(ASI) - Abruzzo - In questi giorni si sono svolte delle fiaccolate commemorative in tutte le maggiori città abruzzesi per commemorare le vittime del sisma aquilano di cinque anni fa. Alle 3.32 della notte tra il 4 e il 5 aprile 2009, è come se la vita si è fermata a L'Aquila, da allora, la città vive nel ricordo delle 309 vittime del terremoto.
Perché proprio il ricordo di quelle innocenti vittime, persone come tutti noi, che hanno improvvisamente, inconsapevolmente, e incolpevolmente visto spezzate le loro vite da una immane tragedia davanti a cui l'uomo è ancora attonito e impotente, ha unito la gente della terra d'Abruzzo in una serie di toccanti cerimonie di commemorazione che hanno superato per una volta le divisioni campanilistiche, le rivalità politiche fra i partiti, le correnti e le città per il predominio regionale e fatto passare in secondo piano il grande business selvaggio e senza scrupoli che c'è dietro la ricostruzione della città di L'Aquila. Solo la memoria di queste persone che ci fanno ricordare la caducità e la fragilità della materialità dell'umanità hanno per un attimo fatto passare in secondo piano finanche la rabbia per coloro che in nome di un criminale cinismo, scaturito dall'interesse economico senza scrupoli, hanno messo la sabbia nel cemento armato e hanno gioito per le enormi possibilità di guadagno che si sono create da quell'immenso cantiere a cielo aperto che è L'Aquila post terremoto, su cui le Procure hanno aperto delle inchieste che stanno sporcando ancora una volta l'immagine di una regione come l'Abruzzo, nell'immaginario collettivo dipinta come la terra dei monti e dei pastori "forti e gentili", ma che da tanto tempo non lo è più, nelle mani degli speculatori e della criminalità.Non deve essere considerato blasfemo parlare di L'Aquila come di un immenso cantiere proprio nei giorni in cui si ricordano, con straziante dolore, le 309 vittime del terremoto. A cinque anni da quell'incubo infinito, la città deve ancora trovare la strada della rinascita che non solo la riporti agli antichi splendori, ma la renda più sicura e sostenibile, questo anche per evitare che L'Aquila si trasformi lentamente, ma inesorabilmente, in una "ghost city", per permettere alle giovani generazioni di continuare a vivere in maniera decorosa anche nell'entroterra abruzzese.
Comunque, sono stati cinque anni non facili, dal 6 aprile 2009 ad oggi: l'Italia ha vissuto una crisi economica epocale e non ha brillato per generosità. Di sbagli ne sono stati compiuti tanti dalla classe dirigente sia politica che imprenditoriale di questa regione, perciò, forse ora, a memoria di quelle vittime, è giunta l'ora di voltare pagina: i cantieri sono partiti, nuove gru spuntano ogni giorno e 300 giovani di talento sono al lavoro dopo un concorso finalmente trasparente e rigoroso. Non solo tutto l'Abruzzo, ma tutta l'Italia deve cominciare a vivere L'Aquila non più come l'immagine della propria coscienza sporca, ma finalmente come una grande occasione per mostrare al mondo come si può ricostruire una città, usando le tecnologie antisismiche più moderne. Un volano per mostrare al mondo le nostre capacità, perché L'Aquila è il simbolo dell'Italia in crisi e se tornerà a volare, vorrà dire che decollerà tutto il Bel Paese.
Cristiano Vignali-Agenzia Stampa Italia