(ASI) “I neo-liberisti vanno fermati”. Con queste parole, il filosofo Diego Fusaro sta passando in rassegna da tempo le trasmissioni televisive come “La Gabbia”, “Piazzapulita”, “otto e mezzo”, e quante altre presentino una sorta di dialogo tra ascoltatore, mondo della politica e della società. Non solo, la sua (se così si può definire) scuola di pensiero viene espressa anche nei festival, in incontri e dibattiti pubblici, in maniera trasversale, senza parlare di schieramenti dicotomici come destra o sinistra. Ebbene, se qualcuno lo ascoltasse, non saremmo arrivati ai risultati odierni. Il lavoro, anziché diritto e compimento della persona umana, si sta trasformando in schiavitù.
L’ultimo esempio, è recentissimo: Il Gruppo Carraro (con sede principale a Campodarsego, provincia di Padova), leader nella produzione di trattori, annuncia di essere in crisi, e quindi poco competitiva nel mercato globale. Soluzione? Un referendum per dare il via o meno al lavoro continuativo sette giorni su sette, senza soste. Prima che il potenziale accordo sul ciclo continuo (in pratica lavoro anche al sabato ed alla domenica) negli stabilimenti di Campodarsego (500 tute blu), Maniago, Gorizia e Poggio Fiorito, in Abruzzo, diventasse esecutivo, il coordinamento nazionale di Fiom, Fim ed Uilm, riunitosi a Bronzola, aveva deciso di ascoltare i lavoratori con voto segreto. Tuttavia, anche in questo caso, il copione già seguito dalla Fiat è andato alla grande. I lavoratori (per paura di perdere il loro posto di lavoro, in tempi ove quest’ultimo sembra un miraggio) hanno votato in massa per il sì, e la Carraro andrà avanti con un “nuovo ciclo”.
Forse, non ci rendiamo conto della portata di simili azioni. In poche parole, i lavoratori non godranno più di alcun giorno di riposo, le ferie diverranno “impossibili”, e tutti i conseguenti diritti sociali acquisiti in un settantennio di lotte, andranno perduti.
Il Gruppo Carraro può essere preso come emblema, ma la situazione italiana ha molti casi analoghi. Pensiamo ai datori di lavoro che impongono al loro personale di non usufruire dei giorni di ferie, sottraendo loro un diritto. La minaccia, se questi si rivolgessero, per esempio, ad un sindacato, è la mancata riassunzione (in presenza di un contratto a tempo determinato o stagionale), oppure un pressante mobbing mirante alla destabilizzazione del povero lavoratore. Così come il periodo di malattia, “ridotto al massimo ad un giorno”, pur di presentarsi a lavoro magari in condizioni pietose. O proprio il giorno di riposo, conquista sociale elevatissima, ora, con un colpo di spugna, cancellata. Bisogna lavorare, sempre e comunque, senza pause. Altrimenti, i neo – liberisti insegnano: l’azienda chiude e non ci sarà più lavoro. La crisi docet.
E’ chiaro che la crisi esista. Se dovessimo ragione in profondità, tuttavia, capiremmo che questa situazione è stata creata ad arte per soggiogare i popoli, per renderli schiavi di un qualcosa di astratto, invisibile, ma capace di divorarci in pochi minuti, come “l’alta finanza”. Il precariato diviene non soltanto una condizione materiale, ma esistenziale. Le certezze si annullano e la società, si disgrega.
Non penso sia il lavoro continuo negli stabilimenti Carraro a guidarla verso un futuro migliore, nemmeno rimanendo aperti 24 ore su 24. Non penso nemmeno che i lavoratori si sentiranno più motivati, privati dei loro diritti sociali. D’altronde, non partecipano all’utile aziendale. Non hanno voce in capitolo. E da oggi, ne avranno sempre meno.
Repetita juvant: la Carraro è un simbolo. Il suo sistema viene applicato su scala minore in realtà come aziende, alberghi, fabbriche, negozi, supermercati e moltissime altre categorie. Il rischio è che divenga fatto comune e accettato. Anche per questo i neo – liberisti vanno fermati. Lasciamo la schiavitù al passato.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia