(ASI) Ormai da una settimana sembra che il tempo si sia fermato alla notte di venerdì 13 novembre. Non solo il tempo ma anche il luogo, quella Parigi che oggi vive nell'angoscia la lenta ripresa verso la normalità.
L'Isis, ha ottenuto il suo scopo: diffondere il terrore tra le popolazioni. Gli attentati di Parigi non hanno scosso solo la coscienza dei popoli europei, ma quella di tutta la popolazione planetaria. Ovunque, in ogni stato o nazione civile, si sono avute manifestazioni di solidarietà. A volte con esiti assolutamente straordinari, come in Inghilterra, altre volte con esiti molto più deludenti, come durante la partita Turchia – Grecia allo stadio di Istanbul, i 120 morti di Parigi hanno avuto il loro giusto riconoscimento. Eppure non altrettanto si può dire per altre recenti tragedie del terrorismo globale.
Mentre oggi si celebrava la prima settimana dalla tragica notte del 13 novembre, l'Isis è tornato a colpire. L'obbiettivo odierno delle milizie fedeli all'autoproclamato califfato islamico l'hotel Radisson Blue a Bamako, la capitale del Malì. Un commando di 12 jihaidisti ha fatto irruzione nell'albergo al grido di "Allah u Akbar" e ha preso in ostaggio oltre 170 persone tra personale e ospiti dell'albergo. Solo un lungo blitz durato diverse ore le forze di sicurezza nazionali sono riuscite ad avere ragione del commando. Il bilancio è stato di 2 terroristi uccisi e 27 morti tra gli ostaggi. La totalità di questi ultimi era già stata uccisa prima dell'inizio del blitz da parte delle forze di sicurezza. Nel breve lasso di tempo intercorso tra la presa dell'albergo da parte dei terroristi e l'inizio del blitz, il commando aveva iniziato l'opera di separazione degli ostaggi uccidendo assassinando immediatamente chiunque non conoscesse passi del Corano.
Il 17 novembre era già stata la volta della Nigeria. In quel giorno il gruppo terrorista Boko Haram aveva colpito nella città di Yola distruggendo una stazione per camion. Il bilancio finale era stato di 32 morti e oltre 80 feriti di cui alcuni deceduti nei giorni seguenti. A differenza degli odierni attentati in Mali, in tale occasione le milizie Boko Haram avevano deciso di colpire chiunque si fosse trovato a passare nei pressi della stazione senza alcun riguardo ne distinzione. Tale azione si è verificata ad un mese esatto dal raid nella mosche della stessa città. In quell'occasione i morti furono 42 ed i feriti oltre un centinaio, per la stragrande maggioranza mussulmani.
Mentre il 12 novembre, solo un giorno prima degli attentati di Parigi, l'Isis aveva rivendicato un attentato a Beirut, la capitale del Libano. Due attentatori suicidi si erano fatti esplodere alla periferia della città lungo la strada che la collega all'aeroporto internazionale. Il bilancio finale è stato di 200 feriti e 50 morti.
Se le tragedie di cui sopra sono state "oscurate" dai fatti di Parigi, gli attentati in Kenya addirittura sono stati dimenticati. Nelle ore immediatamente successive agli attentati in Francia, sul web è iniziata a circolare la notizia di un attentato dell'Isis costato la vita a 147 studenti di un campus universitario kenyota. La notizia non era affatto errata, se non fosse per il fatto di essere databile a quasi 7 mesi prima. La strage compiuta dall'Isis per mano delle milizie Al-Shabaab presso l'università della provincia di Garissa, nel nordest del paese, era stata perpetrata il 2 aprile 2015. Nonostante ciò la notizia, alla data di pubblicazione attinente ai fatti, aveva ricevuto meno di un milione di "clic" sul sito della Bbc. La stessa notizia, ripresa dallo stesso sito, ha poi invece ottenuto oltre 10 milioni di "clic" nelle giornate tra il 15 e il 16 novembre, divenendo la notizia più letta e ottenendo il maggior numero di condivisioni. L'inspiegabile mobilitazione del web nonostante una simile svista, colpisce ancor di più se si pensa che ad aprile 2015, proprio a Parigi, una manifestazione spontanea di persone aveva commemorato gli studenti kenyoti e aveva esposto numerosi striscioni con su scritto "Je suis kènyan. Et vous?", ossia "Io sono kenyota. E voi?". Si potrebbe dire "meglio tardi che mai", però in questo caso non vi era nemmeno una reale intenzione di commemorare, poiché la commemorazione che era stata fatta a suo tempo, non aveva trovato lo stesso riscontro di quella nata quasi per "caso", sull'onda degli attentati di Parigi, 7 mesi dopo.
Cenusa Alexandru Rares – Agenzia Stampa Italia