(ASI) Perugia - I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Perugia hanno creato un’infrastruttura all’avanguardia per il monitoraggio geofisico di dettaglio del territorio dell’Umbria Settentrionale. Sono state installate decine di stazioni sismiche e geodetiche, cui si aggiungono anche 3 stazioni sismiche di profondità collocate al fondo di pozzi profondi 250 metri, capaci di migliorare la risoluzione delle osservazioni e quindi di meglio comprendere il comportamento delle strutture geologiche regionali.
“Sebbene, infatti, con le conoscenze attuali della comunità scientifica internazionale non siamo ancora in grado di prevedere i terremoti, grazie a questa nuova rete ad altissima risoluzione – sottolineano gli studiosi, coordinati da Cristiano Collettini e Lauro Chiaraluce - saremo capaci in un prossimo futuro di meglio valutare il rischio sismico dell’area e, più in generale, di arricchire le conoscenze scientifiche sulla fisica che sta alla base di questo complesso fenomeno naturale”.
La storia sismica dell’Umbria ha origini molto antiche, con i terremoti del 1984 e 1997, detti rispettivamente di Gubbio e Colfiorito, che ne rappresentano gli episodi più recenti. La Regione quindi, è considerata attiva da un punto di vista tettonico. Nonostante la velocità di deformazione tettonica della catena appenninica sia senz’altro inferiore rispetto ad altre aree sismicamente attive - tipo il Giappone o la California -, l’altissima vulnerabilità del mal ridotto territorio umbro, insieme all’alto valore storico e culturale dei suoi antichi paesi, fa sì che anche magnitudo moderate possano generare dei veri e propri disastri, come il terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009 ha dimostrato.
Redazione Agenzia Stampa Italia