(ASI) A poco più di un mese dalle prossime consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, nulla di effettivamente nuovo si vede nel panorama della proposta elettorale italiana. La maggior parte dei partiti presenta personaggi che, di là dall’occasionale e opportunistica vulgata “No Euro”, sono corresponsabili degli accordi di Lisbona, di quelli sul Fiscal Compact e sull’ESM, in altre parole dell’ulteriore svendita della sovranità nazionale, politica ed economica.
Non possono, inoltre, essere credibili quelle compagini che, rispolverando Mameli, vantano radici in formazioni aventi un vetusto e anacronistico antifascismo nel loro statuto o altre che hanno pulsioni secessionistiche, né ulteriori altre, come il M5S, che critica tutto, ma non sa proporre nulla di concretamente alternativo perché non ha solide fondamenta culturali e, alla resa dei conti, è complice dei poteri forti.
Il discorso sull'Euro è un po’ più complesso e occorre essere realisti: tornare semplicemente alle monete nazionali non sarebbe la migliore medicina, con il rischio di esporre le relative economie a speculazioni inflattive e concorrenze incontrastabili di giganti quali USA e Cina. Insomma, volenti o nolenti, non è più pensabile un’Italia senza risorse energetiche e senza materie prime che possa competere da sola contro tali colossi, se non in un più ampio contesto europeo (e anche mediterraneo).
Occorre però precisare quale debba essere questo contesto, ovvero un’Europa dei Popoli, rispettosa delle Sovranità e delle Identità nazionali, ma anche delle sue incontestabili tradizioni di civiltà, delle sue specificità e diversità. Certamente non può essere l’Europa degli accordi di Maastricht e di Lisbona, del gruppo Bilderberg, della Goldman Sachs, della BCE e del FMI, di cui la UE è espressione e pedissequa esecutrice di ordini, come del resto il Bel Paese non può essere considerato la portaerei naturale della NATO al centro del Mar Mediterraneo. Il difetto originario di tutti gli attuali mali sta nella concezione stessa di “questa” Unione Europea e tale sistema monetario europeo non funziona perché è sotto il controllo della maledetta troika (BCE-UE-FMI) ed è distorto l'uso che se né fa.
Tanto è vero che l’agognato Parlamento Europeo è stato via via svuotato dei suoi poteri, con l’attività legislativa e regolatoria divenuta, di fatto, prerogativa della Commissione Europea (i cui presidente e membri vengono nominati con il benestare delle lobby finanziarie) e del Consiglio UE (anche qui il presidente è designato internamente) alla faccia della tanto sbandierata “democrazia”. Ci si è mai interrogati sugli enormi costi di questo carrozzone europeo in cui, peraltro, l’unica assemblea elettiva è relegata al ruolo di ratificare decisioni già prese da altri? È la stessa Unione Europea da azzerare e rifondare, non solo l’Euro. Se un'Europa dei Popoli, affrancatasi dalla morsa usuraia della BCE, decidesse in blocco di ri-nazionalizzare le banche centrali e azzerare i crediti illecitamente accumulati dalle banche private nei confronti dei vari Stati, tornando a emettere in proprio le banconote, e non solo le monete coniate, per incassarne i relativi diritti di signoraggio a credito dei Popoli medesimi, allora forse il sistema della moneta unica europea potrebbe funzionare da deterrente nei confronti del dollaro, della lira sterlina e dello yuan. Insomma, sarebbe auspicabile quell'Europa Nazione che tante generazioni a partire dal ‘900 hanno sognato, faro di civiltà e cultura per il mondo, libera dalle consorterie massoniche e dalle speculazioni finanziarie internazionali, con una propria florida economia, magari anche grazie a stretti legami di collaborazione con la troppo spesso disprezzata e sottovalutata Federazione Russa.
Qui siamo appunto, però, nel dominio dei sogni che sconfinano nelle utopie: la storia deve fare il suo corso e tanta gente perplessa e incerta deve prendere coscienza di ciò che certi criminali legalizzati da governi servili sta facendo e complottando sulla propria pelle, precarizzandone l’esistenza. Per non rimanere nel frattempo inerti, occorre interpretare la protesta, la ribellione, l’insofferenza trasversale e generalizzata di molte persone, indipendentemente dai propri interessi di bottega o di categoria, senza pregiudiziali obsolete e deleterie di “destra” e di “sinistra”, non rendendoci complici di un sistema iniquo, fonte di profonde ingiustizie sociali, e astenendoci in massa da queste elezioni burla: è un segnale forte che non può essere ignorato.
Roberto Bevilacqua