(ASI) Genova Due sub olandesi morti e il loro compagno tedesco ricoverato in gravi condizioni all'ospedale. Questo il bilancio di quello che doveva essere un week – end tra appassionati subacquei all'insegna dell'esplorazione degli splendidi fondali liguri. Ma non è bastato l'entusiasmo e l'esperienza di Roland Veervot, 46 anni, e del suo amico Paul Hendriks, 53 anni, per evitare la tragedia.
I due avevano deciso di visitare il relitto della superpetroliera Haven, affondata al largo di Arenzano (GE), il 14 aprile 1991. I due sub olandesi e il loro compagno, un tedesco di 51 anni, non erano peraltro nuovi all'esplorazione dei fondali liguri, e del relitto della Haven in particolare. Già in passato si erano cimentati nell'esplorazione della grande nave che ogni anno attira ad Arenzano migliaia di appassionati subacquei, di fatto il relitto visitabile più grande al mondo. Ma qualcosa è andato storto. Subito dopo l'inizio della discesa i tre sub hanno accusato un malore. Il gruppo diving di cui facevano parte ha immediatamente allertato i soccorsi, ma per uno dei due sub olandesi la morte è sopraggiunta appena arrivato a riva. L'altro olandese si è spento durante il trasporto in elicottero, mentre il cinquantunenne tedesco è stato ricoverato in gravi condizioni all'ospedale San Martino di Genova, ma non sarebbe in pericolo di vita.
Secondo le testimonianze raccolte dagli investigatori, i tre sub sarebbero arrivati ad Arenzano e avrebbero noleggiato solo la barca con cui raggiungere il punto immersione. Ciò sarebbe, secondo il pm che conduce le indagini, indice del fatto che i subacquei si erano portati l'attrezzatura da casa. Ed è proprio sulle attrezzature che si concentrano le indagini. Secondo gli inquirenti, se è pur vero che i tre erano dei conosciuti subacquei professionisti, è altrettanto vero che il trasporto delle attrezzature da immersione su lunghe distanze è da ritenersi un azzardo estremamente pericoloso in quanto aumentano enormemente i rischi di danneggiamento delle stesse. In ogni caso sarà decisivo l'esito delle autopsie sui due sub olandesi per chiarire la causa del decesso. Il relitto della Haven, non è però nuovo a episodi di tragica fatalità. Già lo scorso 5 aprile, vi aveva trovato la morte il subacqueo svizzero Julien Giller, 34 anni. Giller aveva accusato un malore mentre si trovava alla profondità di 50 metri e anche in quel caso era spirato subito dopo essere stato trasportato a riva. Ma anche in questo caso non si trattava certo della prima vittima della Haven. Negli anni il sito ha visto la morte di molti appassionati subacquei e il che ha fatto acquisire alla Haven la triste nomea di nave "maledetta".
Se di maledizione si può parlare, allora in verità la "maledizione" della Haven fa parte della storia delle "Cadiz", la sfortunata serie di navi di cui essa faceva parte. Queste navi infatti furono coinvolte in numerosi incidenti e disastri ambientali di vario genere fin dai primi anni di servizio, guadagnandosi una sinistra nomea nella storia navale mercantile. Costruite tra il 1973 e il 1975 nei cantieri navali spagnoli Astilleros de Cadiz (Cadice), le 10 unità della classe Cadiz erano delle VLCC (very large crude carrier), ossia delle superpetroliere, commissionate dalla compagnia petrolifera americana Amoco, con la partecipazione della italiana D'Amico Società di Navigazione e di altre compagnie. Lunghe 330 metri, alte 26 metri e larghe 51 metri, per un peso complessivo di circa 230.000 tonnellate, erano all'epoca tra le più grandi navi mercantili mai realizzate fino ad allora. Erano dotate di radar, scafo rinforzato con paratie stagne, prua a "clipper", ossia fortemente appuntita per meglio affrontare il mare mosso, gavone di prua con zavorramento indipendente, e di un impianto di sicurezza per il circolo e l'espulsione dei gas generati nelle stive dal carico dal petrolio. Per lo stoccaggio del carico disponevano dalle 13 alle 19 stive comunicanti tra loro, ma all'occorrenza sigillabili indipendentemente, che potevano trasportare fino a 283.626 metri cubi di petrolio. Spinte da un motore diesel marino 8 cilindri, due tempi, da 32.560 cv di potenza, potevano raggiungere la velocità massima di 15 nodi (28km/h) a pieno carico con qualsiasi condizione di mare.
