AIIB, al via ufficiale la nuova "banca mondiale" cinese

aibank(ASI) "Si tratta di un momento storico". Così il presidente cinese Xi Jinping ha salutato il via alle operazioni, avvenuto oggi a Pechino, dell'Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), la nuova banca guidata dalla

Repubblica Popolare, che durante lo scorso anno ha raccolto l'adesione, in qualità di membri fondatori, di 57 Paesi nel mondo tra cui l'Italia, la Germania, la Francia, la Russia, il Regno Unito, l'Olanda, la Svezia, l'India, l'Indonesia, la Malesia, Singapore, il Brasile, l'Iran, il Kazakhstan, l'Egitto, l'Arabia Saudita e tanti altri ancora.

Dopo aver raccolto in extremis, lo scorso 30 dicembre, anche l'adesione delle Filippine - vera sorpresa dell'ultimo momento, vista la contesa territoriale sussistente nel Mar Cinese Meridionale e le pressioni di Washington - la Cina ha così suggellato quello che, assieme al piano One Belt, One Road per la realizzazione della cintura economica della Nuova Via della Seta, si appresta probabilmente a diventare il suo più grande successo diplomatico dai tempi della Conferenza di Bandung (1955).

Funzioni e obiettivi

L'obiettivo primario della nuova istituzione finanziaria è quello di estendere e facilitare gli investimenti all'interno della regione Asia-Pacifico nel vasto settore delle infrastrutture, tradizionale traino veicolare dello sviluppo civile nelle sue diverse ramificazioni. In base al testo degli Articoli di Accordo dell'AIIB, la proposta è duplice:

1. Favorire lo sviluppo economico sostenibile, creare benessere e migliorare la connettività infrastrutturale in Asia attraverso gli investimenti;

2. Promuovere la cooperazione e le partnership regionali nell'orientamento verso le sfide dello sviluppo attraverso la stretta collaborazione con altri organismi bilaterali o multilaterali di analoga natura.

Le funzioni operative principali dell'AIIB, invece, saranno quattro:

1. Promuovere gli investimenti di capitale pubblico e privato nella regione per lo sviluppo delle proposte, in particolare nel settore delle infrastrutture e in altri settori produttivi;

2. Utilizzare le risorse a disposizione per finanziare questo sviluppo nella regione, inclusi quei progetti e quei programmi che contribuiranno più efficacemente ad una crescita economica armoniosa, con particolare riguardo ai bisogni dei Paesi meno sviluppati della regione;

3. Incoraggiare l'investimento privato nei progetti, nelle imprese e nelle attività che contribuiscono allo sviluppo economico della regione;

4. Intraprendere altre attività e fornire altri servizi che possano rispondere meglio a queste funzioni.

E' evidente, dunque, che il nuovo organismo internazionale avrà, in ogni caso, delle ripercussioni di ampia portata sui flussi di capitale in movimento tra Europa ed Asia, andando a ridisegnare una parte importante degli equilibri geopolitici mondiali.

Il Ministro delle Finanze cinese Lou Jiwei, eletto primo presidente del Consiglio della nuova banca, è stato chiaro: "L'apertura dell'AIIB rappresenta una pietra militare nella riforma del sistema di governance economica globale". Secondo il direttore dell'Istituto per la Cooperazione Economica Internazionale della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme cinese, Zhang Jianping, citato da Xinhua, "l'AIIB è già diventata una piattaforma per il miglioramento del sistema di governance finanziaria globale".

Ripercussioni e competizioni

La sfida principale, nei fatti, è quella di rimettere in discussione il ruolo quasi esclusivo di guida nella regolazione finanziaria dello sviluppo regionale, fin'ora ricoperto dall'Asian Development Bank (ADB), la banca a guida nippo-americana dove la Cina comunque già detiene il 6,5% delle quote azionarie. Lo scorso 14 maggio, durante il 48° summit annuale dell'ADB tenutosi nella capitale azera Baku, il presidente Takehiko Nakao aveva sottolineato la necessità di accelerare le riforme finanziarie e l'incremento dell'efficacia della banca a guida nippo-americana per restare al passo coi tempi.

Inoltre, l'eterogeneità geografica degli attori coinvolti dall'AIIB - che col Brasile ingloba persino il motore economico dell'America Latina - lascia pensare che, nei prossimi anni, la nuova banca a guida cinese potrebbe diventare addirittura un competitor della stessa International Bank for Reconstruction and Development (IBRD), emanazione della Banca Mondiale.

Le intenzioni espresse dal governo di Pechino, ovviamente, fin'ora sono sempre passate attraverso dichiarazioni ufficiali all'insegna della cooperazione pacifica e paritaria tra i diversi istituti e organismi internazionali che agiscono nella regione e nel mondo, lasciando piena libertà di adesione a quei Paesi che già fanno parte dell'ADB e dell'IBRD (Art. 3), ma il rifiuto degli Stati Uniti e del Giappone è un segnale evidente che l'AIIB, a quelle latitudini, non solo non è gradita ma è probabilmente anche temuta. E' vero che l'ADB conta 67 Paesi membri e che ha alle spalle un'esperienza ormai cinquantennale nel campo del credito e degli investimenti per lo sviluppo, ma al momento della fondazione, nel 1966, i Paesi membri erano solamente 31, molto al di sotto dei 57 coinvolti dall'AIIB. Le prospettive di crescita, facilitate senz'altro anche dal dissolvimento delle logiche della Guerra Fredda, sono notevolmente superiori. Chiamandosi pregiudizialmente fuori, dunque, il governo giapponese di Shinzo Abe potrebbe aver commesso un grave errore di sottovalutazione.

Dopo l'esclusione, ufficializzata definitivamente lo scorso ottobre, della Cina dalla Trans-Pacific Partnership (TPP), voluta da Washington per consolidare gli accordi e i meccanismi di libero scambio in seno all'Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), Pechino risponde dunque con determinazione alle logiche di quel Pivot to Asia che Barack Obama e Hillary Clinton, cercando di adattare ai giorni nostri l'ormai tradizionale dottrina statunitense del co-engagement verso la Cina, hanno portato avanti sul Pacifico scontrandosi con diversi ostacoli e fisiologiche contraddizioni.

Se è vero che il TPP ingloba di fatto il 40% del PIL mondiale, è altrettanto vero che unisce soltanto 12 Paesi firmatari, tra i quali a pesare economicamente sono soprattutto Stati Uniti, Giappone, Canada e Australia, con cui gli altri mercati aderenti, sebbene molto dinamici e di grande prospettiva (come ad esempio Singapore e la Malesia), ancora non possono reggere il confronto o possono farlo solo in parte.

L'AIIB, al contrario, racchiude un'amalgama piuttosto equilibrata tra Paesi avanzati e Paesi in via di sviluppo, dove il trasferimento di know-how e tecnologie dalle economie europee ed asiatiche più sviluppate può incontrare i servizi, le risorse e la manodopera (in alcuni casi sempre più qualificata) delle economie asiatiche in via di sviluppo.

Andrea Fais -  Agenzia Stampa Italia

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