Esercito cinese. Unità popolare, riforma e impegno sui mari

hoops(ASI) Venerdì scorso il presidente cinese Xi Jinping ha premiato persone e rappresentanti di organizzazioni distintesi nella promozione della solidarietà tra civili e militari. Come riporta Xinhua, la cerimonia è stata un'occasione utile a Xi per ribadire la necessità di compiere «rinnovati sforzi per aumentare la solidarietà tra le forze armate, il governo e la popolazione», un fattore ritenuto determinante affinché la Cina possa «resistere alle tempeste e procedere da un successo all'altro». Il leader della Repubblica Popolare ha così richiamato i settori militari e quelli civili alla condivisione culturale e al lavoro in sinergia nella grande opera di «ringiovanimento della nazione», uno degli obiettivi politici principali della quinta generazione del Partito Comunista Cinese.

Tradizionale caratteristica politica della storia cinese contemporanea, l'incremento della solidarietà tra civili e militari assume, nella Cina odierna, «un ruolo di ponte e collante» proprio in una fase di profonda trasformazione economica interna, che sta incidendo su entrambi i gruppi sociali. Da un lato, infatti, la spinta verso i servizi cambierà le dinamiche dei consumi privati e i meccanismi del mercato del lavoro. Dall'altro, invece, l'innovazione e l'alta tecnologia accelereranno il processo di modernizzazione e informatizzazione dell'Esercito Popolare di Liberazione, annunciato nell'ormai lontano 2002 e via, via concretizzato negli anni successivi.

Il primo ministro Li Keqiang ha evidenziato l'importanza di fissare «meccanismi di coordinazione tra civili e militari per i servizi in tempo di pace ed il sostegno al fronte in tempo di guerra». Nello specifico, Li ha sottolineato le priorità di riservare nuovi terreni ad uso militare e di costruire nuove strade per le necessità difensive, oltre al miglioramento delle strutture di supporto e dei pubblici servizi. «Le imprese più competitive dovrebbero essere orientate a partecipare alla ricerca e alla produzione di nuovi strumenti militari», ha aggiunto il premier ricordando che va fatto di più per aiutare gli ufficiali e i soldati in difficoltà. Le misure pensate dal governo prevedono l'individuazione di posti di lavoro per i militari in congedo - in particolare nelle aziende di Stato, nelle agenzie governative e nella pubblica amministrazione in genere - un sostegno per la famiglie del personale militare e l'assistenza sociale per i militari rimasti invalidi e le famiglie dei caduti.

Riforma e innovazione

Appena due giorni prima della cerimonia, Xi Jinping aveva presieduto un seminario di studio del Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese dedicato proprio alla difesa e alla riforma dell'esercito. Secondo il presidente cinese, citato da Xinhua, la riforma dovrà portare a termine una «generale trasformazione rivoluzionaria» e produrre strumenti in grado di formare forze armate all'altezza del ruolo internazionale del Paese. Xi ha poi sottolineato l'obiettivo di costruire un moderno esercito con caratteristiche cinesi, che sia in grado di conseguire successi nelle nuove condizioni di conflitto della guerra informatica e di affrontare efficacemente le missioni ed i compiti assegnati, come sottolineato anche all'interno dell'ultimo piano quinquennale 2016-2020.

Già in virtù del piano di ridefinizione delle forze armate presentato durante la 3a Sessione Plenaria del 18° Comitato Centrale, andata in scena tra il 9 e il 12 novembre 2013, le sette aree militari in cui per anni era stato suddiviso il territorio nazionale sono state ridotte a cinque, mentre i quattro dipartimenti militari - comando, politico, logistico e degli armamenti - sono stati riorganizzati in 15 agenzie. Nel settembre dell'anno scorso, inoltre, proprio in concomitanza con la parata tenuta a Pechino per celebrare il 70° anniversario della vittoria nella Guerra di Resistenza contro l'Aggressione Giapponese, Xi annunciò la riduzione del personale militare di ben 300.000 unità - il taglio più significativo dal 1997 - scendendo così progressivamente verso una quota totale di circa 2 milioni di effettivi in servizio. La notizia fece il giro del mondo e fu letta da non pochi osservatori internazionali come l'effetto in campo militare di una più vasta spending review, dovuta alla paventata crisi economica interna.

Dopo la ripresa in termini sia reali che finanziari e la doppia revisione al rialzo (da +6,3% a +6,5% e poi da +6,5% a +6,6%) delle stime di crescita cinesi, recentemente operata dal Fondo Monetario Internazionale, gli allarmi più sensazionalistici sono tuttavia rientrati. L'ultimo vertice 1+6 tra Li Keqiang e le massime autorità dei sei maggiori organismi internazionali (FMI, BM, WTO, ILO, OECD e FSB) - preludio al recente G20 finanziario di Chengdu - ha evidenziato quanto le più importanti istituzioni dell'economia mondiale si attendano da Pechino, assegnandole di fatto le redini principali della ripresa globale dopo il preoccupante rallentamento e la turbolenta volatilità che hanno contrassegnato il trend generale nel 2015.

Dunque, cosa avverrà nell'esercito cinese? La quantità lascerà maggior spazio alla qualità, le novità provenienti dall'industria avanzata (Made in China 2025) creeranno ulteriori possibilità di applicazione alla difesa, mentre la potenza di fuoco sarà "calibrata" dall'avanzamento dell'innovazione tecnologica, fondamentale strumento di sicurezza anche nell'ambito del cyberspazio, settore dove la Cina - grazie ai supercomputer - sta conquistando un'incontrastata leadership, confermata dal debutto, nel giugno scorso, di Sunway TaihuLight, il nuovo superelaboratore capace di compiere 93 milioni di miliardi di operazioni al secondo, migliorando il primato mondiale ottenuto nei tre anni precedenti da Tianhe-2.

Mare: rivendicazioni tra diplomazia e forza navale

Gli investimenti nel settore militare manterranno un valori piuttosto alti, ma se nel 2015 sono aumentati di circa 11 punti percentuali rispetto all'anno precedente, quest'anno la crescita potrebbe risentire della fase di "nuova normalità" in cui è entrata l'economia cinese ed aumentare "soltanto" del 7-8%. Ciò, tuttavia, sembra non spostare di una virgola gli obiettivi strategici del Paese. All'annuncio della riduzione del personale militare nel settembre dell'anno scorso, infatti, era seguita una precisa dichiarazione di Xi Jinping: «L'esercito è lealmente impegnato nel suo sacro dovere di difendere la sicurezza della patria e la vita pacifica del popolo, ed è lealmente impegnato nel sacro dovere di salvaguardare la pace mondiale». Invariati sono, dunque, i compiti interni ed internazionali dell'Esercito Popolare di Liberazione, a cominciare dalle acque del Mar Cinese Meridionale, dove le rivendicazioni nazionali su territori marittimi per secoli appartenuti al Celeste Impero si sommano alle contestazioni statunitensi sulle presunte violazioni commesse da Pechino ai danni della libertà di navigazione, sancita dalla Convenzione ONU sul diritto del mare.

La sentenza emessa il 12 luglio scorso dalla Corte Internazionale di Giustizia de L'Aja in favore delle Filippine, che tre anni e mezzo fa avevano avviato un arbitrato per risolvere il contenzioso sull'Arcipelago delle Isole Nansha (Spratly), è stata accolta con nervosismo dalla leadership cinese, che non aveva mai riconosciuto la legittimità di quel tribunale ad assumere decisioni sulla vicenda. Manila, che pochi mesi fa ha eletto un nuovo presidente, Rodrigo Duterte, molto più disponibile al dialogo del suo predecessore Benigno Aquino III, sta cercando in vari modi di trovare una soluzione diplomatica, vista quale unica ipotesi praticabile anche dagli altri Paesi della regione del Sud-est asiatico, come ribadito nel corso delle Sessioni 10+1 dell'ultima Conferenza Post-Ministeriale dell'ASEAN svoltasi a Vientiane, in Laos, tra il 23 e il 26 luglio scorsi.

Tuttavia, gli Stati Uniti potrebbero continuare ad interferire, come ad esempio avvenuto nell'autunno scorso, quando la nave da guerra USS Lassen fece ingresso nelle acque contese, varcando la soglia delle 12 miglia dalla costa, sancita dal diritto internazionale, all'altezza della Barriera di Zhubi, controllata dalla Cina. E' così che Yang Yujun, portavoce del Ministero della Difesa cinese, proprio tre giorni fa ha annunciato che nel settembre prossimo avrà luogo una serie di manovre congiunte con le forze armate russe proprio nel Mar Cinese Meridionale. Si tratta di esercitazioni ampiamente prevedibili nel quadro dell'alleanza strategica tra Pechino e Mosca - ormai piuttosto consolidata grazie soprattutto al ruolo crescente dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai - ma è anche un segnale politico molto forte sulle intenzioni della Cina di far valere l'intenzione di proiettare le sue capacità di controllo sull'intero spettro navale dei propri mari. Due degli elementi più significativi contenuti nelle proposte di riforma ispirate dalle discussioni del 18° Comitato Centrale sono proprio il rafforzamento delle capacità marittime e l'affermazione della Cina come potenza navale. Dopo aver realizzato il "sogno" del compianto ammiraglio Liu Huaqing, maître à penser della modernizzazione navale cinese, cioè quello di dotare la Marina cinese della sua prima portaerei, ora Pechino punta più in alto: ripristinare la sovranità su tutti i territori perduti.

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 
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