Nonostante l’influenza sia da considerarsi una malattia molto comune, comporta spesso un impatto rilevante non solo dal punto di vista sociale (perdita di giorni di scuola, assenza dal lavoro dei genitori, assistenza domiciliare da parte di persone diverse dai genitori, la trasmissione dell’infezione ai familiari e, soprattutto, agli anziani) ma anche e soprattutto da quello clinico ed economico. Spesso, infatti, un’influenza comporta un notevole incremento del consumo di antibiotici e di antifebbrili, affollamento negli ambulatori dei Pediatri di Libera Scelta e nel Pronto Soccorso degli ospedali con un significativo aumento del rischio di ospedalizzazione.
I ricoveri ospedalieri da influenza, che in assoluto non sono particolarmente numerosi, sono prevalenti nel bambino considerato "a rischio", cioè portatore di una patologia di base che, a sua volta, può favorire lo sviluppo di un’influenza complicata o che può aggravarsi in seguito all’infezione da virus influenzale.
In Italia, i casi di morte influenza-correlati sono, in totale per anno, circa 8000. Di questi, alcune decine riguardano soggetti di età pediatrica, dei quali circa il 60% muore a causa di complicanze causate dall’influenza o per aggravamento delle patologie croniche di base.
“L’influenza deve essere gestita sul territorio, dal Pediatra di famiglia - sottolinea la Prof.ssa Susanna Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura Fondazione IRCCS, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) - e i ricoveri ospedalieri devono essere limitati ai casi di effettiva necessità, sia per evitare al bambino un inutile disagio legato alla degenza lontano dall'ambiente familiare, sia per contenere i costi, sia per non favorire la diffusione nosocomiale del virus, particolarmente pericolosa per i soggetti ospedalizzati affetti da malattie croniche. Il virus influenzale è il terzo agente, in ordine di frequenza, che causa infezioni nosocomiali in età pediatrica, dopo il virus respiratorio sinciziale e il rotavirus. L’obiettivo è, quindi, quello di evitare l’ospedalizzazione, se non indispensabile”.
Per individuare i pazienti da ricoverare e quelli da trattare a domicilio, raccomandano i pediatri, è importante attenersi a criteri scientificamente provati: le più recenti linee guida nazionali e internazionali riguardo la gestione di soggetti pediatrici con sindrome influenzale identificano quattro situazioni con diverse raccomandazioni rispetto alla necessità o meno di ospedalizzare:
- non si richiede necessariamente il ricovero, ma soltanto una più attenta osservazione medica per individuare tempestivamente eventuali complicanze, quando si è in presenza di una delle seguenti condizioni preesistenti: cardiopatie non cianogene, asma moderato-grave, patologia respiratoria cronica, fibrosi cistica, insufficienza renale ed epatica, diabete e altre malattie metaboliche, immunodeficienze congenite e acquisite, malattie neoplastiche, terapia steroidea prolungate;
- non si richiede necessariamente il ricovero, ma la gestione a livello domiciliare o ambulatoriale da parte del pediatra, quando si è in presenza dei seguenti segni o sintomi: disidratazione correggibile per via orale, basso peso neonatale o prematurità in soggetto di età superiore a 3 mesi, lieve distress respiratorio, episodi di convulsioni febbrili successivi al primo e non complicati;
- si può considerare il ricovero in presenza delle seguenti condizioni: incapacità della famiglia a gestire il problema, condizioni economiche o sociali che non garantiscono un'adeguata assistenza a domicilio, età inferiore a 3 mesi associata a uno o più fattori di rischio, bronchiolite in età superiore a 3 mesi, saturazione di 02 pari a 92-95%;
- è fortemente raccomandato il ricovero immediato nelle seguenti condizioni: disidratazione che richiede reidratazione per via endovenosa o altra terapia per via venosa, frequenza respiratoria >70 atti/min o saturazione 02 <92%, insufficienza respiratoria, convulsioni (primo episodio) o sintomi neurologici, bronchiolite in lattante di età inferiore a 3 mesi, cardiopatie cianogene, segni di sepsi.
In generale, una diagnosi di influenza, nel momento in cui il virus è circolante nell’ambiente, è suggerita quando si presentano i seguenti sintomi ad esordio brusco e improvviso:
- la presenza costante di febbre che, in un numero non trascurabile di casi, raggiunge valori elevati anche superiori a 39°
- un sintomo respiratorio (tosse, faringodinia, congestione nasale)
- un sintomo sistemico (cefalea, malessere generalizzato, sudorazione, brividi)
Nei bambini più piccoli, che non sono in grado di descrivere i sintomi sistemici, l’influenza si può manifestare con irritabilità, pianto e inappetenza e, soprattutto nel lattante, può essere accompagnata nel 10-20% dei casi da vomito e diarrea.
Nel trattamento dei sintomi associati all’influenza, come febbre e dolore, risultano efficaci il paracetamolo e gli anti-infiammatori non steroidei (FANS). In assenza di complicazioni di verosimile origine batterica, bisogna limitare l’impiego di antibiotici, per evitare la possibile comparsa di ceppi batterici antibiotico-resistenti; questi farmaci, tra l'altro, comportano un costo economico molto elevato. Da non dimenticare, inoltre, semplici accorgimenti quali il riposo in ambiente confortevole e l’adozione di una dieta bilanciata, con particolare attenzione ad un'adeguata somministrazione di liquidi e ad un apporto calorico minimo che tenga conto della difficoltà del bambino ad alimentarsi.
Infine, la Professoressa Esposito, a nome della Società Infettivologia Pediatrica che presiede, raccomanda di limitare il trattamento con antivirale nei soggetti a rischio, cioè sia nei bambini a rischio di contrarre la malattia influenzale in forma particolarmente grave (ad esempio soggetti oncologici, affetti da HIV o neonati prematuri fino all’età di 2 anni), sia in quelli che, una volta contratta l’influenza, rischiano di andare incontro ad un aggravamento della patologia di base (ad esempio soggetti con patologie croniche cardiache, respiratorie o con disturbi neurologici). “In particolare questi ultimi devono essere vaccinati annualmente in periodo pre-epidemico e, nel caso in cui vadano incontro a sintomi di Sindrome influenzale in periodo epidemico, siano essi vaccinati o meno, devono ricevere un trattamento antivirale entro 48 ore dall’insorgenza della sintomatologia – precisa Susanna Esposito. Particolare peso va, infine, attribuito ai soggetti asmatici considerando che l’asma è la patologia cronica più comune in età pediatrica che colpisce circa il 10% dei bambini. Nei bambini asmatici fino ai 9 anni (si può parlare di asma solo dopo i 5-6 anni di età) i rinovirus sono più frequentemente implicati rispetto ai virus influenzali nel determinare l’insorgenza di attacchi d’asma. Tuttavia, sebbene il virus influenzale non sia uno dei virus che più frequentemente inducono l’esacerbazione dell’asma, i dati relativi alle epidemie da influenza indicano che il sintomo più frequente nella fascia pediatrica è il sibilo asmatiforme.
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