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Perché la Svezia ha abbandonato il suo “partito dei lavoratori”

(ASI) Mentre i Socialdemocratici si preparano ai lavori della commissione che si riunirà il prossimo venerdì a proposito della recente crisi elettorale, in un dettagliatoarticolo pubblicato dal quotidiano The Local, l’analista Naomi Powell da un piccolo sguardo a come il partito tradizionalmente dominante ha perso il suo posto all’apice della politica svedese.

 

Per Matthias Hjertzell, un timido ed educato ragazzo di 19 anni, le elezioni generali del 2010 sono state memorabili non solo per le prime pagine che in cui è apparso nei giornali nazionali. La resa dei conti tra i Socialdemocratici e i Moderati, partito di punta del blocco di centro-destra, hanno segnato la prima volta al voto anche per lui.

Come membro della sindacato degli elettricisti svedesi, quello di Hjertzel avrebbe dovuto essere considerato un voto sicuro per i Socialdemocratici, che hanno sempre contato sull’appoggio dei lavoratori organizzati tra i loro più vicini elettori. Non questa volta. “Io ho votato per il partito Moderato” dice Hjertzell. “Se tu hai un lavoro, sono un buon partito per te”.

Il partito Socialdemocratico, a lungo considerato una delle più potenti macchine politiche in Europa, ha realizzato la sua peggiore performance della sua storia nelle ultime elezioni, prendendo solo il 31% dei voti. Dietro la sconfitta del partito, non c’è solo il non essere riusciti ad attirare i voti della classe media, sostengono gli analisti, ma anche uno scivolamento costante da parte di quella che una volta era la spina dorsale incrollabile del partito: i lavoratori.

Mentre i Socialdemocratici si stanno organizzando per riempire il vuoto creato dalle dimissioni di Mona Sahlin, gli osservatori sostengono che il partito dovrà fronteggiare una dura battaglia per puntellare la sua base di appoggio che si sta erodendo.

Il supporto dei membri del LO (Landsorganisationen i Sverige, Confederazione svedese dei sindacati), la più grande organizzazione rappresentativa dei lavoratori sindacalizzati svedesi, è costantemente diminuito, da un 58% di coloro che votarono per i Socialdemocratici nel 2002 fino al 50% nelle elezioni del 2006, secondo un sondaggio del Programma di Studi sulle elezioni nazionali svedesi dell’Università di Goteborg. E i sondaggi mostrano che il terreno non è stato riconquistato nel corso delle ultime elezioni.

Si tratta di una preoccupante inversione di fortuna per i socialdemocratici, gli architetti del modello di Welfare State “dalla culla alla tomba”, la cui politica, storia e principi si sono radicati in una connessione storicamente potente per sindacati e i lavoratori dipendenti ordinari.

“Tradizionalmente, i Socialdemocratici hanno sempre supportato i diritti al lavoro, ma anche il dovere di lavorare” Maria Oskarson, lettrice al dipartimento di scienze politiche dell’Università di Goteborg.

Hanno sempre supportato la moralità, il valore di “mettere la paglia nella rimessa” così per dire. Nelle ultime elezioni hanno perso questo.

Nello stesso tempo, il partito Moderato di centro-destra guidato da Fredrick Reinfeldt ha raccolto il mantello del “partito dei lavoratori” facendo leva sul taglio delle tasse e altri incentivi verso i lavoratori ordinari, dice la Oskarson. In questo processo, i Moderati hanno cambiato la forma ai Socialdemocratici, gli architetti dello Welfare state svedese, facendoli apparire agli occhi della gente come “il partito dei disoccupati”, continua. Il tutto contribuisce ad un cambiamento fondamentale per un paese dove una volta la possibilità di tagliare le tasse veniva vista come una minaccia allo stato sociale.

“Piuttosto che uno sfaldamento tra la classe media e la classe lavoratrice, abbiamo uno sfaldamento tra le persone che hanno un lavoro e una casa e quelle che stanno fuori dal mercato del lavoro ordinario e dalla stabilità” sostiene la Oskarson.

I Moderati sono stati molto convincenti nel dipingere i Socialdemocratici come il partito dei disoccupati e dei malati. Facendo leva su questo, hanno creato una divisione tra i lavoratori e i precari, che prima non esistevano in Svezia.

“La Confederazione sindacale L.O. mantiene una stretta relazione con i Socialdemocratici, contribuendo a finanziare la loro campagna elettorale ed esercitando una consistente voce in capitolo all’interno del partito” spiega Christer Thornqvist, professore di scienze del lavoro all’Università di Goteborg.

