(ASI) Che una guerra nel Vecchio Continente sia alle porte*, nessuno potrebbe confutarlo in modo convincente. Troppi e inequivocabili sono i segnali.

I burocrati dell'UE, soprattutto Merkel e il suo lacchè, Junker, sempre più a fatica dissimulano la volontà di "fare pagare cara" la Brexit a un popolo che - si badi bene - a maggioranza l'ha sancita con il pieno sostegno della regina Elisabetta II e contro le ricattatorie pressioni della City e della finanza internazionale. Lo ha implicitamente ammesso nei giorni scorsi anche l'italiano Gentiloni, augurandosi che i prossimi negoziati con le autorità britanniche non siano improntati a spirito di "vendetta". Peccato che Angela Merkel e, di rincalzo, Federica Mogherini la pensino diversamente. Le conclusioni dell'incontro dei 27 capi di Stato europei, che ha avuto luogo sabato 29 aprile, dimostrano la fondatezza dei timori del presidente del Consiglio italiano. La replica del primo ministro britannico, a breve giro di posta recapitata agli euro-burocrati di Bruxelles, conferma la linea di Theresa May: le priorità della Gran Bretagna restano il libero mercato senza dazi, la "fine della giurisdizione delle Corti europee" (leggi: recupero della sovranità nazionale) e uno "stop alla libera circolazione dei migranti" (leggi: stop all'immigrazione senza regole). L'incontro "conviviale" del 30 aprile May-Juncker non poteva andare peggio: la May diplomaticamente parla di "colloqui costruttivi", ma il suo interlocutore usa altri termini, definisce "disastroso" il risultato del suo viaggio oltre la Manica e si dice "dieci volte più pessimista" circa il buon esito delle trattative. Quindi, a meno che la Gran Bretagna "perinde ac cadaver", cioè come un automa, non decida di sborsare gli oltre 60 miliardi di sterline richiesti dai custodi del "tesoro del Reno", la soluzione sarà affidata al campo di battaglia. Qui entrano in gioco le alleanze, e Theresa May può ragionevolmente sperare di spezzare il fronte avversario, portando la Francia dalla sua parte. Quindi, nonostante il silenzio ufficiale di Downing Street - apparentemente in ossequio al principio della non-interferenza - Theresa May non può che augurarsi una vittoria elettorale di Marine Le Pen al ballottaggio di domenica prossima. Se non altro, per un pragmatismo... di stampo puramente britannico. Ma, soprattutto,  per un'Europa diversa e meno predatrice dei suoi Popoli.


Redazione Agenzia Stampa Italia

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* Londra, 30 apr. (askanews) "Non vivo in una realtà parallela, ma questo dimostra che quelli che ci aspettano sono tempi in cui i negoziati saranno duri": così, Theresa May ha risposto oggi alla BBC riguardo allo scontro avuto mercoledì scorso con i leader dell' Unione europea, che hanno respinto la posizione negoziale di Londra sulla Brexit. In conclusione la premier britannica resta dell'avviso che "è meglio nessun accordo che un cattivo accordo".

 

 

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