Il gigante fragile russo fra economia, alleanze e guerra al terrorismo

(ASI) San Pietroburgo- Oltre 300 grammi di tritolo nel terzo vagone della metropolitana. Akbarjon Djalilov viaggiava lungo la linea blu di San Pietroburgo, la seconda città russa dopo Mosca, quando ha deciso di farsi esplodere provocando 14 vittime e almeno 50 feriti. Un 22enne khirgiso, radicalizzato e già collaboratore dell'Isis come foreign fighter in Siria. Dal secondo ordigno inesploso gli inquirenti sono risaliti alle tracce di dna compatibili con i resti del corpo.

Lavorava in un'officina di San Pietroburgo da sei anni, ma non aveva smesso di collaborare con il terrorismo islamico. Nella Russia degli spargimenti di sangue e del terrorismo però, alcuni teorizzavano una strategia della tensione interna, come in altri casi, proprio quando Vladimir Putin aveva più bisogno di un episodio che fermasse le rivolte contro la sua leadership politica. Tanti episodi nel Paese nato dalle ceneri dell'Unione Sovietica: attentati ceceni nel 1999, 800 persone tenute come ostaggi nel teatro di Dubrovka nel 2002, le donne kamikaze negli aerei nel 2004, ogni sorta di violenza marcando la natura di uno Stato fragile. Al quarto mandato presidenziale Vladimir Putin è l'unico leader, ammirato per il carisma, temuto per la fermezza, odiato per l'impassibilità. Ai suoi occhi l'Ucraina resta un satellite, nel quale le regioni orientali di Donetsk e Luhansk sognano di tornare alla patria e la Crimea lo ha già fatto con un referendum illegittimo ma plebiscitario. Dalla fine del 2015 la scelta di combattere il terrorismo in una contraddittoria e frastagliata coalizione con gli Usa, difendendo l'amico Assad e i propri confini, ha provocato la reazione dell'Isis, aprendo nuovi scenari. Le alleanze di Iran e Turchia portano nuovi problemi, in un progetto militare confuso. La banderuola Erdogan e gli sciiti persiani sono pedine ben piazzate, ma dai movimenti incerti nella scacchiera medio orientale. Dall'altro lato, il rapporto con gli europei rimane gelido come quello con Kiev. Un gelo che non viene scaldato dal rapporto con gli Usa di Donald Trump. La cyberguerra sul coinvolgimento russo nelle elezioni americane impedisce al magnate newyorchese di avvicinare il collega del Cremlino. Sulle relazioni fra i due Paesi pesano gli otto anni di presidenza Obama. Il gigante fragile di Mosca è una società in subbuglio e uno Stato dall'economia povera. Gode solo del mercato delle armi ed energetico con i Paesi europei, unica luna di miele tra sposi che non si amano e fra una scaramuccia e l'altra. A San Pietroburgo la metro ha ripreso subito a viaggiare dopo le commemorazioni di rito. Una reazione ferma per rispondere al terrorismo o una linearità eccessiva, quasi da "gestione interna della sicurezza"? Putin è stimato anche per questo. Rimane forse l'unico modo per governare, grazie anche alla passata esperienza nel Kgb. Sempre utile, soprattutto in un Paese che ospitava tensioni di piazza da due settimane.

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italiaimages/

 
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