(ASI) Perugia. Poco Jazz, medio pubblico, molti giovani e molto bravi i musicisti. Si tratta dei The Roots quelli che si sono esibiti ieri sera 19 Luglio all’Arena Santa Giuliana di Perugia in occasione della penultima serata di UJ 2014.
Dopo l’inopportuno sermone ideologico della notte precedente si torna alla musica di genere, non propriamente Jazz dicevamo ma molto incisiva e di alto profilo. Siamo nell’Hip hop Soul con accenni al Funk. Un concerto ricco di un pubblico giovanissimo, coinvolto ed entusiasta. Ritmi serrati, sound rotondo, perfetta miscelazione e fusione di brani anche notissimi (Guns and Roses, ecc.) per un grande numero di ragazzi e di belle donne invasate che ballavano a ridosso del palco creando una distonia con gli ospiti della cena di gala accanto. Un concerto bellissimo, anche per i non appassionati di genere, che evidenziava musica tecnicamente di alto profilo, professionalità, maturità e grande capacità di coinvolgere con essenza ritmica, tecnica, stilistica, timbrica e quindi non con “effetti speciali”. In centro, Piazza Matteotti, tuttavia i nostri trovano degni concorrenti con un concerto di musica brasiliana che fa ritrovare il vero spirito di Umbria Jazz e la sua anima da strada e saccopelistica delle origini. Per l’Arena scopriamo una Tuba ironica e molto particolare, dai timbri non convenzionali e intriganti. Il pubblico capisce la grande qualità della formazione che è in grado di avvolgere tutti e che stimola a ballare e a muoversi anche senza volerlo. Un Hip hop di maestria e raffinatezza in cui spicca una ottima voce del chitarrista che è un ottimo chitarrista e una grande grinta e professionalità del rapper, vocal principale, muovendosi tra echi ed effetti quasi onomatopeici e tra qualche distorsione che richiama il rock. Come c’era da attendersi eccellente la sezione ritmica. Una riflessione è certa, senza nulla togliere, poco è il Jazz classico che si è ascoltato all’Arena, pur comprendendo che Jazz è anche contaminazione, sperimentazione, fusione, apertura ad altri generi relativamente recenti. Per gli amanti veri del genere infatti lo spazio disponibile si conferma senza dubbio quello del Teatro Morlacchi che tra le ore 17:00 di tutta la manifestazione e soprattutto nei Round Midnight diventa il palcoscenico di riferimento. Infatti nel corso di questa edizione, proprio nel concerti di mezzanotte del Morlacchi, si sono potuti ascoltare molti dei jazzisti migliori a livello internazionale del momento, per un “ciclo” di esibizioni che ha voluto soddisfare i veri cultori di genere e che ha valorizzato gli italiani. È questo il caso del concerto di ieri sera, uno dei migliori della stagione e di grandissimo livello, con il Quintetto di Roy Hargrove. Si è trattato di un Jazz molto attuale, ma di impostazione classica, non sperimentale ne rivoluzionario del genere. Di grande livello sotto tutti i punti di vista, come confermano gli effettivi applausi scroscianti. Musicisti tutti talentuosissimi. È difficile ora descriverne la loro perizia singolarmente e più semplice è affermare il fatto che questo gruppo è assolutamente maturo musicalmente e a mio avviso già di riferimento. Si è sicuramente distinto il sax: veloce, preciso, chiaro, quasi sempre impeccabile. La tromba, band leader, è stata eccezionale e ha commosso raggiungendo vetta altissima, direi storicia nel brano in sordina; grande padronanza e una ottima voce che si scopre quando Roy Hargrove canta. Una voce molto particolare, giudicata di alto profilo anche dal migliore vocalista italiano che era presente in sala. La batteria ha lavorato dando imput spettacolari e fornendo uno swing da manuale, con grandissima semplicità, in modo essenziale, scarno, con risultati efficienti, utilizzando uno strumento ridotto all’essenziale (grancassa, rullante tamburo, timpano, due piatti, charleston e piatto aperto) confermando che per dare vita a Jazz storici serve pochissimo, eccezion fatta della bravura dei musicisti. Il pianista che si pensava solo discreto all’inizio del concerto, invece sfodera tutt’altra professionalità verso la fine della esecuzione suonando in modo “semplice”, delicato, agile e compiendo un lavoro di accompagnamento impeccabile. Le modalità sono spesso in minore e ciò favorisce la riflessività e sposta il piano su un lavoro musicale più difficile, più denso, ma che ottiene un risultato alto, radito e compreso. Il progetto è organico, solido, appassionante, soddisfacente dal punto di vista tecnico, timbrico e improvvisativi. Splendidi gli scambi e i duetti o i terzetti degli strumentisti. Suoni che restano nella mente. Ecco dunque che si conferma il Morlacchi ad essere il vero tempio del Jazz perugino.
Giuseppe Marino Nardelli – Agenzia Stampa Italia
Appendice per gli appassionati:
THE ROOTS: data la bravura delle formazioni ascoltate abbiamo estratto dal sito ufficiale, www.umbriajazz.com, alcune note e tutti i nomi dei componenti: I Roots si formano a Philadelphia nel 1987 dall’incontro del rapper Black Thought (Tariq Trotter) e del batterista uestlove (Ahmir Khalib Thompson ), che si conoscono alla High School for Creative Performing Arts cittadina. Il gruppo si afferma nel circuito studentesco suonando live per batteria e rap, assemblando progressivamente nel gruppo il bassista Hub (Leon Hubbard) e un altro rapper, Malik B. Alle prime esecuzioni fatte per strada seguono i concerti nei primi locali, culminati nel 1993 in un concerto in Germania in occasione del quale il gruppo incide l’album ORGANIX, pubblicato dalla Remedy Records. Ma la prima uscita discografica per una major avviene nel 1995, con DO YOU WANT MORE?!!??!, album che entra nella top 100 statunitense ma soprattutto provoca al gruppo un nutrito seguito in Europa. Nel 1996 esce ILLADELPH HALFLIFE, che si classifica al ventunesimo posto delle classifiche e consacra il gruppo come uno dei più interessanti della scena hip hop. Interesse confermato anche dal successivo THINGS FALL APART, uscito all’inizio del 1999 – che diventa il loro maggiore exploit commerciale - e seguito, alla fine dello stesso anno, dal live THE ROOTS COME ALIVE. Nel 2002 esce l’atteso PHERENOLOGY, a cui segue la separazione dalla casa discografica MCA a favore della creazione di una propria etichetta, la Okayplayer. Dopo la registrazione di una serie di jam sessions, il gruppo esce nel 2004 con THE TIPPING POINT. L’anno successivo escono due volumi da collezioni intitolati HOME GROWN!THE BEGINNER’S GUIDE TO UNDERSTANDING THE ROOTS, mentre il nuovo LP GAME THEORY – il primo disco per la nuova etichetta Jem –viene pubblicato nel 2006. Dopo RISING DOWN del 2008, nel 2010 esce il disco più recente, HOW I GOT OVER. Un periodo di grande fermento artistico per il gruppo che diventa anche resident band del talk show americano “The Jimmy Fallon show” in onda sul canale tv NBC e collabora con John Legend nell’album di cover intitolato, WAKE UP!. Tra i mille impegni che hanno avuto di recente, tra cui l’usuale Tonight Show, un tour, e un album in collaborazione con Elvis Costello hanno pronto un nuovo album. I musicisti: ?uestlove drums, Black Thought vocal/guitar, Cap'n Kirk electric guitar, Mark Kelley bass guitar, Frank Knuckles percussion, Tuba Gooding, Jr.sousaphone, Ray Angry keys, James Poyser keys.
ROY HARGROVE QUINTET. I musicisti: Roy Hargrove tromba e voce, Justin Robinson sax, Sullivan Fortner piano, Ameen Saleen basso, Quincy Phillips batteria. Hargrove, classe 1969, non può più essere definito come uno dei ''giovani leoni'' apparsi sulla scena del jazz a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta. Per la sua carriera, già lunga e ricca di risultati, dovrebbe semmai essere considerato una specie di ''giovane veterano'', che ha già fatto quello che tanti musicisti di jazz non hanno ancora fatto a sessant' anni. I dischi che registrò per la BMG e poi per la Verve e le incisioni più impegnative - come ''Crisol'', il progetto cubano per big band che portò dal vivo a Orvieto e a Perugia, e quello con gli archi - testimoniano di una maturità ormai raggiunta e soprattutto di un ruolo ben preciso nella scena della musica Nera.
Foto: http://www.umbriajazz.com/artisti/roy-hargrove