La Amoco Milford Haven, fu la prima unità della classe ad essere completata nel 1973 e da allora fino al 1987 prestò servizio sotto la proprietà della compagnia statunitense Amoco. Nel 1988 fu attaccata da una nave da guerra iraniana nel Golfo Persico e colpita da un missile antinave "Exocet" che causò gravi danni allo scafo. Durante le riparazioni a Singapore, fu giudicata dalla Amoco troppo onerosa da mantenere in servizio e fu venduta alla compagnia cipriota Trodos Shipping la quale proseguì le riparazioni che si conclusero nel 1990. Con il nome abbreviato semplicemente in Haven, la grande nave partì per il suo ultimo viaggio; una consegna di petrolio iraniano al Porto Petroli di Multedo, vicino Genova.
Gli eventi che portarono all'affondamento della Haven iniziarono l'11 aprile del 1991 , il giorno dopo il disastro del traghetto Moby Prince, in cui persero la vita 140 passeggeri in seguito alla collisione con la superpetroliera Agip Abruzzo. Quel giorno la Haven aveva completato lo scaricamento di 80.000 tonnellate di petrolio greggio, ed erano in corso le operazione per ripartire il carico tra le cisterne interne per motivi di sicurezza e onde migliorare le caratteristiche di navigazione. Alle 12:30, nel tratto di mare di fronte a Voltri, a 7 miglia da Genova, avvenne la prima esplosione che uccise 5 marinai. Iniziò un incendio che, complice il posizionamento della nave rispetto alla direzione del vento, interessò presto tutta la nave e nei successivi tre giorni produsse numerose esplosioni che ne indebolirono le strutture. Le operazioni di rimorchio iniziarono solamente il giorno 13 ma andarono a rilento anche perché l'indebolimento delle strutture fece spezzare la nave in due tronconi e inabissare la sezione di 95 metri della prua. La vicenda della Haven si concluse con l'affondamento alle 09:30 del 14 aprile 1991, quando un ultima esplosione aprì un enorme falla nel fianco della nave che si inabissò di fronte ad Arenzano posandosi a 80 metri sul fondo. Nel frattempo però, nonostante le misure prese dalla capitaneria di porto, la nave aveva riversato oltre 144.000 tonnellate di petrolio in mare, causando il più grave disastro di questo tipo nella storia italiana.
Vicende simili a quella della Haven interessarono molte delle unità sorelle. Nel 1978, la Amoco Cadiz, al comando del capitano Pasquale Bardari, naufragò davanti alle coste della Bretagna, in seguito a una tempesta di eccezionale intensità che danneggiò il timone rendendola ingovernabile e portandola a colpire gli scogli davanti al borgo di Portsall. Si trattò di uno dei più grandi disastri ambientali di questo tipo. Si stabilii in seguito che sarebbe stato facilmente evitabile se i dirigenti della Amoco avessero concesso con maggior rapidità al capitano Bardari, il permesso di accettare l'aiuto dei rimorchiatori che nelle ore precedenti avevano offerto assistenza. Ancor più disastrosa la sorte della Mycene e della Maria Alejandra esplose entrambe in navigazione durante il viaggio di ritorno con le stive vuote. In entrambi i casi si trattò presumibilmente di avarie ai sistemi di eliminazione dei gas delle stive che portarono ad accumuli e conseguenti esplosioni. La Mycene affondò il 3 aprile 1980 al largo della Sierra Leone causando un morto, mentre la Maria Alejandra affondò un mese prima, l'11 marzo, portando con se 36 dei 43 membri dell'equipaggio. Il 14 maggio del 1988, la Barcelona, ormeggiata presso un terminal galleggiante con almeno altre tre petroliere, fu attaccata da jet militari iracheni Mirage F-1 che la colpirono con 5 bombe antinave causando la morte di 4 membri dell'equipaggio. La nave si incendiò immediatamente e le operazioni per rimorchiarla su una secca, lontano dalle altre petroliere presenti, costarono la vita all'equipaggio di uno dei quattro rimorchiatori intervenuti sul posto e la morte di altri 6 marinai, oltre a gravi danni a tutte e quattro le imbarcazioni di soccorso. La nave fu comunque recuperata e smantellata nel 1990.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia