(ASI) Il numero di Settembre-Ottobre 2016 del magazine i-Italy NY, attualmente in distribuzione in 60mila copie a New York, dedica sette pagine a Matera e Basilicata. La bella rivista bimestrale, diretta da Letizia Airos, dopo i servizi sull’Abruzzo e sul Gargano, con questo su Matera e la Basilicata continua l’intrigante viaggio lungo il Belpaese per interessare i lettori americani - il magazine è in lingua inglese - alle meraviglie dell’Italia. Ancora mio, come i precedenti due, questo contributo per raccontare il viaggio attraverso la Basilicata, da Melfi fino a Metaponto e infine Matera, corredato da belle immagini. L’articolo, tradotto dalla redazione di i-Italy, qui di seguito si riporta integralmente nel testo in italiano.
(ASI) MATERA - Riprendiamo il viaggio, alla scoperta delle meraviglie del Belpaese, da dove l’avevamo lasciato. Dal Tavoliere della Puglia, meta di antiche transumanze dall’Abruzzo. Da Candela, in particolare, dove terminava uno dei cinque tratturi abruzzesi, quello che da Pescasseroli - paese natale di Benedetto Croce nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo - conduceva le greggi nelle calde pianure pugliesi. E appunto da Candela, dopo un tratto scorrevole che agilmente ci fa entrare in Basilicata, la strada si dirama tra dorati campi di biade e di grano, come dipinti da Van Gogh, e comincia a salire verso Melfi. E’ la prima gemma delle meraviglie che questa piccola regione riserva al viaggiatore. Melfi è quasi un’apparizione sorprendente, con il magnifico Castello normanno, possente nei suoi geometrici bastioni. Il maniero domina sull’antico centro medioevale che scoscende fino alla robusta cinta muraria con numerose torri. Tra i più visitati della regione, costruito dai Normanni, ha conosciuto eventi storici rilevanti, come la promulgazione della Costituzione di Melfi voluta dall’imperatore Federico II di Svevia, lo stupor mundi, con le norme fondamentali del Regno che ancora stupiscono per la loro sapienza giuridica. Poi gli Angioini lo elessero a residenza ufficiale di Maria d’Ungheria, moglie del re Carlo II d‘Angiò.
Con la dominazione aragonese il Castello passò dapprima ai Caracciolo e poi al principe Andrea Doria, la cui discendenza lo ha conservato fino al 1950. Melfi, nei primi due secoli dopo l’anno Mille, fu sede di ben cinque Concili, nel terzo dei quali papa Urbano II indisse la prima Crociata per la Terrasanta. La città merita una visita per i monumenti che offre e per alcune chiese rupestri. Da Melfi si dirama la via che porta a Venosa, antica città dei Sanniti poi conquistata dai Romani che, dopo la Guerra Sociale, nell’89 a.C. la elevarono a Municipium, dunque con diritti civili di voto e cittadinanza romana per i suoi abitanti. Vi nacque e visse per alcuni anni Orazio, uno dei più insigni poeti della latinità, poi trasferitosi a Roma. Interessante il parco archeologico dell’antica Venusia, con le Terme, l’Anfiteatro, e un intero quartiere con preziose vestigia di case romane (domus). Magnifico anche il Castello Pirro del Balzo.
Lasciata Melfi, la strada prosegue senza ansie da curve, tra fresche barriere di alberi. Poi, a destra su un colle, si vede svettare il magnificente Castello di Lagopesole, normanno e quindi svevo, dove soggiornarono l’imperatore Federico II e poi suo figlio Manfredi. Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’unità d’Italia, il castello divenne rifugio di Carmine Crocco, famoso brigante della Basilicata che tanta parte ebbe in quel fenomeno sociale ferocemente represso nel sangue dalle milizie sabaude. Siamo già, dopo un tratto sinuoso di strada, quasi ai contrafforti del colle dominato dall’impianto urbano di Potenza, bella città capitale della Basilicata, ardita nella sua altitudine (819 metri), nel rango altera della sua antica storia e del pregio delle sue architetture monumentali. Il racconto del nostro viaggio non ci consente di rendere onore alla dignità della città, che meriterebbe ben più riguardo. Intanto filiamo sulla tangenziale che a sud costeggia il colle, fino alla superstrada Basentana. L’arteria, così chiamata per seguire il corso del fiume Basento fino al mar Jonio, corre in un’ininterrotta discesa di oltre 100 chilometri fino a Metaponto.
Calanchi decorati di giallo da cespugli di ginestre e una rigogliosa vegetazione fluviale accompagnano la discesa in questa valle, ora stretta - come nei pressi di Pietrapertosa - e ora ampia. Pietrapertosa è un vertiginoso paese erto sul costone destro della valle, arrancato agli affilati picchi rocciosi delle Dolomiti Lucane. Vestigia di antiche fortificazioni documentano la presenza dei colonizzatori magnogreci che qui si stabilirono intorno al quinto secolo avanti Cristo. Le case sono addossate e disposte dall’alto al basso strette alla roccia, seguendo il profilo discendente del terreno. Un naturale paese-fortezza, situato a mille metri d’altitudine, Pietrapertosa appare da lontano come disegnata e piegata nella cartapesta. Presenta un antico castello usato dai Saraceni attorno al quale si sviluppa una parte d’abitato d’impianto medioevale. Belle la Chiesa Madre e la Chiesa di San Francesco. Suggestive le strette scalinate che collegano verticalmente l’abitato. Nei pressi di Pietrapertosa, un po’ all’interno, un altro gioiellino: Accettura. Paesino anch’esso d’origine magnogreca, è famoso per la sagra del Maggio, festa popolare che si celebra in concomitanza con la festa del Patrono san Giuliano e richiama arcaici riti che affondano radici nei secoli. Si tratta infatti d’un antico rito propiziatorio, le nozze del Maggio, albero di alto fusto che si unisce innestato con la Cima di agrifoglio. Al rito partecipa tutto il popolo, nella scelta dell’albero e durante il faticoso trasporto dal bosco alla piazza del paese, tirato da 50 coppie di buoi. L’albero viene abbattuto il giorno dell’Ascensione, mentre nel giorno di Pentecoste viene operato l’innesto della Cima di agrifoglio, trasportata a spalla dalla lontana selva dove è stata tagliata. Il martedì, nella festività del Patrono, con una complessa operazione con tiraggio di funi, data la sua notevole altezza, il Maggio viene issato nella piazza di Accettura con una grande festa di popolo. Constantin Udroiu, grande pittore d’origine rumena che di Accettura è stato cittadino onorario, ha consacrato la scena del Maggio in un monumentale affresco sulla parete del municipio, oltre ad aver dipinto tele ed inciso numerose acqueforti e xilografie che rappresentano quell’antica tradizione, ne ha portato con le sue mostre la suggestione e i colori in tutta Europa.
Continuiamo la discesa verso il mare, accompagnati da una teoria di piccole città e ridenti villaggi appollaiati sulle sommità dei due costoni della valle del Basento. Tricarico, Grassano, Grottole, Ferrandina. Quindi Pisticci, sulla costa destra. Cittadina di poco superiore ai 18mila abitanti, in lotta perenne con l’instabilità delle argille su cui è edificata che nel 1688 provocò per una frana lo spaccamento del paese facendo centinaia di vittime, presenta un assetto urbano costituito da cubi bianchi in file regolari, le particolari abitazioni di Pisticci chiamate “lamnie”, splendido esempio di architettura contadina. Il centro urbano offre ai visitatori i resti del Castello medioevale e dell’antica cilindrica Torre Bruni, dalla cui sommità s’ammira la vista del mare, nell’ampio golfo di Taranto, e a monte il profilo del Pollino. Interessanti la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, edificata nel XVI secolo sui resti d’un tempio duecentesco di cui resta il bel campanile con bifore, e le chiese dell’Immacolata e di Sant’Antonio. Ad una ventina di chilometri da Pisticci il suggestivo villaggio di Craco, abbandonato nel 1960 e ora ricercato da registi e documentaristi per essere un fascinoso paese fantasma.
Si scende ancora, sulla Basentana, ed ecco Bernalda, alta a sinistra con il suo bel Castello Aragonese, forse d’origine normanna. E’ una meravigliosa cittadina di quasi 13mila abitanti, Bernalda, con un’ordinata rete urbana di strade lastricate e gradevoli architetture nella sequenza dei prospetti delle abitazioni. Un lungo corso di due chilometri e mezzo, con ampi marciapiedi adornati di piante e fiori, attraversa longitudinalmente la città, con due chiese alfa e omega del percorso, la Chiesa di San Donato e la Chiesa Madre dedicata a San Bernardino da Siena. Per via del Santo dell’Osservanza francescana, che è Patrono delle due città, Bernalda è gemellata con L’Aquila, dove San Bernardino predicò e dove scelse di morire, il 20 maggio 1444. Bernalda è inoltre gemellata con Siena e Massa Marittima, quest’ultima dove il Santo nacque. In agosto la festa di San Bernardino è uno straordinario richiamo, oltre che per i cittadini di Bernalda che tornano dall’estero, per i numerosi turisti che si godono l’amenità del lido di Metaponto. Incastonato tra le foci del Bradano e del Basento, il lido ha un mare perlaceo e una fastosa fascia di verde, con essenze mediterranee. Bernalda è inoltre la città dei nonni di Francis Ford Coppola, amata dal regista e da sua figlia Sofia, che vi hanno realizzato un Resort ed altre strutture alberghiere.
Accogliente e qualificata è la ricettività nei numerosi Villaggi turistici e Camping del lido di Metaponto, dove anche chi scrive ha spesso soggiornato nelle amene ombreggiature del Mondial, tranquilla ed efficiente struttura proprio sul mare. Le ricche vestigia archeologiche di Metapontum, che fu uno dei più importanti insediamenti della Magna Grecia - edificato nel VI secolo a.C. dagli Achei del Peloponneso settentrionale - dove Pitagora portò la sua scuola filosofica, sono poi una forte attrattiva per il turismo culturale. Vi si può apprezzare la bellezza delle Tavole Palatine, e nel Parco archeologico il Teatro, i Templi di Hera e Apollo Licio, i santuari dedicati ad Artemide e Atena, la necropoli Crucinia. Nel Museo Archeologico Nazionale di Metaponto si possono ammirare numerose e ricche testimonianze, dall’età del Bronzo al periodo tardo antico, proveniente dagli scavi operati nella città e nel territorio circostante.
Lasciamo la feconda piana metapontina, definita la California d’Italia, per dirigerci a Matera, ultima tappa del nostro viaggio. La strada segue a ritroso il corso del Bradano, incontrando arrancato su un colle la vista di Montescaglioso, dove forte fu la presenza e l’impronta dei monaci benedettini che ne fecero una città-monastero. Già qualche chilometro più avanti s’incrociano gravine, profonde erosioni nella roccia dalle acque colà passate dalla notte dei tempi. Emblematica la Gravina di Matera che ha conformato il contesto geologico dei Sassi, straordinaria singolarità di questa bella città il cui centro storico è proprio costituito da abitazioni scavate nella roccia che affondano radici nella preistoria. I Sassi, il Caveoso e il Barisano, dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’Umanità, sono addossati sui due fianchi della gravina, divisa da uno spinale su cui è edificata la Cattedrale. Di giorno, ma sopra tutto di notte con la loro appropriata illuminazione, i Sassi tolgono il respiro per la forte suggestione che provocano. Una straordinaria visione da imponente presepe che dal Sasso Caveoso s’estende a mo’ d’ampio anfiteatro al Sasso Barisano e si completa con il magnifico Convento di Sant’Agostino, affacciato a perpendicolo sulla profonda scavatura dove scorre il torrente Gravina. In altra posizione dominante, sulla collina Lapillo, si trova il Castello aragonese, un maschio centrale con due torri cilindriche merlate laterali circondato da un bel parco, fatto costruire dal conte Giovan Carlo Tramontano nel 1497, quando ottenne l’investitura sulla città di Matera dal Re di Napoli, Federico d’Aragona.
Le grotte d’abitazione dei Sassi scoscendono in un intricato sovrapporsi, con percorsi a scalini scavati nella rupe per ascendere alla sommità della gravina, sulla quale in piano si è sviluppata la città moderna. Abitati fino agli anni Cinquanta, resi famosi dal romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli” che Carlo Levi scrisse quando era al confino e ancor più da Mel Gibson per avervi girato nel 2003 alcune scene del film “La Passione di Cristo”, i Sassi furono “liberati” dai loro abitatori e questi trasferiti in anonimi palazzi di periferia. Ci sono voluti decenni per avviare il risanamento di questo straordinario complesso di abitazioni “primitive”, eppure così sorprendenti per razionalità ed efficienza degli spazi. Si ritiene si debba ai monaci di San Basilio, venuti dall’Oriente, la nascita dei cenobi e delle chiese rupestri che trapuntano i Sassi di Matera. Con i loro affreschi le chiese rupestri narrano l’influenza bizantina della loro valenza artistica. Il monumento più importante di Matera è il Duomo, costruito nel XIII secolo in forme romaniche pugliesi. La facciata della Cattedrale è decorata da un bel portale, con un ricco rosone ed altre preziosità architettoniche. L’interno è a tre navate a croce latina, con significative opere d’arte.
Altre chiese di notevole interesse - San Giovanni Battista, Santi Pietro e Paolo, San Francesco, Santa Chiara, San Pietro Caveoso, Santa Maria de Idris - costellano il Sasso Caveoso. Nel Sasso Barisano sono le chiese di Sant’Agostino, Santa Barbara, Santa Maria della Valle e San Pietro Barisano quelle di maggior pregio, mentre proprio sulla Gravina sorge la chiesetta di Santa Maria della Colomba, con facciata romanica e rosone. Finalmente i lavori di risanamento igienico e restauro vanno ripopolando i Sassi di abitanti e di attività commerciali. Si sta peraltro sviluppando, in seno ai Sassi, il progetto di albergo diffuso “Le Grotte della Civita” per iniziativa dell’architetto italo-svedese Daniele Kihlgren, presidente del Gruppo Sextantio, progetto già peraltro realizzato con successo in Abruzzo a Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), ora esportato a Matera e in magnifiche Masserie pugliesi.
Giova infine ricordare il grande lavoro di valorizzazione che in questi anni hanno riguardato i Sassi, con un forte impegno nel migliorare strutture, qualità urbana e servizi della città, oltreché nell’intensificare la produzione culturale. Un lavoro di grande respiro che ha consentito di candidare Matera a Capitale europea della Cultura 2019 e di portarla a vincere la sfida con 20 altre affermate città d’arte e cultura italiane - tra cui L’Aquila, Lecce, Mantova, Palermo, Perugia, Siena, Pisa, Ravenna e Venezia - proprio facendo forza, appunto, sulle singolarità della città e del suo patrimonio artistico. Già l’essere stata scelta Capitale europea della Cultura 2019 sta determinando per Matera un forte balzo del turismo, a riscontro che l’investimento culturale è la più concreta opportunità per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno d’Italia, con quell’immensa dote di bellezze naturali e di tesori d’arte che può offrire ai visitatori.
Goffredo Palmerini