(ASI) Il 16 gennaio di due anni fa, la Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali (AIIB) veniva ufficialmente lanciata a Pechino. La cerimonia andava a chiudere quasi due anni di lavori e trattative tecniche per la formazione dell'istituto di credito e la composizione del Consiglio dei Governatori e del Consiglio dei Direttori. Come banca multilaterale di sviluppo, AIIB si presentò ai nastri di partenza forte dell'adesione di 57 Paesi, rappresentati nel consesso dai rispettivi ministri o responsabili delle Finanze, tra cui anche attori di primo piano come Italia, Germania, Francia, Russia, Regno Unito, Olanda, India, Indonesia, Malesia, Singapore, Brasile, Iran, Kazakhstan, Egitto e Arabia Saudita.
Il primo allargamento del board era arrivato nel marzo dello scorso anno, quando altri 13 tra Paesi e territori avevano deciso di aderire ad AIIB. Di questi, cinque appartenevano alla macroregione continentale di riferimento dell'istituto (compresa tra il Caucaso e l'Oceania): la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (Cina), l'Afghanistan, l'Armenia, le Figi e Timor Est. Gli altri otto, invece, rappresentavano le altre aree del mondo, cioè l'Europa (Belgio, Ungheria e Irlanda), il Nord America (Canada), il Sudamerica (Perù e Venezuela) e l'Africa (Sudan ed Etiopia).
In seguito al recente ingresso di Bielorussia, Ecuador, Isole Cook e Vanuatu, avvenuto lo scorso mese di dicembre, il numero dei Paesi membri è salito a quota 84. Tutti i continenti sono dunque rappresentati all'interno di AIIB, che nel corso di questi due anni di attività ha già cominciato a finanziare investimenti in 12 Paesi della macroregione di riferimento per un totale di oltre 20 miliardi di dollari, coinvolgendo sia il settore pubblico che quello privato.
Le prime tre agenzie di rating al mondo hanno dato tutte giudizi positivi su AIIB. In particolare, lo scorso giugno, Moody's ha assegnato la tripla A alla banca a guida cinese alla luce «della forza dei quadri di governance di AIIB, comprese le sue politiche in materia di gestione del rischio, adeguatezza patrimoniale e liquidità». Moody's si aspetta dunque «che la posizione di liquidità di AIIB sia altrettanto forte di quella di altre banche multilaterali di sviluppo altamente quotate». A luglio, Standard & Poor's aveva assegnato ad AIIB una valutazione AAA/A-1+, ritenendo «che il suo importante ruolo sia sostenuto dall'elevata necessità di investimenti infrastrutturali nella regione», una necessità quantificata in circa 1.500 miliardi di dollari da un precedente studio della Banca di Sviluppo Asiatica (ADB), l'altra banca multilaterale di sviluppo della regione, fondata nel 1966 a Tokyo.
Nel corso di una recente intervista esclusiva per Xinhua, il presidente di AIIB Jin Liqun ha precisato con soddisfazione che «la comunità internazionale nutre sempre più fiducia in AIIB» ma ha anche ricordato che «le valutazioni AAA non sono permanenti come un certificato di dottorato». «Se non facciamo bene il nostro lavoro - ha aggiunto Jin - le triple A potrebbero andarsene in qualunque momento». Jin Liqun ha anche ringraziato la Banca Mondiale e la stessa ADB per il supporto dimostrato prima e dopo la fondazione della banca di sviluppo multilaterale a guida cinese. Quattordici dei ventiquattro progetti fin'ora avanzati da AIIB sono stati infatti cofinanziati dalla Banca Mondiale e da ADB.
A questo proposito, Bert Hofman, direttore della Banca Mondiale per le aree di Cina, Corea e Mongolia, ha puntualizzato che «AIIB è un grande partner con cui lavorare, ed è un importante contributore alla lotta contro la povertà estrema e al supporto allo sviluppo sostenibile». Su questo aspetto, Jin Liqun ha chiarito che «AIIB non è mai stata e non sarà mai un rivale delle altre banche multilaterali di sviluppo» ma che, al contrario, vorrebbe «approfondire la cooperazione con loro».
Nonostante la partecipazione di ADB al finanziamento di diversi progetti, al momento il Giappone sembra temere la competitività dell'istituto con sede a Pechino. Finora, infatti, Washington e Tokyo hanno declinato l'invito rivolto loro ad entrare in AIIB, presumibilmente anteponendo calcoli geopolitici all'opportunità di far valere il loro elevato know-how nel settore infrastrutturale per investire nella regione, avvalendosi della ben più estesa rete di Paesi aderenti ad AIIB (84 contro i 67 di ADB). Dopo l'elezione di Donald Trump, la questione potrebbe definitivamente arenarsi, vista la contrarietà del nuovo inquilino della Casa Bianca ad avventurarsi in investimenti all'estero prima di aver adeguatamente rilanciato la manifattura e l'occupazione in patria.
Stando ai giudizi internazionali, AIIB sembra dunque mantenersi fedele alla sua mission, dedicata allo sviluppo infrastrutturale, e alla sua visione, fondata sul trinomio lean, clean and green, orientata, cioè, alla trasparenza, alla semplificazione e alla sostenibilità. Sebbene AIIB tenga a precisare la sua impermeabilità da qualunque interferenza politica, è evidente che nel suo successo ha giocato e giocherà ancora un ruolo importante il know-how acquisito dalla Cina in questo settore nel corso degli ultimi anni.
I megaprogetti infrastrutturali relativi alle grandi arterie stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali realizzati dal Paese asiatico in patria hanno attirato l'interesse di molti Paesi in via di sviluppo, consentendo alle aziende cinesi di aggiudicarsi appalti importanti in regioni-chiave per l'iniziativa Belt and Road, come il Sud-est asiatico, l'Asia Centrale, l'Asia Occidentale e l'Africa Orientale. L'effetto generato in termini di immagine internazionale dalle grandi opere, dalle catene logistiche, dalla digitalizzazione e dalla forte crescita dei servizi finanziari in Cina, ha indirettamente conferito credibilità anche ad AIIB, che può così guardare al futuro indipendentemente da ciò che Stati Uniti e Giappone decideranno di fare.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia