(ASI) Dall’alto, Celle di San Vito si svela come un piccolo scrigno incastonato tra i Monti Dauni, in Puglia. Con i suoi appena 140 abitanti, è il comune più piccolo della regione, ma racchiude un patrimonio culturale e naturale sorprendente. Le sue origini risalgono al XIII secolo, quando Carlo I d’Angiò, giunto con il suo esercito, lasciò qui alcuni soldati e le loro famiglie.
Essi si stabilirono nelle celle monastiche vicine al santuario di San Vito, dando così il nome al borgo. Ma ciò che rende Celle di San Vito davvero unico è la sua identità linguistica: qui si parla ancora il francoprovenzale, una lingua minoritaria che resiste al tempo e racconta una storia di radici profonde. Passeggiando tra i vicoli stretti e le case in pietra, si respira un’atmosfera sospesa, dove ogni angolo narra di una vita semplice e autentica.
La natura è protagonista assoluta. Il borgo è circondato da boschi rigogliosi, popolati da querce, cerri, olmi e frassini. È facile imbattersi in cinghiali, caprioli, istrici, volpi e persino lupi, il cui ululato riecheggia tra le colline. Nei boschi si raccolgono erbe spontanee e bacche – come il biancospino selvatico e la rosa canina – utilizzate nella cucina locale per preparare piatti tradizionali come lo spezzatino d’agnello o il pancotto.
Celle di San Vito è un luogo da ascoltare con il cuore: un borgo che, pur piccolo, custodisce una grande storia fatta di cultura, natura e resilienza. Un angolo d’Italia che merita di essere scoperto e amato.
Redazione Agenzia Stampa Italia
-



