(ASI) A causa delle tensioni tra Ankara e Washington causate dal riavvicinamento tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e quello russo Vladimir Putin, il Pentagono, il ministero della Difesa statunitense, avrebbe iniziato a trasferire le armi nucleari stipate in Turchia, nella base di Incirlik non lontano dal confine con la Siria, in Romania.
La notizia è stata diffusa nei giorni scorsi dal sito EurActiv e per il momento non è stata confermata, ma nemmeno smentita, dagli Usa anche se si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui le bombe sarebbero state trasferite nella base Nato di Deveselu.
Quella di Incirlik era una delle basi europea in cui gli Usa avevano stipato testate atomiche, in Italia queste si trovano a Ghedi, nel bresciano, e ad Aviano. Secondo quanto trapelato le bombe trasferite in Romania sarebbero state una ventina ed il trasferimento sarebbe avvenuto seguendo tutte le norme di sicurezza nonostante la delicatezza delle operazioni.
La Romania, così come l’Italia, ha sottoscritto il Trattato di Non proliferazione nucleare e quindi non potrebbe ospitare sul proprio suolo questo tipo di armi anche se per gli usa questo non sembra essere un problema.
Attualmente sono almeno 6 le basi, dislocate in cinque paesi europei che volenti o nolenti, ospitano al loro interno delle testate nucleari
Nel 2005 le testate nucleari ivi presenti ammontavano a 480 unità, numero comunque approssimativo visto che i vari accordi stretti da Nato-Usa e Paesi alleati sono coperti dal massimo segreto e che le stime sono state fatte in base alla grandezza ei bunker dove si presume si trovino questi ordigni.
Da quel poco che si è riusciti a scoprire queste bombe vengono gestite attraverso un sistema di sicurezza per l’immagazzinamento degli armamenti, ideato durante la Guerra Fredda, che prevedeva di collocare le testate nucleari, insieme ad armi convenzionali, in rifugi sotterranei con apertura a tempo. Questi hangar sotterranei sono in grado di ospitare, ognuno, quattro testate, e sono spesso affidati agli uomini del Munss, composte all’incirca da 150 militari, ed agli Ws3 che sono tenuti ad attenersi in modo rigoroso e preciso all’AFI 21-204, risalente al maggio del 2007, che fornisce le linee di condotta e le procedure per la manutenzione, la certificazione, il movimento logistico e le procedure di controllo per le armi nucleari. Questo protocollo va applicato a tutto il personale che mantiene, tratta e controlla le armi nucleari. Tra l’altro riporta esplicitamente il principio e la pratica del “nuclear sharing”, nella parte in cui precisa che la custodia continua da parte degli Stati Uniti delle armi nucleari e delle loro componenti,” è obbligatoria fino al ricezione di un ordine valido relativo al controllo nucleare, che permetta il trasferimento delle armi nucleari USA a forze armate non statunitensi incaricate del loro utilizzo”. Trattandosi di questioni quanto mai delicate anche i militari non americani chiamati a custodire questi armamenti sono obbligati ad osservare in maniera quanto mai scrupolosa il medesimo protocollo, compresi i piani di emergenza in caso di incidente.
Altra procedura da osservare quella stabilita il 29 gennaio 2007 nell’Usafe nuclear surety staff assistance visit and functional export visit program managment; questo più nel dettaglio fissa i criteri e le procedure per le ispezioni in siti con ordigni nucleari e per le verifiche sulle condizioni di sicurezza.
La presenza di questo tipo di bombe in Europa è stato apertamente ammesso da Washington nel febbraio 2005 tramite alcuni documenti ufficiali declassificati, e contenuti nel rapporto sulle armi nucleari a stelle e strisce nel Vecchio continente. All’epoca, stando ai dati snocciolati dal Natural resocurcese defense council, risultava che il Pentagono, in base ad una decisione assunta nel novembre del 2000 dall’allora presidente Bill Clinton, manteneva in Europa poco meno di 500 testate nucleari, dislocate in otto diverse basi di sei differenti Paesi aderenti alla Nato.
In base a questo documento risultavano 150 bombe alloggiate in tre basi tedesche, 110 in una inglese, 90 in Italia tra Ghedi ed Aviano, altrettante in Turchia, 20 in Belgio ed altrettante in Olanda.
Tutte sarebbero bombe tattiche B-61, costruite però in almeno tre differenti versioni con una potenza che oscilla dai 45 ai 170 kiloton, ad Hiroshima, tanto per intenderci, la potenza era di appena 13 kilotoni.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia