(ASI) Non passa giorno che non si leggano sui giornali notizie di spese allegre di consiglieri comunali, provinciali, regionali altrettanto allegramente rimborsate dall’ente attraverso i loro gruppi di appartenenza. Nel calderone delle note spese, oltre alle voci tradizionali relative a spostamenti e pasti di lavoro (ma è sempre più difficile controllarne la piena legittimità), finiscono anche voci che è eufemistico definire folcloristiche.
Sappiamo così di aver rimborsato nel tempo le spese del matrimonio della figlia di un consigliere regionale, il mutuo casa di un suo collega, le aragoste per il palato delicato di un eletto, gli impellenti bisogni fisiologici di un assessore, fino ad arrivare alle mutande di un governatore. Il sorriso che affiora alle labbra nel leggere queste assurdità, si trasforma però subito in una smorfia di disgusto. La crisi economica e le difficoltà in cui si dibattono ogni giorno milioni di cittadini fanno assumere a queste notizie un carattere di intollerabile ingiustizia e di offesa. E a esserne travolta è la credibilità dell’intera classe politica senza più possibilità di distinzione tra chi opera correttamente e chi no.
Federconsumatori a Adusbef chiedono dunque che oltre ad adottare criteri di attenta vigilanza sulle spese di servizio degli amministratori, vengano urgentemente aboliti i rimborsi ai gruppi politici.
Le spese per l’attività del personale politico le paghino i partiti non i cittadini contribuenti.
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