Ma anche i sindacati hanno le loro battaglie da combattere. Come in gran parte delle democrazie industrializzate, il lavoro in Svezia è gradualmente passato dalle tradizionali industrie manifatturiere al settore dei servizi, dove gli iscritti ai sindacati sono un numero minore. Attualmente circa il 70% della forza lavoro svedese è impiegata nei servizi e solo un 30% nell’industria. Nel 1960, quando il settore manifatturiero guidava l’economia, queste percentuali erano ribaltate, dice Thornqvist. La stessa Confederazione sindacale ha visto il proprio numero di iscritti scivolare da 2 milioni di membri del 2000 a 1.6 milioni di iscritti ad oggi. Sebbene questo declino possa essere spiegato in parte nella razionalizzazione del settore industriale, la più grande perdita di leadership è avvenuta dopo che l’Alleanza di centro destra ha aumentato i premi per i fondi di assicurazione contro la disoccupazione gestiti dai sindacati, ha detto Thornqvist.  La tassa di un singolo membro è aumentata da un intervallo di 90-100 corone al mese fino a 370 corone al mese.

Molti membri cominciano a vedere l’assicurazione di disoccupazione e l’iscrizione a un sindacato come i due lati della stessa medaglia, una medaglia che adesso non possono permettersi di offrire. Infatti, nel 2007, l’appartenenza sindacale globale è scesa dal 77 al 72% per cento, la più grande perdita in un solo anno dopo lo sciopero generale nel 1909. “Ma i problemi dei Socialdemocratici derivano inoltre da un difficoltà crescente nel rispondere ai cambiamenti della società svedese”, dice Jenny Madesman, lettrice di scienze politiche all’Università di Stoccolma. “I Socialdemocratici non riescono più ad attrarre lavoratori tradizionali e una parte di questo deriva dal fatto che essere un lavoratore oggi è molto differente rispetto a quello che significava esserlo trenta anni fa. Tu puoi avere una casa e un reddito relativamente più alto. Le tue preoccupazioni sono differenti”. La Madestam focalizza sul R.U.T., gli sgravi dalle tasse per i servizi in casa, come una politica che ha fatto appello ai lavoratori tradizionali così come alla classe media. “E’ una politica molto popolare specialmente tra le famiglie nelle quali entrambi i partner lavorano e potrebbero aver bisogno di babysitter o altre forme di assistenza, ma i Socialdemocratici si sono opposti a questo” spiega lei. Johan Hall, segretario stampa per la confederazione sindacale L.O., ha notato che i tagli delle tasse imposti dall’Alleanza di centro-destra ha reso molti lavoratori “soddisfatti come se guadagnassero di più” sotto i Moderati, anche se i costi sono aumentati in altre aree (come per esempio l’aumento dell’assicurazione per la disoccupazione). Allo stesso tempo, i Moderati sono stati molto attenti ad apparire come i guardiani del Welfare State così caro agli svedesi,  nello stesso momento in cui hanno imposto un aumento dei tagli delle tasse (che sarebbe potuto essere visto come potenzialmente dannoso per il tradizionale modello sociale). Questo approccio ha fatto vincere i Moderati e ha fatto guadagnare loro molto appeal tra la classe media che una volta apparteneva ai Socialdemocratici.

“Nel 1950 i Socialdemocratici avevano una strategia per incorporare non solo i “colletti blu” ma anche i “colletti bianchi”. Questo perché loro sviluppavano l’idea di Welfare State, un idea in base alla quale, se ognuno avesse pagato le tasse, ciascuno ne avrebbe beneficiato. Essi cercavano di essere il partito di tutti. La cosa tristemente ironica è che oggi sono i Moderati che si presentano come il partito che vorrebbe essere di tutti, al di sopra delle classi sociali. Questo è un problema, un grande problema per i Socialdemocratici. E ancora, ad indebolire il tutto, ha contribuito il fatto che i Socialdemocratici non sono riusciti ad attrarre nuove componenti della società, inclusi i gruppi di immigrati. Gli immigrati oggi rappresentano il 14% della popolazione svedese e i tassi di occupazione di questi ultimi continuano a rimanere bassi, così come la partecipazione alle elezioni. “La classe lavoratrice intesa nei termini di coloro che sono nati in Svezia sta diminuendo, in parte perché essi diventano istruiti e vagamente all’interno della classe media” spiega Olof Ruin, professore emerito di scienze politiche all’Università di Stoccolma. “Allo stesso tempo tu hai molte persone che provengono da fuori della Svezia e incontrano molti problemi a trovare lavoro. Queste persone sono meno attive in politica, non sono in grado di scegliere o non hanno i requisiti per votare. La questione su come i Socialdemocratici possano riguadagnare consensi è stata temporaneamente messa da parte, scavalcata dal dibattito su chi dovrà prendere le redini del partito dopo Mona Sahlin.  Una volta sistemato ciò, gli osservatori concordano che il partito debba trovare nuovi spazi in una società svedese che sta rapidamente cambiando. “Eravamo abituati a parlare di egemonia socialdemocratica” dice Madestam. “Noi siamo tutti socialdemocratici se si vota per un partito di sinistra o per il centro e le nostre idee riguardo la giustizia sociale e l’uguaglianza sono la stessa cosa. Ma la Svezia sta diventando sempre più individualista. Le persone stanno pensando di più a ciò che vogliono per loro stessi. Idee come uguaglianza e solidarietà non sono così forti”

 

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