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(ASI) Teheran – Per la serie "Quando gli accordi e trattati non sono moralmente vincolanti, ma carta straccia". Venerdì scorso una delegazione di otto membri del Parlamento europeo guidata da Tarja Cronberg, presidentessa dell’organismo istituzionale Ue per le relazioni  con l'Iran, è arrivata a Teheran per avere colloqui con funzionari della Repubblica islamica.
Lunedi gli incaricati dal Parlamento europeo hanno incontrato il Presidente del "Consiglio delle Opportunità a difesa degli Interessi della Repubblica Islamica dell’Iran" (CE) l’Ayatollah Akbar Hashemi Rafsanjani, il quale in merito alla decisione degli Stati Uniti di imporre nuove sanzioni contro Teheran ha dichiarato: “ Sono il frutto della influenza politica e della pressione continua esercitata dalla lobby sionista statunitense contro l’Iran ” .

Poi ha aggiunto: "Al contrario, il mondo si aspettava che il governo Obama  attuasse l'accordo di Ginevra e sperava che gli Stati Uniti e gli altri Paesi  non violassero la promessa politica presa in quegli accordi ".

Infatti, Il nuovo embargo degli Stati Uniti è giunto nonostante sia in vigore l'accordo nucleare firmato nella città svizzera il 24 novembre 2013 tra la Repubblica Islamica dell'Iran ed i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, più la Germania. L’intesa prevedeva che  per 6 mesi la Repubblica Islamica dell’Iran non sarebbe stata oggetto di alcuna sanzione. Si tratta di un cambiamento politico di rotta dovuto, secondo l’Ayatollah Akbar Hashemi Rafsanjani, al grande peso e potere politico esercitato dalla lobby sionista  all’interno dell’esecutivo di Obama.

Infine, il Presidente del Consiglio delle Opportunità a difesa degli Interessi della Repubblica Islamica dell’Iran (CE) ha espresso a Tarja Cronberg  il seguente auspicio: “ Il Parlamento europeo e l'Unione europea sono organi istituzionali capaci di migliorare la democrazia reale in Occidente e le relazioni tra i paesi occidentali e la Repubblica Islamica dell'Iran” .
La Cronberg , da parte sua, ha replicato: “ La delegazione del Parlamento Europeo è in visita in Iran da quando è  iniziata una nuova era basata sulla comprensione  reciproca. Il Parlamento che rappresento auspica la riapertura della propria sede a Teheran per rafforzare la cooperazione bilaterale”.

Precisazione: Le nuove sanzioni Usa nei contro la Repubblica Islamica dell'Iran, oltre a contraddire gli impegni presi a Ginevra,  arrivano in sospetta sintonia con la pressante azione diplomatica dell'Arabia Saudita. Infatti, l’ambasciatore in Gran Bretagna, principe Mohammed bin Nawaf bin Abdulaziz al Saud,  ha fortemente criticato gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali per la loro politica  morbida  nei  riguardi  dell'Iran.  Il membro della famiglia reale saudita, ha inoltre ribadito  che l'approccio dell'Occidente nei confronti del nucleare iraniano mette a rischio la stabilità nel Medio Oriente. Infine l’alto diplomatico saudita ha affermato che il suo Paese è pronto ad agire anche da solo e non starà certo soltanto spettatore.

I Sauditi infatti non nascondono il loro rammarico per l'accordo nucleare, raggiunto il 24 novembre 2013 a Ginevra dalle potenze mondiali con l'Iran.  Gli fa eco un altro alto esponente saudita, il principe Turki al-Faisal, il quale ha aspramente criticato l'amministrazione Obama e chiesto  maggiori pressioni sulla Repubblica Islamica dell’ Iran affinchè venga interrotto il suo programma nucleare e si ponga fine al sostegno dato agli Hezbollah libanesi

E' una coincidenza il fatto che le preoccupazioni di Riyadh  siano le stesse di quelle del regime sionista? Cosa lega la nazione islamico sunnita con la politica estera di Tel Aviv è facile capirlo. Difficile invece sarà per le monarchia saudita spiegare prima al suo popolo, poi all’intero mondo mussulmano di essere alleata con il popolo della stella di Davide. Questo significa essere amica  di quella entità politico-territoriale nemica dei palestinesi, che per i suoi crimini  è giudicata dalla quasi totalità dei mussulmanil maggiore ostacolo alla pace nel Vicino Oriente. Così come non è difficile intuire gli enormi interessi economici che sono in gioco. Interessi  a cui l’avidità dei ristretti gruppi finanziari, che di fatto governano gli Stati Uniti, non possono, né vogliono rinunciare.  Si capisce così sempre meglio la geografia del potere negli USA e quali gruppi di pressione comandano  e dettano l’agenda politica.

Niger September

 

 

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