Nelle elezioni legislative in Portogallo tenutesi il passato 4 ottobre, si è potuto assistere a diverse “ambiguità”.
(ASI) Formalmente, le elezioni sono state vinte dal candidato del Partito Social Democratico (Partido Social Democrata, P.S.D.) – orientativamente di centrodestra – Pedro Passos Coelho, che era l’uscente Primo Ministro e dopo le elezioni è stato riconfermato tale.
Il P.S.D. ha ottenuto il 36,8% dei voti, i suoi principali concorrenti Partito Socialista (Partido Socialista, P.S.) e Blocco di Sinistra (Bloco de Esquerda, B.E.) – quest’ultimo un cartello elettorale unitario delle forze di sinistra radicale – hanno conquistato rispettivamente il 32,4% e il 10,2%. A tutto questo va aggiunto il risultato minore di Coalizione Democratica Unitaria (Coligação Democrática Unitária, C.D.U.), un cartello elettorale anche questo che unisce i genericamente “comunisti” agli ambientalisti dei movimenti “Verdi”, che lo scorso 4 ottobre ottiene un 8,3%.
Il Partito Social Democratico ha si vinto le elezioni, ma non è riuscito ad ottenere un numero di voti tale che gli permettesse la costituzione di un governo autonomo. Da subito i rappresentati socialdemocratici hanno tentato di avvicinare alla sfera di partecipazione al governo gli eletti del Partito Socialista, i quali a loro volta si sono rifiutati finora di avvicinarsi al P.S.D., dichiarandosi invece alleati del Blocco di Sinistra. Infatti, con la minoranza numerica per la formazione di un esecutivo dei socialdemocratici, i socialisti hanno anche cercato di presentarsi al Presidente della Repubblica del Portogallo per avere il mandato governativo su una base di alleanza con Blocco di Sinistra e Coalizione Democratica Unitaria – dai quali il P.S. è riuscito a “smorzare” i forti toni antieuropeisti e avversi alla N.A.T.O., nei confronti dei quali i socialisti sono più “moderati” – che i seggi di quest’ultimi sommati con quelli del Partito Socialista raggiungono una soglia numerica giusta per la nascita di un governo.
E qui “entra in gioco” il Presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, il quale si è rifiutato di concedere il mandato governativo ad una coalizione troppo di sinistra ed anti-U.E.. Silva ha infatti dichiarato <<In quarant’anni di democrazia, nessun governo in Portogallo ha mai dovuto dipendere dall’appoggio di forze anti-europee. Ossia forze che hanno dichiarato di voler abrogare il Trattato di Lisbona, il fiscal compact, il patto di stabilità e di crescita e di voler rompere l’unione monetaria e portare il Portogallo fuori dall’euro, oltre a volere la dissoluzione della NATO. Dopo che abbiamo sopportato un oneroso piano di assistenza finanziaria, che ha comportato duri sacrifici, è mio dovere, nell’ambito dei miei poteri costituzionali, di fare quanto è possibile per evitare di dare segnali sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati.>>
Insomma a nulla è bastato che, dietro accordo con i socialisti, i movimenti comunisti e di sinistra radicale affievolissero le proprie rivendicazioni antieuropeiste ed antioccidentali. Ma la cosa più sconcertante che bisognerebbe dire, a nulla è bastato il “voto popolare” su cui comunque i partiti più radicali poggiano la loro forza. Per il Presidente della Repubblica o si è filoeuropei o niente!
Da un mese a questa parte, da quando ci sono state le elezioni, Anibal Cavaco Silva ha consegnato nuovamente il mandato governativo nelle mani di Pedro Passos Coelho, che come detto non ha però la forza numerica per mandarlo avanti. Le voci che corrono in Portogallo, sembrano orientarsi per la formazione di un governo tecnico, al quale non è detto che avrebbe i voti necessari del Parlamento, o il ritorno alle urne. Comunque una situazione paradossale quella portoghese, dove i voti popolari valgono meno delle “Istituzioni finanziarie”, gli “investitori” e i “mercati”, come ha dimostrato “silenziosamente” il comportamento del Presidente della Repubblica. E con un silenzio dei mezzi dell’informazione che è totale.
Si asserisce che fuori dall’Euro si rischierebbero derive autoritarie. Ma quello che salta sempre più all’occhio, è che le famigerate “derive autoritarie” sono pericolosamente di fatto in esso.
Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia