(ASI) Gerusalemme - All’alba di martedì 4 settembre, un gruppo di coloni israeliani ha appiccato il fuoco al portone di legno del monastero cristiano di Dar al-Latrun, a Gerusalemme, distruggendolo. La radio ebraica ha inoltre comunicato che il muro di pietra dell'insediamento monastico è stato imbrattato con scritte oltraggiose rivolte a Gesù e di tono razzistico contro i cristiani.
Tutto ciò rappresenta un segnale particolarmente allarmante, perché ha tutte le caratteristiche di un salto di qualità operato dal fanatismo ed estremismo dei coloni ebrei provenienti per lo più dall'Europa orientale. Questo episodio, insieme ad altri, preoccupa fortemente non solo il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche delle varie confessioni cristiane di Terrasanta, ma le stesse autorità di polizia locali, che conducono le indagini sul caso. È recentissima infatti la notizia che nella città di Beersheva (Bir as-Saba’a), nella Palestina meridionale, poliziotti israeliani hanno tratto in arresto coloni ebrei che stavano profanando e distruggendo tombe cristiane. Senza contare che nel trascorso mese di febbraio una chiesa è stata oggetto di atti vandalici, accompagnati dal solito repertorio di scritte invocanti la “morte della Cristianità” ed espressioni blasfeme contro Gesù. I musulmani non se la passano certo meglio dei cristiani: profanazioni di moschee, cimiteri e luoghi santi dell'Islam quasi non si contano più e, per esempio, a dicembre, un’antica moschea di Gerusalemme è stata incendiata, i muri imbrattati con la Stella di David, con insulti alla figura del profeta Maometto e con la scritta “Un Arabo buono è un Arabo morto”. Cose di normale amministrazione o che preludono a qualcos'altro?