’amministrazione non ha fatto cambiare idea a Trump, che tiene alle importazioni di petrolio da Riyadh e vuole stracciare l’accordo sul nucleare con Teheran. In termini economici, la Casa Bianca punta alla quotazione di Saudi Aramco, la compagnia petrolifera di bin-Salman che potrebbe scegliere di quotarsi a New York.
Dall’incontro al sospetto. I due punti di divergenza, stando alle premesse, sarebbero la Siria e Israele. Da una parte Trump aveva chiesto ai sauditi di contribuire all’investimento di 4 miliardi di dollari per ricostruire la parte del Paese controllata dagli americani. Idea che non entusiasma i soci in affari della penisola arabica. Dall’altra il principale Paese sunnita si era opposto allo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Questo però non danneggerà una cooperazione di 75 anni basata sul campo militare, sull’economia e sulla politica. Non a caso Trump scelse proprio l’Arabia Saudita per il suo primo viaggio intercontinentale da presidente. Lobbying e opposizione all’Iran possono essere sufficienti per due Stati che in questa epoca parlano spesso di isolazionismo, ma che poi continuano a fare affari da miliardi di dollari.
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia