(ASI) Ginevra - Per la prima volta dall’inasprimento delle tensioni commerciali seguito al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, Stati Uniti e Cina si siedono a un tavolo negoziale per tentare una de-escalation nella lunga guerra dei dazi. La cornice scelta è quella della diplomatica e neutrale Svizzera, con Ginevra a fare da teatro ai colloqui più attesi della diplomazia economica internazionale degli ultimi anni.
La delegazione statunitense è guidata da Scott Bessent, segretario al Tesoro, affiancato da Jamieson Greer, rappresentante per il Commercio e figura chiave degli accordi post-Brexit. A rappresentare Pechino, il vicepremier He Lifeng, tra gli economisti più influenti della leadership cinese. A supervisionare i lavori il vicepresidente svizzero Guy Parmelin, in qualità di mediatore. La massima riservatezza è stata richiesta sul luogo preciso degli incontri.
Il contesto è teso. Con il ritorno di Trump alla guida della Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno applicato tariffe fino al 145% su numerose categorie di beni cinesi, con alcuni picchi cumulativi che arrivano al 245%. Una risposta muscolare, in linea con la dottrina “America First”, già sperimentata durante il primo mandato dell’ex presidente. La Cina, dal canto suo, ha reagito imponendo dazi del 125% su una vasta gamma di merci americane, colpendo settori chiave come tecnologia, semiconduttori, prodotti agricoli e automotive.
Secondo fonti CNBC, le conseguenze non si sono fatte attendere: le esportazioni cinesi verso gli USA sono crollate del 21% su base annua solo ad aprile, mentre le importazioni statunitensi dalla Cina sono diminuite del 14%, segnalando un contraccolpo già tangibile su entrambe le economie.
A poche ore dall’inizio dei colloqui, Trump ha lanciato un segnale ambiguo: “Una tariffa dell’80% sulla Cina sembra giusta!”, ha scritto su Truth Social, facendo riferimento a una possibile riduzione unilaterale delle tariffe. Ma la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha poi smorzato i toni, definendo l’80% un “numero buttato lì” e chiarendo che nessuna riduzione sarà attuata senza concessioni da parte di Pechino.
La posizione ufficiale americana resta dunque improntata su un doppio binario: da un lato il mantenimento di un dazio base del 10% su tutte le importazioni globali, dall’altro una logica di “dazi reciproci” su oltre 60 Paesi, con la Cina al centro di una strategia sanzionatoria multilivello. Attualmente, il combinato disposto delle misure tariffarie equivale a una pressione fiscale senza precedenti nel commercio tra le due superpotenze.
Il segretario Bessent, mantenendo un profilo basso, ha precisato che i colloqui di Ginevra mirano alla sola de-escalation, non alla firma di un grande accordo commerciale. “Vedremo cosa accadrà”, ha dichiarato in modo interlocutorio, anche per non alzare eccessivamente le aspettative. Dietro le quinte, tuttavia, Washington valuta scenari di riduzione delle tariffe anche sotto il 60%, con obiettivi ancora più ambiziosi riportati dal Washington Post (range possibile 54-50%).
Pechino, dal canto suo, insiste affinché siano gli Stati Uniti a compiere il primo passo, rimuovendo almeno parzialmente le misure tariffarie introdotte unilateralmente. Il governo cinese ha ribadito che ogni concessione dovrà essere bilaterale, e ha già anticipato che non accetterà riduzioni simboliche a fronte di richieste strutturali sul piano dell’accesso al mercato, della protezione della proprietà intellettuale e della regolazione degli investimenti esteri.
I negoziati arrivano in un momento in cui il sistema commerciale multilaterale è sottoposto a forti pressioni, con l’OMC sempre più marginalizzata e un ricorso crescente a strumenti unilaterali, come sussidi industriali, restrizioni normative e barriere non tariffarie.
Anche per questo, la riapertura del dialogo tra Washington e Pechino è di per sé una vittoria diplomatica, come sottolineato dal mediatore svizzero Guy Parmelin. Non a caso, una delle ipotesi sul tavolo è la sospensione temporanea delle tariffe durante la fase negoziale, per favorire un clima di fiducia reciproca e rilanciare le relazioni economiche bilaterali.
Tommaso Maiorca – Agenzia Stampa Italia